Oltre Non Aprite Quella Porta: i 10 migliori horror originali Netflix

Non Aprite Quella Porta è solo l'ultimo di una serie di horror Netflix Original. Scopriamo insieme i 10 migliori presenti sulla piattaforma.

Oltre Non Aprite Quella Porta: i 10 migliori horror originali Netflix
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L'uscita di Non Aprite Quella Porta su Netflix ha destato non poco scalpore tra i fan storici della saga creata da Tobe Hooper nel 1974 e, più in generale, tra gli amanti del genere. Grava sul film diretto da David Blue Garcia e prodotto da Fede Álvarez e Rodo Sayagues la nomea di essere sequel diretto del lungometraggio capostipite, in barba a sequel, reboot e remake usciti negli ultimi anni, scompaginando ulteriormente una linea temporale che non ha mai goduto di chissà quale coerenza (diciamocelo, Non Aprite Quella Porta è un disastro a livello di timeline). È un'operazione, quella compiuta da Netflix, simile a quella messa in atto da David Gordon Green con la nuova trilogia di Halloween. "Svecchiare" saghe immortali come queste può essere un'arma a doppio taglio, ma saranno i posteri a emettere l'ardua sentenza (nel frattempo recuperate la nostra recensione di Non Aprite Quella Porta).

Intanto la piattaforma si arricchisce di un ulteriore contenuto che sicuramente attirerà l'attenzione dei più curiosi e anche dei più scettici. Nonostante in questo caso funga da semplice distributore, la casa di Reed Hastings negli ultimi anni si è imposta come major di tutto rispetto arrivando persino in pole position nella stagione dei premi per numero di candidature. Anche in campo horror ha dato i suoi frutti; per questo oggi vi consigliamo i 10 migliori horror originali prodotti da Netflix.

Blood Red Sky

Blood Red Sky è un titolo che ha molto da dire.È la produzione originale Netflix di stampo tedesco col maggior successo di sempre, simile nell'idea di partenza al sudcoreano Train to Busan dal quale differisce principalmente perché gli zombie e il treno sono sostituiti dai vampiri e da un aereo. La protagonista è Nadja, una donna malata che sta per imbarcarsi col figlio Elias su un volo che la porterà in America per farsi curare. Non sappiamo da cosa sia affetta, ma lo scopriremo presto. Tra i passeggeri sono nascosti dei dirottatori che non avrebbero mai immaginato di ritrovarsi a combattere una guerra soprannaturale.

Blood Red Sky è un horror che soddisferà anche i palati più raffinati, intrattiene e si destreggia molto bene tra gli elementi fondanti del genere vampiresco, a partire dall'aspetto delle creature che ricorda quelle di 30 giorni di buio. Inoltre ha una componente drammatica fondamentale: il motore dell'azione non è soltanto la lotta all'ultimo sangue tra uomini e vampiri, ma anche il rapporto madre-figlio. Elias e Nadja hanno un legame molto forte che cresce e si solidifica sempre più nonostante i pericoli, entrambi disposti a sacrificare la propria vita per il bene dell'altro.

Oxygène

Oxygène è un'opera importante, perché segna il ritorno al cinema di genere di Alexandre Aja, uno degli autori più talentuosi del campo, nonché regista di Alta Tensione, tra le migliori pellicole di questo filone degli anni 2000. In questo thriller/horror dalle tinte sci-fi una donna, Elizabeth Hansen, si risveglia dentro una capsula criogenica. Non ricorda come sia finita lì dentro, si susseguono solo brevi flashback inizialmente incomprensibili. Le resta poco ossigeno per sopravvivere e l'unica compagnia che ha è M.I.L.O, un Medical Interface Liaison Operator programmato per rispondere alle sue esigenze mediche.

Elizabeth dovrà lottare e compiere sforzi disumani per riscostruire la sua storia e i motivi per cui si trova lì dentro. Assolutamente claustrofobico, seppur non esente da difetti, Oxygène mantiene alta la tensione e l'attenzione dello spettatore per tutta la durata canonica di 100 minuti. Il merito di questo va ad Aja per aver saputo giostrare bene gli spazi a disposizione creando dinamismo registico ed evitando inquadrature ripetitive e all'incredibile performance di Mélanie Laurent.

A Classic Horror Story

Un titolo che l'anno scorso ha fatto molto parlare di sé, perché horror e perché italiano. A Classic Horror Story di Robert De Feo e Paolo Strippoli col tempo diverrà un cult italiano.

