Non Aprite Quella Porta a confronto: il sequel Netflix vs l'originale

Analizziamo i film di Hooper e di David Blue Garcia per capire cos'ha sbagliato il sequel Netflix e cosa rende immortale il titolo del 1974.

Non Aprite Quella Porta a confronto: il sequel Netflix vs l'originale
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C'era da aspettarselo; Non Aprite Quella Porta di David Blue Garcia sta dominando la classifica del colosso di Reed Hastings (a tal proposito non perdetevi gli ultimi film Netflix di febbraio 2022). Il ritorno di Leatherface non è certamente passato inosservato ed era sul nostro radar delle uscite 2022 di Netflix, ma vi basterà scoprire la risicata sufficienza che abbiamo assegnato alla nostra recensione di Non Aprite Quella Porta per capire che l'operazione in sé sarà anche un successo e porterà molto probabilmente allo sviluppo di altri capitoli di una saga che di fatto esiste solo nel reiterato tentativo di reboot e prequel, ma ha fondamentalmente fallito nell'essere un sequel diretto del capolavoro di Tobe Hooper del 1974. Non serve ribadire l'importanza che il film originale ha e ha avuto nella definizione del panorama horror/slasher, lo abbiamo più volte affermato. Oggi vorremmo invece scendere più nel dettaglio e approfondire entrambe le pellicole per analizzare meglio cosa ha portato al risultato di quest'anno.

C'era una volta nel Texas occupato dai cannibali

Un diorama raccapricciante e sacrilego di carne putrescente dissacra il cimitero di Newt, Texas, nel 1973. Franklin e Sally Hardesty si dirigono alla volta del campo santo in compagnia del fidanzato di quest'ultima, Jerry, e della coppia formata dagli amici Kirk e Pam. Per fortuna nessuno ha toccato la lapide del defunto nonno e così i cinque decidono di sostare presso la vecchia casa degli Hardesty. Uno ad uno troveranno però la morte per mano di Leatherface, un energumeno col volto coperto da una maschera di pelle umana armato di martello da mattatoio e motosega. Sopravvivrà solo Sally, dopo aver capito di trovarsi di fronte ai componenti di un'unica folle famiglia cannibale che una volta lavorava presso il macello locale. Riuscita a liberarsi, la donna troverà infine la salvezza su un pick-up di passaggio, mentre Leatherface farà roteare la propria motosega in segno di eterna disapprovazione e fallimento.

Quasi cinquant'anni dopo Sally Hardesty è vicesceriffo alla pluridecennale ricerca dell'assassino di amici e parenti. Un gruppo di influencer e affaristi decide di instaurarsi nella città fantasma di Harlow per farla rivivere e trasformarla in un paradiso del commercio. Viene addirittura invitato un party-bus pieno di potenziali quanto improbabili investitori per esplorare la cittadina e procedere all'asta degli edifici. L'orfanotrofio locale è però ancora abitato da una donna e dall'unico assistito rimasto, un energumeno disposto a tutto per difenderla. Un imprevisto risveglierà la furia omicida di Leatherface che, dopo aver recuperato la sua amata motosega, si farà strada tra arti, budella ed ettolitri di sangue per uccidere coloro che gli hanno fatto torto, mentre Sally cercherà di ottenere la sua vendetta.

Dalla sostanza all'inconsistenza

Abbiamo cercato di riassumere a grandi linee le vicende di entrambi i film, tenendo conto del fatto che il titolo del 2022 si pone come sequel diretto, cancellando l'opera seconda di Hooper e tutti gli altri tentativi di mantenere vivo il franchise. Cosa è successo al Leatherface che roteava la motosega nel tramonto dopo la fuga di una Sally Hardesty che per la prima volta assaporava la gioia di essere realmente viva?

