Matrix, le origini della saga spiegate bene

Addentriamoci nello sviluppo concettuale e cinematografico di una delle opere che hanno cambiato per sempre due generi, action e fantascienza.

Matrix, le origini della saga spiegate bene
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Quando il produttore Lorenzo di Bonaventura lesse per la prima volta lo script di Assassins delle sorelle Wachowski ne rimase fulminato a tal punto di acquistare nell'immediato i loro successivi due film, Bound e Matrix. Bound fu il primo titolo diretto poi dalle due autrici, divenendo un piccolo successo critico e un poi un cult, motivo che spinse le sorelle sulla cresta dell'onda sul finire degli anni '90, momento specifico in cui chiesero a Bonaventura di poter dirigere subito dopo proprio Matrix, un progetto fuori scala, ambizioso e futuristico che di lì a poco avrebbe cambiato per sempre due generi, quello action e quello fantascientifico.

Ricevendo luce verde, le due proposero il pitch di Matrix a Will Smith, che le Wachowski avevano individuato come prima scelta per interpretare il loro protagonista, Neo. Al suo fianco le autrice avrebbero voluto anche Val Kilmer nel ruolo di Morpheus, altra figura cardine dell'opera. Smith ha rivelato solo di recente "di non aver capito nulla" della spiegazione del concept data dalle registe, motivo che lo spinse per altro a rifiutare la parte per partecipare a uno dei lungometraggi più odiati e bastonati della storia dei blockbuster, Wild Wild West.

Già dal core, in effetti, Matrix non era facile da sviluppare e nemmeno da vendere per Warner Bros, che nonostante l'appoggio di produttori navigati come Bonaventura e Joel Silver si ritrovò a dover investire 60 milioni di dollari per un film di fantascienza pieno di tematiche filosofiche attuali e rilevanti ed effetti speciali innovativi, mai realizzati prima. La paura era tanta, insomma, ma le Wachowski avevano già pensato a tutto per la loro pietra miliare del cinema di genere.

E ora spiegami Matrix

Per aiutare la compagnia a comprendere al meglio potenzialità ed effettiva realizzazione di Matrix, le autrici chiamarono i fumettisti Geof Darrow e Steve Skroce per storyboardare l'intero film in circa 600 pagine, praticamente shot-by-shot. Ben presto arrivò l'ok definitivo dello studio, ormai convinto della grandiosità cinematografica del titolo, e Warner scelse anche di girare gran parte del progetto in Australia per sfruttare al meglio il budget a disposizione.

Data la significativa sfera filosofica e sociale che le Wachowski avevano deciso di inserire nel film, lo studio continuava però a maturare perplessità circa la spettacolarità dell'azione e l'effettiva resa di genere sul grande schermo, dubbi che vennero spazzati via in blocco da un filmato che mostrava agli executives di Warner i primi minuti di Matrix, quelli in cui Trinity combatte contro gli Agenti, grazie ai quali - secondo l'editor Zach Staenberg - le registe si assicurarono il totale e decisivo supporto della compagnia per il film. Scelto il cast senza troppa fatica, si passò alla fase pre-produttiva con cast e troupe, a cui venne richiesta una cosa molto particolare: dimostrare di aver compreso Matrix attraverso la capacità di spiegarlo. Soprattutto a Keanu Reeves, Carrie Anne-Moss e Laurence Fishburne - il trittico di protagonisti principali - venne richiesto di leggere il saggio Simulacra and Simulation del filosofo francese Jean Baudrillard (una delle ispirazioni del film), con Reeves che venne quasi costretto dalle autrici a leggere anche Out of Control di Kevin Kelly, ulteriore saggio sulla biologia delle macchine, dei sistemi sociali e del mondo economico, questo ancora prima di aprire lo script. Per Reeves fu una totale immersione nel mondo di Matrix, processo che lo aiutò a spiegare per filo e per segno ogni sfumatura filosofica e sociale del film, mentre per la Moss - a detta sua - fu molto problematico.

Kung Fu nella Matrice

Come dicevamo, idea cardine dell'opera era unire la fantascienza più spinta a una delle passioni più vivide delle Wachowski: il cinema d'arti marziali. Per addestrare il cast, le due reclutarono il coreografo e regista Yuen Woo-ping, che avrebbero dovuto insegnare a Keanu Reeves e soci in quattro mesi (dall'ottobre del 1997 al febbraio del 1998) lo stile Wire Fu del cinema d'azione di Hong Kong (deriva da "wire work" e "kung fu").

Il maestro si sorprese ben presto di quanto gli interpreti fossero inadatti a imparare le arti marziali, ma lavorò duramente e in singolo per migliorare le rispettive forme fisiche e sviluppare al meglio forza e agilità in ognuno di loro, partendo - come spiegò poi - "dalla diligenza di Reeves, dalla resilienza di Fishburne, dalla precisione di Weaving e dalla grazia della Moss".

La diligenza di Reeves è per altro spiegabile con un aneddoto: nonostante soffrisse all'epoca dell'allenamento di una brutta ernia del disco e relative conseguenza sulla colonna vertebrale, l'attore decise comunque di proseguire l'addestramento.

