Le tre migliori scene de Il Re Leone di Jon Favreau

Ora che il nuovo film della Disnye è finalmente arrivato nelle sale italiane, analizziamolo attraverso le tre migliori sequenze ideate da Favreau.

Le tre migliori scene de Il Re Leone di Jon Favreau
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È lecito non voler bene a Il Re Leone di Jon Favreau, soprattutto se si è dei fan accaniti del film d'animazione originale del 1994. Il lavoro svolto dal regista di Iron Man resta però a tutti gli effetti encomiabile dal punto di vista tecnico e, nonostante abbia diviso nettamente in due la critica, fra qualche anno potrebbe assumere, nel cuore delle nuove generazioni, lo stesso valore che il primo film ha ottenuto in quello delle vecchie.
Abbiamo già lodato il valore estetico de Il Re Leone in un apposito speciale pubblicato qualche settimana fa, subito dopo l'anteprima stampa italiana, ma adesso che il film è disponibile anche per il pubblico in tutte le sale cinematografiche italiane, è arrivato il momento di parlarne senza la risaputa paura spoiler.
In questo nuovo pezzo esamineremo più da vicino il lavoro svolto da Favreau, che ha realizzato un film d'animazione nel frattempo diventato il più alto incasso nella storia del cinema nella sua categoria, dopo aver scalzato dalla vetta Frozen.
Dopo le tre scene madri di Suspiria, le tre migliori scene di Mission: Impossible - Fallout e i tre migliori momenti di Avengers: Endgame, ecco le tre sequenze più belle de Il Re Leone.

Sarò Re

Il remake di Jon Favreau de Il Re Leone passa per una ricostruzione in chiave naturalista del ben più astratto e favolistico film d'animazione originale, e al di là dell'impianto filmico completamente differente a separare le due versioni c'è una sequenza in particolare che rappresenta benissimo questo cambio di stile. Stiamo parlando ovviamente dello stacchetto musicale di Scar, che nell'oscurità del Cimitero degli Elefanti, tana delle temibili Iene, assume il comando del branco selvaggio e soprattutto palesa i suoi obiettivi, intonando il celebre brano "Sarò Re", "Be Prepared" nella versione statunitense.
Molto più statica rispetto alla sua controparte animata, questa riproposizione di Sarò Re sembra una diretta figlia del "musical dialogato" à la La La Land, cui Favreau aggiunge un'enfatizzazione dark che nel film del '94 veniva tralasciata in favore di una coreografia più spettacolare.

È risaputo quanto il soggetto de Il Re Leone sia ispirato all'Amleto di William Shakespeare e questa scena, più di qualunque altra fra entrambe le versioni del film, sembra uscita direttamente della tragedia del 1600: lo Scar ballerino del 1994 viene rimpiazzato da Favreau con uno più teatrale, uno che misura ogni singolo passo o spostamento per sottolineare una determinata parola, un'inflessione.
Più che una scena musical in questo modo, la sequenza diventa un monologo da Claudio shakespeariano, con un'aura più temibile e decisa.

Il Cerchio della Vita

La migliore scena del remake paradossalmente è l'unica del tutto originale, e avrebbe probabilmente fatto la gioia di Fabrizio De André per come ruota - letteralmente - intorno al letame: la sequenza parte da una ciocca di pelo di Simba, che trasportata dal vento finisce su un albero e viene accidentalmente ingurgitata da una giraffa intenta a nutrirsi dai rami di quell'albero; in questo modo diventata sterco e, finita fra le grinfie di uno scarabeo, dopo una serie di reazioni a catena la ciocca arriverà dall'altra parte delle Terre del Branco fra le mani di Rafiki, che in questo modo scoprirà che l'erede al trono Simba è ancora vivo, da qualche parte, lontano da casa.
L'idea, per quanto semplice, è geniale, al punto da essere considerata una grande mancanza del film del 1994: inserita in questo remake incarna perfettamente l'ideologia alla base dell'opera di Favreau, che proprio dal concetto di riciclo - fondamentale per la comprensione della filosofia del Cerchio della Vita - parte per costruire il suo nuovo mondo.

Così come ogni piccola creatura e ogni singolo scarto della Savana ha un ruolo importante da svolgere nell'ecosistema che regola Le Terre del Branco, così Il Re Leone 2019 riprende Il Re Leone 1994 per riciclarlo allo scopo di portarlo nel cinema di oggi, con le migliori tecnologie a disposizione per il divertimento del pubblico contemporaneo.
I due minuti scarsi della scena riescono a riassumere, senza bisogno di dialoghi, non solo tutto il significato del film di Favreau, anche le filosofie alla base di entrambe le opere, quanto esse siano collegate e perché.

Lo spirito di Mufasa

Quando Rafiki accompagna Simba nella pianura della Savana per incontrare il fantasma di Mufasa nel film del '94, i registi Roger Allers e Rob Minkoffun riuscirono a creare uno dei momenti più iconici della storia del cinema d'animazione, partendo dal riflesso del giovane protagonista che nell'acqua sfuma in quello del suo defunto padre e arrivando all'apparizione del re che fu fra le stelle.

La versione di Favreau potremmo definirla un finto-live action, per come ripropone quasi shot by shot il film originale utilizzando un'animazione digitale il più possibile fedele alla ricostruzione della realtà: cercando questa illusione di realismo da documentario in CGI, è chiaro che il regista ha rinunciato agli aspetti più fantasy della storia originale (gli animali parlano ma non possono vantare volti particolarmente espressivi, non perché i VFX non possano replicarli ma perché è Favreau a voler andare in tutt'altra direzione artistica), allora ecco che la sequenza dell'apparizione dello spirito di Mufasa assume tratti completamente differenti rispetto al film animato.

Con un'idea visiva molto forte e d'impatto, Favreau rinuncia alla materializzazione del vecchio Re Leone optando per un gioco di luci di lampi e nuvole, col volto di Mufasa che prende forma a intermittenza grazie a una tempesta che sta disturbando la notte africana sopra le Terre del Branco. È forse il momento più importante della storia, qui Simba si convince finalmente a tornare a casa per confrontarsi con Scar e riprendersi il trono che gli spetta di diritto, e Favreau riesce a conferirgli una sua identità stilistica ben precisa, rimanendo fedele alla propria visione naturalista.

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