Quello che ci offre il nuovo Non Aprite Quella Porta è una sorta di undercover story nella quale il male è stato contenuto e custodito all'interno di un orfanotrofio sperduto del Texas, con tanto di motosega murata in attesa dell'inevitabile risveglio. Il film di David Garcia Blue appare a questo punto più un "what if" che non tiene realmente conto dell'evoluzione del personaggio di Leatherface; un piano spazio-temporale parallelo nel quale l'antagonista originale viene sostituito dall'icona slasher che i titoli successivi e il fenomeno di massa l'hanno fatto diventare, ma di cui l'opera distribuita da Netflix non dovrebbe tenere conto proprio in virtù del proprio intento iniziale. Il Non Aprite Quella Porta di Legendary Pictures pecca così del fan service più spinto cercando pretestuosamente di prendere il la dal film di Hooper, senza realmente interessarsi della sorte dei protagonisti inziali, delle loro motivazioni, paure, condizioni. Ci prova con Sally Hardesty, ci vorrebbe davvero provare, ma fallisce nel più clamoroso dei modi, imbastendo una storia di vendetta cieca che non viene minimamente alimentata a livello narrativo e drammaturgico se non attingendo alla fonte primigenia, richiamando ancora una volta in causa il fan service di cui sopra, per cavalcare l'onda requel senza reale ispirazione, senza nobilitare o anche semplicemente utilizzare gli spunti del passato per dare vita al presente.

Sally passa così dall'essere la final girl definitiva all'eroina bad ass vendicativa della situazione che agisce incurante delle ferite o dei pericoli, quasi fosse la controparte di quel Leatherface - anch'egli snaturato - che viene nuovamente messo sullo stesso piano dei colleghi di altri franchise horror (implacabile, invincibile, immortale), quando in realtà è l'espressione stessa del disagio della sua condizione di menomato fisico e mentale, addestrato ad uccidere gli uomini come si uccidono gli animali per poi trattarli allo stesso modo, come cibo e materiale per suppellettili.

Un bruto che aggredisce d'impulso chi s'intrufola in casa propria (cogliendo l'occasione per fare provviste) e che corre spaventato alla finestra dopo aver capito anche nel suo cervello bacato di non trovarsi di fronte ad un caso isolato, ma forse anche ad una minaccia alla sua famiglia, al punto da gettare l'arma e mettersi le mani in faccia dalla disperazione. Un mentalmente disabile vittima dei soprusi del Cuoco, che lo malmena se sbaglia qualcosa, lo sgrida e gli sbraita contro, facendolo fuggire riparandosi il capo; lui, che con un colpo potrebbe stenderlo all'istante, eppure, soffre in religiosa soggezione.

Leatherface è questo, un bambinone nel corpo di un uomo che indossa una maschera per essere altro da sé, vittima di un'esistenza che non dovrebbe appartenergli e che forse non capisce nemmeno le conseguenze dei propri gesti, talmente è intento ad assecondare i dettami della famiglia e a ritenerli la propria macabra quotidianità. Nessuno spirito implacabile, tanto meno immortale, come dimostrano le grida di dolore quando si ferisce con la motosega nell'inseguimento finale di Sally nel film del '74.

Un uomo in carne ed ossa, che soffre, gioisce e impreca e che è solo un tassello della realtà deviata che lo circonda. Quel contesto marcescente che si annida nel profondo sud degli Stati Uniti e che si autoalimenta nella sua indole cimiteriale e putrida che rappresenta l'estremizzazione satirica e orrorifica delle certezze americane, del progresso, delle bugie del Watergate e del Vietnam. Nel titolo capostipite tutto - dalla campagna, alla stazione di servizio con l'insegna "We Slaughter" (Noi Macelliamo"), fino alla casa di Leatherface - trasmette una putrefatta mitologia di luoghi, vittime e carnefici. Su Netflix il massimo a cui possiamo ambire è un assurdo bus-party sul quale sfogare tutto il gore e lo splatter cari a Fede Alvarez.

Non basta nel film del 2022 qualche riferimento diegetico al fatto che Lila sia stata vittima di una sparatoria nel suo liceo, perché ciò servirà solo a farle imbracciare un'arma nel finale, senza un reale valore, tema o sofferenza di fondo che resista di fronte alla necessità di difendersi dalla minaccia di Leatherface. Hooper non pone mai una dichiarazione d'intenti politica o sociale nella sua opera, perché quest'ultima traspare dal contesto e dalle azioni dei suoi personaggi e antagonisti, come dovrebbe accadere in ogni buona opera. L'unica cosa che è riuscita a David Garcia Blue è far odiare i propri personaggi alla sua stessa pellicola, come il film originale (il petulante fratello di Sally vi dice qualcosa?), così da lasciarsi abbandonare al loro inevitabile massacro con qualche rimorso in meno.

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