Solitamente scrivo di getto appena tornato a casa dopo aver visto un film. È un po' una forma di esorcismo personale, come se si potesse fissare subito alla parete un quadro e avere le sue pennellate che ti solcano la mente per sempre. Con la stupida paura che se non si incide qualcosa immediatamente poi la si perde, perché più si va avanti più le cose rischiano di sbiadire. È stata la mano di Dio però non sbiadirà mai. Dopo un passaggio in alcune sale selezionate, arriva oggi su Netflix il nuovo film di Paolo Sorrentino (recuperate qui gli altri film Netflix di dicembre 2021), che vi raccontavamo entusiasti da Venezia nella nostra recensione di È stata la mano di Dio.
Sono corso a vederlo al cinema immediatamente, però ho deciso di tenermelo in grembo, accoccolato come un gatto che sonnecchia, ma in realtà aggrappato con gli artigli, anche se non fanno uscire il sangue. E forse serviva aspettare per raccontarlo, perché è esattamente quello che fa Sorrentino: arriva al momento giusto. Che può essere il mio, il nostro, quello di chiunque, ma in realtà è soltanto il suo. E ora voglio provare a farvi capire perché è anche di tutti noi.
È stata la mano di Dio ci ha salvati
È una cosa che di solito succede solo ai grandissimi autori, che riesce a pochi e che tanti inseguono con il fiato corto senza raggiungere mai. Fare un film per se stessi, ma in realtà per tutti.
Perché Sorrentino con È stata la mano di Dio dà fuoco al suo dolore, lo guarda bruciare completamente e poi danza fra le ceneri, tenendoci per mano senza lasciarci mai. E senza lasciarsi mai. Ci sono voluti tantissimi anni, otto film (e mezzo se contiamo anche la serie con Jude Law) per poter parlare del dolore più grande della sua vita. Una devastazione emotiva così infinita che affrontarla davvero sembrava imbarazzante. Ma era arrivato il momento giusto. Perché se è vero che nessuno si salva da solo, allora il cinema può farlo, può infilarsi come oro nelle nostre ferite e trasformarci in qualcosa di nuovo, come il Kintsugi. Sorrentino non nasconde le sue crepe, le fa urlare, ci trascina dentro per poi riemergere diversi. Non guariti, non migliori, ma di nuovo noi stessi anche se non possiamo più esserlo.
Non dimenticare
Sorrentino dimentica se stesso senza scordarsi mai. È come Una storia vera di David Lynch: il film meno lynchiano della sua filmografia che invece ne ha tutti gli elementi. È stata la mano di Dio fa la stessa cosa: nasconde in piena luce il suo creatore sotto un cinema di lana, ne riprende ogni piccolo stilema aprendosi completamente al pubblico.
È lì per tutti, con l'onestà di essere uno degli autori più importanti del nostro cinema. E con l'onestà di chi ha perso tutto. Un'emotività rara che scaturisce dagli affetti veri, quelli impossibili da lasciar andare, dato che nella lotta per non dimenticarli finiamo spesso per terra, circondati di arance che tentavamo in ogni modo di tenere in equilibrio, come giocolieri senza dita. E Paolo cade, perché È stata la mano di Dio è il film prima di Paolo, poi di Sorrentino. E infine sarà nostro, finché ne avremo bisogno.
Qualcosa da raccontare
Io non so se questo è il miglior film di Sorrentino. Le classifiche gelide contano poco quando un essere umano si fa vedere per quello che è tramite il cinema. Una necessità sanguigna di consegnarsi al pubblico senza tradirsi mai si vede raramente.
Perché È stata la mano di Dio stringe tutti, come se dopo il gesto di Mastroianni alla fine de La dolce vita arrivasse qualcuno ad abbracciarlo, ricordandogli che anche nella tragica farsa della nostra esistenza c'è uno spiraglio, uno sguardo, una canzone, una città. E noi tutti arriviamo ad abbracciare Paolo, sussurrandogli che questo film conterà qualcosa per qualcuno, sempre e comunque. Che sia uno scugnizzo di Napoli, al quale vibrerà l'anima scena dopo scena, o qualcuno che dall'altro capo d'Italia continua ancora a cercare qualcosa da raccontare fra le sue parole, provando a urlarlo anche se spesso non gli esce la voce. Però ogni tanto ci prova. Ogni tanto ci provo. Magari imitando Paolo, che scrive cercando di medicare se stesso e poi alla fine prova a salvarci tutti. Guardate È stata la mano di Dio. Riguardatelo tutte le volte che ne avrete bisogno. E poi urlate anche voi, vi farà bene, anche se nessuno vi ascolta.
