Mulan e l'importanza delle principesse multietniche in casa Disney

Negli anni le Principesse Disney si sono evolute sempre di più, riuscendo ad adattarsi molto bene ai cambiamenti avvenuti in ambito socioculturale.

Mulan e l'importanza delle principesse multietniche in casa Disney
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Nel corso degli anni '90, le iconiche principesse Disney sono diventate protagoniste di un vero e proprio brand commerciale a sé stante che si è tradotto in numerosi prodotti derivati, tra cui una linea d'abbigliamento, oggetti per la casa e varie bambole dedicate.
Tralasciando il lato puramente commerciale dell'operazione, è comunque innegabile constatare la grande lungimiranza degli autori disneyani nel puntare sul concetto di multiculturalità proprio attraverso le protagoniste dei numerosi Classici, tra cui ovviamente anche Mulan, ancora oggi una delle Principesse Disney più amate, tornata alla ribalta proprio in questo periodo grazie al film live action di Niki Caro.

L'importanza di adattarsi

Spesso, quando parliamo di brand famosi e consolidati, la chiave del successo a lungo termine (su scala mondiale), risiede nel cercare il più possibile di adattarsi ai cambiamenti socioculturali che, inevitabilmente, sono in grado di modificare la nostra percezione del mondo, così da toccare la sensibilità della più ampia fascia di pubblico possibile.
Come indicato nel nostro speciale dedicato ai tre Classici Disney per eccellenza, all'inizio la compagnia d'animazione statunitense aveva deciso di puntare con forza verso un tipo di immaginario fantastico/favolistico improntato sull'epica cavalleresca, legato a doppio filo al mondo delle fiabe classiche.
Le celebri protagoniste Biancaneve, Cenerentola e Aurora sono così diventate l'emblema della purezza caratteriale, spesso però incapaci di riuscire solo con le proprie forze ad affrontare le avversità.
Soprattutto negli ultimi anni si è cercato in un certo senso di "attaccare" l'immaginario fiabesco disneyano perché (almeno secondo le accuse) colpevole di dare un'immagine delle principesse eccessivamente stereotipato.
Questa riflessione, che potrebbe sicuramente trovare un solido principio fondativo in un'ottica postmodernista come quella attuale, in realtà non risulta così esatta, proprio in funzione del periodo storico in cui i classici sono stati creati.

L'impostazione generale dei primi lungometraggi animati disneyani è stata infatti concepita basandosi sull'immaginario classico delle fiabe, dove la dicotomia bene/male era quantomai netta, così come la stessa caratterizzazione dei personaggi, in grado di rappresentare ruoli archetipici.
Lo stesso film live action di Cenerentola ha dimostrato come una storia di stampo fantastico/favolistico classico (improntata su un'ideale romantico magari ritenuto fuori tempo massimo da parecchie persone) può ancora essere raccontata al pubblico attuale, libero oltretutto di recepirla come vuole.

Con il passare degli anni, comunque, gli stessi gusti dell'audience hanno iniziato a cambiare; non è un caso infatti che la Disney, proprio dopo La bella addormentata nel bosco del 1959, decise di lasciar perdere gli adattamenti tratti da fiabe per circa trent'anni, fino all'uscita de La Sirenetta nel 1989.
Ma è con l'arrivo degli anni '90 che l'azienda puntò fortemente sul concetto di multiculturalità, presentando al pubblico Jasmine, la prima principessa non bianca del franchise, vera e propria apripista anche per le future eroine.

Grazie a Pocahontas, il brand legato alle principesse è riuscito ad acquistare nuova linfa vitale, dimostrandosi (in tempi sicuramente non sospetti rispetto al panorama odierno) ancora una volta capace di puntare in maniera marcata sul concetto di multiculturalità.
Oltrettutto la protagonista del film animato assume il ruolo di bilancia morale per il capitano John Smith, in un primo momento incapace di comprendere appieno quanto sia importante rispettare la natura così come il mondo che lo circonda, in modo da regalare alla protagonista femminile un ruolo centrale a tutto tondo ancora più importante rispetto al passato.

Guerriere, ranocchi e oceani

Con l'arrivo di Mulan, il 36° Classico del 1998, l'emancipazione femminile in casa Disney ha trovato una nuova icona in cui identificarsi.
La protagonista dell'opera infatti, anziché onorare le tradizioni di famiglia (di stampo smaccatamente patriarcale), decide di prendere una strada completamente diversa, partendo così per un impervio viaggio di crescita interpersonale accompagnata dal draghetto Mushu.
Se nel mercato odierno tante iniziative vendute come inclusive e/o incentrate nel valorizzare determinate minoranze spesso assumono i contorni di una semplice quanto astuta mossa di marketing, il film d'animazione degli anni '90 ha invece il grande merito di aver descritto la protagonista come una donna forte e indipendente.
L'importanza delle principesse multietniche di casa Disney è quindi un dettaglio da non sottovalutare, anche rispetto a quanto visto nei decenni appena trascorsi.

Quando infatti il sentore comune legato al politicamente corretto non era ancora così marcato, lo studio d'animazione ha comunque cercato di puntare in maniera decisa sulla multiculturalità, riuscendo a comprendere molto bene l'esigenza del pubblico di potersi identificare non solo con principesse legate a un ideale fiabesco (e a tratti idilliaco) come quello delle origini, ma anche con protagoniste più indipendenti e se vogliamo caratterialmente più forti.
Lo stesso status di Principessa Disney non è infatti per forza interconnesso al mero titolo regale, a testimonianza di come l'intero brand sia riuscito nel corso del tempo ad allontanarsi da una dimensione a tratti classista in favore di una più ampia visione d'insieme atta a valorizzare l'introspezione individuale e l'emancipazione delle protagoniste.
Si è così cercato via via di unire varie influenze stilistiche legate tanto al classicismo quanto a un'impostazione più moderna cercando comunque di non abbandonare del tutto il tipico sense of wonder di matrice disneyana.

La principessa Tiana, protagonista del 49° Classico, rappresenta molto bene il connubio tra passato e presente, con un racconto che ritorna se vogliamo alle origini - andando a ripescare la fiaba classica Il principe ranocchio - usando però la New Orleans del 1920 come sfondo delle vicende.
La stessa Merida ha segnato un ulteriore step, diventando di fatto la prima principessa Disney non legata alla figura maschile del "principe azzurro", aprendo poi la strada a Vaiana Waialiki, ultimo personaggio (almeno per ora) a essersi guadagnato l'ingresso in questo prestigioso quanto iconico pantheon.

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