Finita la pratica, chiese al maestro e alla produzione ulteriori settimane di insegnamento, e questo nonostante l'operazione all'ernia gli avesse impedito di calciare per due mesi - motivo per cui nel film usa molto più spesso le mani.
Durante le riprese, comunque, per le sequenze più complesse e sempre a causa dell'operazione, Reeves si affidò a uno stunt double, per la precisione al mitico Chad Stahelski, che anni dopo divenne regista a sua volta grazie a John Wick, scegliendo proprio come protagonista l'amico e collega. Nella scena della lotta in metro contro Smith, ad esempio, Stahelski si ruppe due costole, entrambe le ginocchia e sopportò il dislocamento di una spalla nel tentativo di essere sbattuto sul soffitto nel modo più credibile e reale possibile.

Bullet time

A parte le tematiche e la storia, il kung fu e i protagonisti, a rendere famoso Matrix è stato il Bullet Time, un particolare effetto visivo che permette a un evento di avvenire in slow motion mentre la macchina da presa sembra muoversi attraverso la scena a normale velocità. L'effetto venne persino descritto come "un'analogia visiva per momenti privilegiati di coscienza all'interno di Matrix", anche se poi di fatto utilizzata soprattutto nell'azione più martellante, pure se sfruttato per mostrare il controllo dei protagonisti sullo spazio e sul tempo nella Matrice.

A creare tecnicamente il Bullet Time è stato John Gaeta, supervisore degli effetti speciali del film, che trasse ispirazione dalla tecnica fotografica del time-slice, in cui una serie di fotocamere vengono posizionate intorno a un oggetto e attivate poi contemporaneamente. Così ognuna di esse cattura un fermo immagine, contribuendo con un singolo fotogramma alla sequenza video totale e creando l'effetto del punto di vista in movimento attorno al soggetto della scena, che sembra congelato nel tempo.

Nel Bullet Time si parte dallo stesso principio, complicandolo appena un po' con l'aggiunta del movimento temporale del soggetto, così che sembri che la scena progredisca ma al rallentatore, variabilmente.

Per farlo, il team degli effetti visivi ha scelto di "sparare" le telecamere attorno ai protagonisti non simultaneamente ma distanti una frazione di secondo l'una dall'altra, così da catturare l'azione nella sua interezza e arrivare all'effetto slow mow ricercato. Inutile dire che il Bullet Time innovò non poco il mondo dei VFX e che venne da lì in poi sfruttato per altri progetti. A sentire le Wachowski, che a monte idearono concettualmente il processo, a ispirarle furono Otomo Katsuhiro, sceneggiatore e regista di Akira, e il talento visionario di Michel Gondry che, specie nei suoi video musicali, sperimentò non poco approcci creativi del tutto innovativi, come ad esempio quello del view-morphing.

Il successo, la Ricarica e la Rivoluzione

Alla sua uscita al cinema, Matrix fu un grande successo di pubblico e critica, nonché monetario. Oltre a lodare l'azione spettacolare e gli effetti visivi futuristici e sorprendenti, la stampa americana - soprattutto - accolse il film come "uno dei più significativi titoli di genere della sua generazione" e pure come una delle migliori sci-fi della storia del cinema. Alla fine, globalmente, Matrix incassò la bellezza di 466 milioni di dollari a fronte di un budget (spese di marketing escluse) di 63 milioni, più che quadruplicando l'investimento di cui Warner era spaventata.

Dato l'enorme impatto culturale avuto dal film e il possibile prosieguo della storia dell'Eletto, le Wachowski scrissero e diressero successivamente Matrix Reloaded e Matrix Revolutions, sequel girati back-to-back dal 2001 al 2002, imitando i precedenti lavori di Robert Zemeckis e Peter Jackson con Ritorno al Futuro e Il Signore degli Anelli. La parte più impressionante di questa mastodontica produzione furono due sequenze di Reloaded in particolare, nello specifico quella della rissa tra Neo e una moltitudine infinita di Agenti Smith e l'inseguimento in autostrada.

Qui per la precisione ci fu l'evoluzione dell'innovazione del Bullet Time. Le sequenze vennero entrambe girate ad Alameda, in California, in una stazione navale decommissionata, con la produzione che costruì addirittura 1.5 km di finta autostrada nella zona. Per la scena dei 100 Smith Gaeta e il suo team dovettero superare se stessi, introducendo all'interno delle reali telecamere del Bullet Time anche una telecamera virtuale, in pratica una simulazione.

Era necessario per diminuire i tempi altrimenti estremamente dilatati per processare e costruire la sequenza interamente in live-action. Svilupparono così il processo della Universal Capture, in grado di campionare e memorizzare dettagli della scena ed espressioni facciali ad alta risoluzione, acquisendo nello specifico tramite il flusso ottico le espressioni in movimento di Reeves e Weaving. Grazie a questa innumerevole mole di dati raccolta, Gaeta e la sua squadra sono stati dunque in grado di creare una cinematografia virtuale in cui personaggi, luoghi ed eventi erano immaginati digitalmente e visualizzati attraverso telecamere virtuali. Mentre il secondo capitolo della saga di Neo ricevette critiche pressoché entusiastiche e venne anche premiato col miglior boxoffice della serie (741 milioni di dollari), il capitolo conclusivo della storia fu il peggiore sia in termini d'accoglienza che d'incassi, fin troppo compiaciuto e senza una reale innovazione in chiave action o sci-fi come i film precedenti. E, in effetti, poco c'è da dire sulla Rivoluzione finale della Matrice, se non che quasi un ventennio dopo è la Resurrezione voluta da Lana Wachowski (come spiegato anche nella nostra recensione di Matrix Resurrections) a rilanciare in modo metanarrativo e geniale il franchise, pur essendo un sequel complicato.

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