È stata la mano di Dio su Netflix: Sorrentino si racconta, salvandoci tutti
Arriva su Netflix È stata la mano di Dio, capolavoro di Paolo Sorrentino che si mette a nudo per curare le sue ferite, riuscendo a salvarci tutti.
Solitamente scrivo di getto appena tornato a casa dopo aver visto un film. È un po' una forma di esorcismo personale, come se si potesse fissare subito alla parete un quadro e avere le sue pennellate che ti solcano la mente per sempre. Con la stupida paura che se non si incide qualcosa immediatamente poi la si perde, perché più si va avanti più le cose rischiano di sbiadire. È stata la mano di Dio però non sbiadirà mai. Dopo un passaggio in alcune sale selezionate, arriva oggi su Netflix il nuovo film di Paolo Sorrentino (recuperate qui gli altri film Netflix di dicembre 2021), che vi raccontavamo entusiasti da Venezia nella nostra recensione di È stata la mano di Dio.
Sono corso a vederlo al cinema immediatamente, però ho deciso di tenermelo in grembo, accoccolato come un gatto che sonnecchia, ma in realtà aggrappato con gli artigli, anche se non fanno uscire il sangue. E forse serviva aspettare per raccontarlo, perché è esattamente quello che fa Sorrentino: arriva al momento giusto. Che può essere il mio, il nostro, quello di chiunque, ma in realtà è soltanto il suo. E ora voglio provare a farvi capire perché è anche di tutti noi.
È stata la mano di Dio ci ha salvati
È una cosa che di solito succede solo ai grandissimi autori, che riesce a pochi e che tanti inseguono con il fiato corto senza raggiungere mai. Fare un film per se stessi, ma in realtà per tutti.
Perché Sorrentino con È stata la mano di Dio dà fuoco al suo dolore, lo guarda bruciare completamente e poi danza fra le ceneri, tenendoci per mano senza lasciarci mai. E senza lasciarsi mai. Ci sono voluti tantissimi anni, otto film (e mezzo se contiamo anche la serie con Jude Law) per poter parlare del dolore più grande della sua vita. Una devastazione emotiva così infinita che affrontarla davvero sembrava imbarazzante. Ma era arrivato il momento giusto. Perché se è vero che nessuno si salva da solo, allora il cinema può farlo, può infilarsi come oro nelle nostre ferite e trasformarci in qualcosa di nuovo, come il Kintsugi. Sorrentino non nasconde le sue crepe, le fa urlare, ci trascina dentro per poi riemergere diversi. Non guariti, non migliori, ma di nuovo noi stessi anche se non possiamo più esserlo.
Non dimenticare
Sorrentino dimentica se stesso senza scordarsi mai. È come Una storia vera di David Lynch: il film meno lynchiano della sua filmografia che invece ne ha tutti gli elementi. È stata la mano di Dio fa la stessa cosa: nasconde in piena luce il suo creatore sotto un cinema di lana, ne riprende ogni piccolo stilema aprendosi completamente al pubblico.
È lì per tutti, con l'onestà di essere uno degli autori più importanti del nostro cinema. E con l'onestà di chi ha perso tutto. Un'emotività rara che scaturisce dagli affetti veri, quelli impossibili da lasciar andare, dato che nella lotta per non dimenticarli finiamo spesso per terra, circondati di arance che tentavamo in ogni modo di tenere in equilibrio, come giocolieri senza dita. E Paolo cade, perché È stata la mano di Dio è il film prima di Paolo, poi di Sorrentino. E infine sarà nostro, finché ne avremo bisogno.
Qualcosa da raccontare
Io non so se questo è il miglior film di Sorrentino. Le classifiche gelide contano poco quando un essere umano si fa vedere per quello che è tramite il cinema. Una necessità sanguigna di consegnarsi al pubblico senza tradirsi mai si vede raramente.
Perché È stata la mano di Dio stringe tutti, come se dopo il gesto di Mastroianni alla fine de La dolce vita arrivasse qualcuno ad abbracciarlo, ricordandogli che anche nella tragica farsa della nostra esistenza c'è uno spiraglio, uno sguardo, una canzone, una città. E noi tutti arriviamo ad abbracciare Paolo, sussurrandogli che questo film conterà qualcosa per qualcuno, sempre e comunque. Che sia uno scugnizzo di Napoli, al quale vibrerà l'anima scena dopo scena, o qualcuno che dall'altro capo d'Italia continua ancora a cercare qualcosa da raccontare fra le sue parole, provando a urlarlo anche se spesso non gli esce la voce. Però ogni tanto ci prova. Ogni tanto ci provo. Magari imitando Paolo, che scrive cercando di medicare se stesso e poi alla fine prova a salvarci tutti. Guardate È stata la mano di Dio. Riguardatelo tutte le volte che ne avrete bisogno. E poi urlate anche voi, vi farà bene, anche se nessuno vi ascolta.
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