Nido di vipere, perché è un cult degno dei film di Quentin Tarantino

Cosa accomuna il film coreano e l'autore di Pulp Fiction? La molteplicità dei personaggi, il loro cinismo e un finale esplosivo.

Nido di vipere, perché è un cult degno dei film di Quentin Tarantino
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Con estrema calma nella programmazione dei film in sala di settembre 2022 arriva la pellicola Nido di vipere (Beasts Clawing at Straws), opera dell'autore Kim Yong-hoon del 2020 che ricalca l'enorme piacere del cinema coreano di costruirsi attorno a delle scatole chiuse che contengono al proprio interno il genere, facendolo fuoriuscire soltanto per l'intrattenimento dello spettatore (recuperate il trailer ufficiale di Nido di vipere).

Un gusto nel marcare i registri di riferimento, dal thriller al noir, dal grottesco al melodramma, che rimangono bene incapsulati all'interno di una narrazione che trasporta i toni e le atmosfere che il cineasta vuole dare alla sua opera, convogliandovi temi e rappresentazioni, suscitando le dovute emozioni e mostrando un'attenzione precisa nella messinscena del genere utilizzato. Intuizioni che lo rendono già un cult, al pari dei classici di Quentin Tarantino - oltre al nostro speciale, non perdete anche la recensione di Beasts Clawing at Straws.

Una sola borsa per troppi personaggi

Per Nido di vipere i meccanismi adoperati da Kim Yong-hoon sono i medesimi di tanti film che, improntati su un caratteristico umorismo coreano, mescolano alla risata più nera una storia fatta di intrecci che andranno a convergere in un finale ad imbuto in cui ogni matassa verrà sbrogliata.

Una borsa piena di soldi che farà il giro di mano in mano, di proprietario in proprietario, mettendo a dura prova l'integrità e la lealtà dei protagonisti, che si ritroveranno a dover negare e nascondere, a salvaguardare e tentare di mantenere per sé quel bottino che causerà morti e inganni. Un MacGuffin tra i più basici che si potrebbero utilizzare, ma che sfrutta la propria essenzialità per mettersi al servizio di una narrazione che vuole divertire e dimostrare che il discernimento e la coscienza umana sono sempre gli ultimi elementi a cui è possibile appellarsi. In un turbinio di incastri e incroci, in Nido di vipere sono innumerevoli i personaggi che vanno sbattendo e inciampando uno nella vita dell'altro, stabilendo reti di legami improbabili e pericolosi, fin quando non ne resterà soltanto uno a detenere il possesso dell'ambito oggetto del desiderio. Un insieme inverosimile e bizzarro in cui vanno succedendosi uno spazzino, una escort, un doganiere e una truffatrice, attorno a cui vorticheranno le sorti della valigetta e dei loro destini con risvolti sanguinosi e violenti.

Un umorismo violento e bizzarro

Un tessuto umano privo di qualsiasi sentimento di compassione, se non la sola indulgenza verso se stessi. Quella che fa in modo che si pensi solamente alla propria salvezza, alla propria riuscita, al proprio successo. Costringendo gli altri ad attaccare e infilzare fin quando le ferite non saranno troppo grandi da far cadere a terra come mosche i vari personaggi, di cui lo spettatore può ammirare da fuori una lotta feroce e impavida, tutta all'insegna dell'individualismo.

Le conseguenze di un'egoismo che si fa carburante per l'opera dell'autore e che stuzzica proprio in virtù del suo essere spietato. Un futuro funesto a cui i protagonisti vanno incontro, inevitabile come promettono i presupposti velenosi del racconto. Centrando con frizzantezza un humor amaro che si appresta come costante nella stesura di Nido di vipere, l'opera parte in maniera quasi pacata e falsamente tiepida per riscaldarsi ed esplodere soprattutto nella sua parte conclusiva. Certo una maggiore spinta propulsiva fin dal suo principio avrebbe reso più omogenea l'edificazione del racconto, ma con uno sprint finale la pellicola promette un'esplosione che è quella inevitabile della brutalità e della ferocia tirate fuori per raggiungere il proprio scopo. Una partenza timida per un'opera che riverbera i suoi già citati eco tarantiniani, ma anche perfettamente coerente con la visione thriller e ironica della cultura coreana. Un bottino da dover acciuffare, che lascerà lo spettatore pieno e soddisfatto.

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