Non solo Incarnate: i 5 migliori film horror prodotti da Jason Blum

In occasione dell'uscita al cinema di Incarnate - Non potrai nasconderti, ripercorriamo i tratti salienti della filmografia del fortunato produttore.

Non solo Incarnate: i 5 migliori film horror prodotti da Jason Blum
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Dopo alcuni anni in seno alla Miramax, dove ha assistito in prima persona ai frequenti conflitti tra Harvey Weinstein e registi come Martin Scorsese, il cui Gangs of New York, dopo una produzione abbastanza travagliata, fu decurtato di un'ora, Jason Blum (la cui ultima produzione, Incarnate - Non potrai nasconderti, è ora nelle sale italiane) si è successivamente lanciato nella produzione in proprio, specializzandosi nel genere horror (o thriller con tinte da brivido) e proponendo una formula semplice ma vincente per ottenere una collaborazione fruttuosa con i cineasti: escludendo i sequel (nel qual caso il budget può essere aumentato), ogni film costa al massimo 5 milioni di dollari, somma resa possibile dalla disponibilità di cast e troupe a lavorare per il minimo sindacale (in cambio di una percentuale sugli incassi). Questo consente a Blum di avere tra le mani un prodotto capace di generare guadagni cospicui (basti pensare ai sei Paranormal Activity, che solo in sala hanno incassato oltre 800 milioni di dollari nel mondo intero) e che gli dà anche la sicurezza necessaria per concedere il final cut al regista, con un'eccezione di cui parleremo più avanti. In alcuni casi Blum si è discostato dal proprio brand, producendo Whiplash - che gli è valso una nomination all'Oscar - e, sul piccolo schermo, The Normal Heart. Ma il suo nome è legato soprattutto al cinema di genere, e in occasione dell'uscita di Incarnate abbiamo deciso di rivisitare i cinque risultati più positivi del metodo produttivo Blumhouse.

Insidious (2010)

Dopo aver lanciato la saga di Saw, il duo composto dal regista James Wan e dallo sceneggiatore-interprete Leigh Whannell si è ritrovato alla corte di Blum con l'intenzione di rivisitare il tema della casa infestata da presenze demoniache (argomento sul quale Wan è poi tornato da solo realizzando anche The Conjuring). Il risultato è Insidious, un film sottilmente terrificante che sovverte molti dei luoghi comuni associati alla premessa di cui sopra e mette in scena un idillio familiare messo a soqquadro da alcune delle entità più spaventose mai viste al cinema. La storia perde un po' di mordente nei capitoli successivi (in particolare il terzo, diretto da Whannell), ma nel complesso è un viaggio affascinante ed inquietante in un mondo spettrale che rende a dir poco inappetibile l'idea di una vita dopo la morte.

Sinister (2012)

Stando a Blum, il ruolo principale in Insidious era stato offerto al suo amico di sempre Ethan Hawke, il quale rifiutò per via di preconcetti nei confronti del genere horror. Al secondo tentativo è andata meglio, e così l'attore è stato diretto da Scott Derrickson in un racconto del brivido dal sapore squisitamente vintage, dal momento che il perfido Buughuul rende nota la sua presenza tramite vecchi filmini in super 8. Anche in questo caso il sequel ha parzialmente annacquato il fascino del prototipo, ma il primo episodio rimane un interessante esercizio di suspense misto a grande violenza e al tema dell'ineluttabilità del destino, legato anche in questa occasione ad una famiglia perseguitata dal Male.

Hush (2016)

Questo film in realtà ha evitato la sala (esclusa la première al festival South by Southwest), andando a nutrire il catalogo di Netflix. Una scelta piuttosto sensata, poiché la pur impressionante piattaforma di streaming è generalmente considerata un po' carente per quanto concerne il materiale horror, tra prodotti semisconosciuti non proprio meritevoli e sequel di vari capisaldi del genere che vengono messi a disposizione senza che sia possibile visionare anche l'originale. Una situazione risollevata parzialmente dal film di Mike Flanagan, già fornitore di incubi con Oculus e qui interessato soprattutto all'apparato sonoro, mettendo in scena una home invasion dove la vittima è sorda e quindi teoricamente svantaggiata contro il suo misterioso persecutore. Il brivido è - letteralmente - dietro l'angolo, e l'operazione è visibilmente andata bene poiché anche il prossimo progetto di Flanagan prodotto da Blum, un adattamento del romanzo Il gioco di Gerald di Stephen King, andrà direttamente su Netflix.

La notte del giudizio - Election Year (2016)

Abbiamo detto nell'introduzione che esiste uno strappo alla regola del final cut promesso da Blum ai suoi registi. Trattasi de La notte del giudizio e i suoi due sequel, per via di un cavillo contrattuale che dà il controllo al co-produttore Michael Bay. Non che questo abbia scoraggiato il regista e sceneggiatore James DeMonaco, tornato dietro la macchina da presa per continuare a raccontare questa America distopica dove ogni anno, per una notte - dalle 19 alle 7 del mattino - tutti i crimini sono legali (un'iniziativa che riduce la criminalità nei 364 giorni rimanenti). Il terzo episodio, apertamente politico già nel titolo, esplora i retroscena di questa legge e pone l'accento sulla lotta di classe, ricordandoci quanto il cinema di genere possa essere arrabbiato e sovversivo, nonché a tratti preveggente (all'uscita in sala non sono mancati i commenti su come questa America potrebbe manifestarsi sotto Donald Trump, all'epoca non ancora eletto).

Ouija 2: L' origine del male (2016)

Ancora Mike Flanagan, questa volta con l'ingrato compito di girare il prequel di uno dei film meno apprezzati del filone Blumhouse, Ouija. Una missione che il regista ha compiuto con la giusta dose di bravura, regalandoci un racconto horror dal sapore classico - il logo Universal usato nei titoli di testa è quello del periodo in cui si svolge la storia - e approfondendo la parte esplicativa del primo film in modo tale da rendere comunque sorprendente il susseguirsi di eventi di cui dovremmo già conoscere l'esito (condizionale d'obbligo poiché molti hanno preferito dimenticare il primo Ouija, cosa che Flanagan sfrutta per alterare un po' la cronologia del franchise). Brividi garantiti, soprattutto grazie alla performance davvero inquietante della giovanissima Lulu Wilson.

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