De Feo, qui in veste di regista e sceneggiatore, aveva già mostrato il suo talento con The Nest, ma qui si è sicuramente superato. Pubblico e critica entusiasti, un film che ha fatto il giro del mondo, con un forte debito nei confronti dell'immaginario horror classico da cui riprende diversi elementi. Un gruppo di giovani si ritrova, per necessità, ad affrontare un lungo viaggio insieme. Una notte il loro furgone si schianta contro un albero e al loro risveglio si ritrovano in una radura con al centro una vecchia casa malandata e dall'aspetto sinistro. Si rifugiano al suo interno, ma presto saranno testimoni di atrocità inaspettate compiute da tre losche figure. De Feo dimostra di conoscere i capisaldi del genere, ma allo stesso tempo tira fuori la personalità giusta per distaccarsene inserendo la componente folkloristica che lo avvicina molto all'horror sociale americano degli ultimi tempi.

Fear Street (trilogia)

È stato il fenomeno estivo dello scorso anno. Fear Street, trilogia di film teen-horror, con il suo rilascio sulla piattaforma ha coperto metà dell'estate 2021 e riportato nelle nostre vite quei brividi vintage con i quali molti di noi sono cresciuti. Tratta dai romanzi di R.L Stine, l'autore di Piccoli Brividi, la trilogia ambienta la storia nell'arco di tre decenni tra loro distanziati a livello temporale, ma uniti da un filo rosso di cui verremo a capo solo a fine visione. Il primo film è ambientato negli anni '90, il secondo alla fine degli anni '70 e il terzo a metà del 1600.

Fear Street 1994 attinge consapevolmente al decennio in cui lo slasher fece il suo giro di boa definitivo; Fear Street 1978 è forse meno incisivo del primo capitolo, ma un godibile omaggio agli slasher anni '80. Fear Street 1666 non ha un vero e proprio punto di riferimento, ricostruisce storicamente un periodo cruciale per l'America come la caccia alle streghe, compiendo un salto temporale che rappresenta la chiusura del cerchio dell'intera trilogia. Divertente e a tratti sorprendente, assolutamente da guardare.

Il buco

Esordio alla regia dello spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia, quando uscì nel 2019 divenne subito un caso internazionale, uno dei film più chiacchierati del momento. Il buco è un titolo che ricorda molto il cult Cube di Vincenzo Natali. Protagonista è Goreng, risvegliatosi in una strana prigione costruita verticalmente chiamata "La Fossa" e composta da celle che i detenuti chiamano livelli. Allo scadere di ogni mese i condannati si ritrovano a scontare la pena su un nuovo livello scelto casualmente dall'amministrazione ai piani alti. Ad ogni piano vivono due persone e al centro di ognuno di questi vi è lo spazio giusto attraverso cui passa la piattaforma col cibo destinato ai detenuti.

Goreng scoprirà grazie al suo compagno di cella Trimagasi le regole e i compromessi che governano la prigione da seguire scrupolosamente se si vuole sopravvivere. È una distopia quella raccontata da Gaztelu-Urrutia, di certo non la prima che il grande schermo narra, eppure a risaltare in questo film è la realizzazione e messa in scena della stessa. Registicamente molto efficace, minimale, ma con numerosi accorgimenti stilistici che lo rendono molto godibile. Non risparmia scene splatter alla Saw, ma neanche dimentica il contenuto simbolico e metaforico della storia stessa. Il buco ha significati multipli, forse impossibili da scovare con una sola visione.

The Perfection

Qui siamo di fronte ad un prodotto che apparentemente non sembra essere per stomaci forti, ma in realtà lo è. Protagonista di The Perfection è Charlotte, una violoncellista di successo che ha dovuto lasciare la carriera per prendersi cura della madre morente.

Dopo la sua scomparsa, Charlotte reincontra Anton, diretto dell'istituto dove studiava anni addietro e tramite lui conosce Lizzie, un'altra talentuosa violoncellista. Tra le due nasce un rapporto molto forte fin quando la rivalità e la vendetta non prenderanno il sopravvento. Un film dove l'horror si insinua lentamente per poi esplodere nell'ultima parte regalandoci una visione abbastanza disgustosa. Bisogna essere tolleranti con The Perfection e godere anche delle immagini più truculente. È spiazzante, un'opera mutaforma dalla struttura particolarmente coraggiosa, motivo per cui è plausibile che sia passato dai festival alla distribuzione in piattaforma senza passare per le sale cinematografiche. Allison Williams e Logan Browning offrono una performance molto ben tenuta e sentita in grado di restituire appieno le complesse sfaccettature dei loro personaggi.

