Martin Scorsese: violenza, peccato e redenzione della Nuova Hollywood

Breve storia di uno dei più grandi registi americani: dall'infanzia nella Little Italy di Brooklyn al successo mondiale.

Martin Scorsese: violenza, peccato e redenzione della Nuova Hollywood
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Uno dei più grandi registi della sua generazione, Martin Scorsese, poteva diventare un prete, o almeno così la sua famiglia se l'era immaginato. Cresciuto a Little Italy, in quella che definì "una piccola Sicilia", tra immigrati italiani di prima e seconda generazione, Martin ebbe un'educazione fortemente cattolica; cattolicesimo e italian-americanità sono due elementi del suo cinema, in particolare durante la fase degli anni giovanili. Dopo aver frequentato la New York University School of Arts e aver diretto un paio di interessanti cortometraggi nel 1968, a venticinque anni, scrive e dirige il suo primo lungometraggio, Chi sta bussando alla mia porta. Protagonista del film è un giovane adulto di Little Italy, interpretato da Harvey Keitel, che con il regista instaurerà una lunga collaborazione. Nella pellicola ci sono già tutti gli elementi del primo Scorsese: l'alcolismo, il senso di colpa, la rabbia ma soprattutto il tormento d' ispirazione religiosa. Il protagonista, J.R, ripudia la donna che ama nel momento in cui viene a scoprire che è stata vittima di stupro, per lui un inaccettabile avvenimento in vista di un matrimonio religioso.

La strada per il successo e l'incontro con Cassavetes

Il film viene elogiato dalla critica e Martin Scorsese finisce fin da subito nella lista dei giovani talenti del decennio. E' un periodo fortunato per il Cinema Americano: nelle accademie registi e attori legano, in particolare quelli che hanno vissuto un'infanzia simile tra un' esistenza proletaria e la passione per il cinema classico. Succede che nasce un gruppetto di amici che finirà per cambiare l'industria mondiale: sono Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Brian De Palma, George Lucas e Steven Spielberg.
Non è un caso se i primi tre, condivideranno, oltre alle origini italiane, ossessioni e desideri che su pellicola prenderanno forma visiva con differenti inclinazioni.
Ma il mentore e padre sul campo del regista di Little Italy fu John Cassavetes. Ispirato dal cinema del suo mentore e dopo aver diretto American 1929 - Sterminateli senza Pietà, il regista dirige Mean Streets, il suo primo capolavoro. Influenzato dallo stile produttivo a bassissimo budget di Corman e dalla regia nevrotica di Cassateves il film riprende le tematiche del primo lungometraggio di Scorsese, ma l'esperienza degli anni passati rende il tutto più denso e visivamente potente.

C'è di nuovo Harvey Keitel, ma questa volta tra i protagonisti c'è anche un giovanissimo Robert De Niro. Il film è ancora più ossessionato da questa inconciliabilità tra fede cattolica e gli istinti giovanili di una classe disagiata, scontro che esplode in un sanguinolento finale. La regia di Martin tira fuori un paio di numeri, come la sequenza dell'entrata di Robert De Niro nel locale notturno di uno dei protagonisti del film, sulle note di Jumpin Jack Flash dei Rolling Stones.

Da Taxi Driver a Fuori Orario

Pare che una delle fortune di Martin Scorsese sia stata quella di incontrare nella sua vita da regista una marea di collaboratori geniali. E' il caso di Paul Schrader, rappresentante di una nuova classe di sceneggiatori della Hollywood degli anni ‘70. Schrader, come Scorsese, ha una visione del mondo violenta e pessimistica, nella quale gli uomini sono costretti a sfidare l'inevitabile giudizio del destino o di un dio invisibile.
Dopo Yakuza e uno script scartato da Spielberg de Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, Schrader scrive per Scorsese la sceneggiatura della vita: Taxi Driver, uno dei film più importanti della storia del cinema. Candidato all'Oscar, vincitore della Palma d'Oro a Cannes, il film, uscito nel 1976, unisce la visione dei due autori, con sprazzi di ferocia anarchica nei confronti dello stile di vita e della politica americana. Nel trip allucinato di Taxi Driver ci sono strani presagi. Un po' come i Beatles furono d'ispirazione per la Manson family e la fine del sogno hippie, Taxi Driver ispirerà qualche anno dopo John Hinckley e il suo attento al presidente Reagan.
La collaborazione del trio della magia, Scorsese-De Niro-Schrader non si ferma e tira dritto con Toro Scatenato (1980). Scorsese non dimentica il suo piccolo mondo antico di italianità e locali notturni ma lo traspone nella storia drammatica di Jack LaMotta, il pugile noto come il toro del Bronx e colluso con la mafia italoamericana.
Alla fine degli anni settanta Scorsese si concede alla musica, dirigendo The Last Waltz, uno dei documentari più belli sulla musica rock, con il ritratto di The Band, un gruppo di musicisti noto per aver fatto da spalla a cantautori come Bob Dylan e Van Morrison.