Il gioco di Gerald

Qui siamo di fronte ad uno dei romanzi più famosi di Stephen King nonché ad uno degli autori più talentuosi del genere horror contemporaneo, Mike Flanagan. Il gioco di Gerald si inserisce nel filone di riscoperta del Re del Terrore attuato negli ultimi anni e forse è una delle operazioni più riuscite. I coniugi Jessie e Gerald Burlingame vivono in una casa isolata sul lago. Nel tentativo di "riaccendere" il proprio matrimonio, Jessie accetta di sottoporsi ad un gioco erotico facendosi ammanettare a letto.

La situazione, però, si fa insostenibile per la donna, così allontana bruscamente il marito che di lì a poco morirà a seguito di un infarto fulminante. La donna si ritrova così isolata, legata a letto con la sola compagnia di un cane randagio affamato. Flanagan è un maestro ormai nel raccontare come una casa, nell'immaginario collettivo luogo caloroso e amorevole, possa trasformarsi in un contenitore di incubi. Emotivamente forte, con una dimensione psicologica notevole che è retta magistralmente da Carla Gugino, una visione sempre piacevole per il pubblico, che qui ci regala una delle migliori interpretazioni della sua carriera.

Il Rituale

La Scandinavia regala spesso delle piccole perle di genere e Il Rituale è una di queste. Basato sull'omonimo romanzo di Adam Nevill, racconta le vicende di un gruppo di quattro amici che si avventura per un'escursione in un parco naturale al nord della Svezia. Dopo che uno di loro si ferisce lungo il tragitto, decidono di intraprendere una scorciatoia per arrivare il prima possibile nel più vicino luogo abitato.

Una scelta che si rivelerà infelice, perché nell'attraversare la foresta si ritroveranno dentro un vero e proprio incubo. Traendo ispirazione un po' da The Blair Witch Project un po' dai film classici del genere, Il rituale trova una sua dimensione personale ricostruendo con dovizia di particolari non solo un'atmosfera inquietante e claustrofobica, ma anche un rapporto d'amicizia che va man mano disfacendosi in un clima di tensione e colpe. Gli elementi macabri sparsi nel bosco che i ragazzi ritrovano lungo il percorso rendono il luogo già di per sé oscuro ancora più sospettoso e pericoloso. Tecnicamente efficace, fotografia e colonna sonora sono sicuramente la ciliegina sulla torta di questo viaggio partito con le migliori intenzioni e finito tragicamente.

Voces

Un film che non spicca certo per originalità, eppure una visione la merita. Voces di Ángel Gómez Hernández è una semplice ghost story a cui fa da sfondo un dramma familiare classico. Daniel e Sara, marito e moglie, si trasferiscono in una casa fatiscente con il figlio Eric di nove anni. L'obiettivo di Daniel è quello di ristrutturare l'abitazione da cima a fondo per renderla abitabile.

Non passa poi troppo tempo che Eric diventa vittima di inquietanti fenomeni soprannaturali e sostiene di sentire delle voci altrettanto macabre. Una psicologa per l'infanzia interviene, ma la sua presenza porta scarsi risultati e inoltre morirà a seguito di un incidente profetizzato dallo stesso bambino tramite disegni. Sarà solo l'inizio di una scia di eventi sinistri che porteranno Daniel a contattare un esperto in materia per capire chi o cosa sta infestando la sua casa. Un'opera molto classica per stile e narrazione, attinge dagli elementi più tipici del genere come i jumpscares e la casa infestata. Non sarà il film horror del secolo, ma qualche brivido lo regala seppur telefonato il che lo rende perfetto per una serata in compagnia.

Nessuno ne uscirà vivo

Anche qui vale un discorso simile a quello fatto poco sopra, ma forse con un po' più di entusiasmo, perché Nessuno ne uscirà vivo è un buon prodotto anche se non esente da mancanze soprattutto a livello narrativo. Ambar è un'immigrata colombiana che, dopo aver perso la madre, è in cerca di una vita migliore negli Stati Uniti. Le prospettive per la ragazza non sono delle più favorevoli, perché lo zio che dovrebbe supportarla nel cambiamento non sembra molto ben disposto ad aiutarla. Inoltre andrà a lavorare in una fabbrica dove sicuramente la sfrutteranno viste le sue condizioni e vivrà in una casa dove alloggiano ragazze dal futuro altrettanto poco concreto.

Come se ciò non bastasse, Ambar sarà testimone di strani fenomeni all'interno dell'edificio, comincerà a sentire strane voci e fare sogni particolarmente pericolosi. Qui ci troviamo di fronte ad uno di quegli horror dall'ottimo potenziale iniziale. Buona la messa in scena, tecnicamente molto efficace con jumpscares posizionati al momento giusto. L'utilizzo della mitologia precolombiana è quel quid in più che "salva" questa classica ghost story dalla banalità. Un ulteriore approfondimento su certi temi avrebbe fatto piacere, ma tutto sommato è un film godibile.

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