Negli anni ottanta la carriera di Scorsese non si ferma, ma le sue opere sono meno roboanti. Il film più bello di quel decennio è probabilmente After Hours, che poi è riscoperto dai fan e dal pubblico solo successivamente. After Hours torna agli esordi produttivi del regista, con una produzione a basso budget e notturna. Il film è come se fosse guidato da una costante linea di un pezzo jazz, come d'altronde un certo Cassavetes sapeva fare.
L'altro film più importante di quel decennio è il ritorno alla coppia Scorsese-Schrader, ovvero L'ultima tentazione di Cristo. Prodotto con estrema difficoltà, a causa degli attacchi politici e di blasfemia che ricevette, il film è ispirato a quelle teorie apocrife, rispetto al canone, secondo le quali Cristo fosse una figura umana, piuttosto che divina.

Gli anni Novanta

Gli anni novanta partono col botto, Goodfellas (1990), conosciuto in Italia come Quei bravi ragazzi, è ad oggi uno dei film definitivi sulla mafia italo-americana. A differenza della saga de Il Padrino dell'amico Coppola, che guarda con fascinazione e desiderio di un mito arcaico le origini della malavita, il film di Scorsese crea un nuovo tipo di mafioso italo-americano: non è più quello affascinante e sempre ben vestito, ma è spregiudicato, un po' burino, scanzonato. Quasi antropologico, Scorsese si infila nel mondo italo-irlandese e racconta la disperazione umana con vaga ironia.
Gli anni novanta sono prolifici per Scorsese, ma il più delle volte film come Cape Fear e L'età dell'innocenza sono considerati roba minore... Per i suoi standard, ovviamente. Cinque anni dopo Goodfellas è il momento di Casinò (1995). I due film hanno similitudini, Scorsese è in vena ma soprattutto il pubblico gli chiede con forza un altro film sui gangster e tira fuori qualcosa che però a livello di trama non funziona quanto il precedente, ma rimane un grande film in mano a un grande regista. Spiccano in Casinò le interpretazioni di Joe Pesci e di Sharon Stone, candidati agli Oscar per quell'anno.

I Duemila: da Bob a Leonardo

Il duemila si apre con un cambio da un punto di vista dell'attore feticcio. Al posto di De Niro subentra Leonardo Di Caprio, che fino a poco tempo prima era considerato un ragazzetto talentuoso sì, ma marchiato ormai come quello che piaceva tanto alle ragazzine, più sex symbol che altro. Gangs of New York (2002) mette in scena un Leonardo Di Caprio inaspettato, capace di stare al fianco di quella bestia inarrivabile che è Daniel Day-Lewis. Il film è un capolavoro, nel quale Scorsese sfodera tutto l'amore che ha avuto fin dall'infanzia cinefila nei confronti del musical e lo impianta nel mondo violento delle gang di una giovane e violenta New York, divisa tra due bande rivali: i "nativi", ovvero la prima generazione di immigrati e gli irlandesi cattolici della seconda ondata migratoria.
L'altra botta clamorosa del decennio è The Departed (2006). Il cast è stellare: Leonardo Di Caprio, Mark Wahlberg, Matt Damon, Martin Sheen in un film tra il gangster movie e il poliziesco e ambientato nella Boston dove gli immigranti irlandesi riempiono le file sia delle forze di polizia che della malavita. Probabilmente del decennio è in generale uno dei film più importanti e si porta a casa un po' di statuette tra le quali Migliore Regia e Film.
Gli anni passano, ma Scorsese non arretra di un passo. Quel mondo di violenza giovanile e le atmosfere di Little Italy sono lontanissime, e il regista si diverte ad attraversare i generi e i luoghi più disparati. Nel 2010 dirige Shutter Island, tra il thriller psicologico e l'horrorifico, sempre con Robert De Niro. Scorsese sperimenta inquadrature e movimenti volutamente sbagliati per attraversare la psiche disturbata del protagonista.

Con Hugo Cabret (2011) il regista sperimenta il 3D in un film che racconta della nascita degli effetti speciali e del suo leggendario pioniere, George Melies (interpretato da Ben Kingsley).
Ha il tempo anche di concedersi alla televisione, dirigendo il pilota di The Boardwalk Empire, una delle migliori serie tv targate HBO. Nel 2013 Scorsese sfodera un nuovo capolavoro, roba paragonabile in bellezza a The Departed: The Wolf of Wall Street, con il solito Leonardo di Caprio seguito a ruota da un Jonah Hill in forma smagliante. Eclettico, coloratissimo, erotico e veloce a causa della quantità di cocaina che si tira chiunque in quel film, il film racconta dell'ascesa di Jordan Belfort, vera e propria figura di culto nel mondo dei broker di fine anni ottanta.
Nel 2016 cambiano le regole del gioco, esce nelle sale un dramma cristologico, Silence. Ispirato al romanzo storico di Shoshuko Endo e sceneggiato da Jay Cocks, già collaboratore con l'Età dell'Innocenza e Gangs of New York, il film si riallaccia alla questione religiosa che aveva attraversato buona parte della filmografia del regista. Ma il film è anche un omaggio al cinema giapponese dei grandi classici, di Ozo e Kurosawa, e cerca di essere un dipinto di valore in ogni fotogramma.
E' recente la notizia secondo la quale Bob De Niro, Joe Pesci e Al Pacino e forse anche Harvey Keitel si riuniranno per un film targato Netflix e diretto da Martin Scorsese: The Irishman, in uscita per il 2019. Possiamo stare tranquilli, perché, per come stanno andando le cose, Martin Scorsese è in una forma strabiliante e a differenza di tanti suoi vecchi compagni di scuola non ha ancora indossato la tutina da dinosauro.

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