Speciale Le Arti Marziali al cinema: ben più che una moda

Questo luglio escono in Home Video ben tre pellicole legate alle arti marziali: il pubblico riscopre una passione mai sopita

Speciale Le Arti Marziali al cinema: ben più che una moda
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Furiosi combattimenti corpo a corpo, spesso abbinati alla ferrea disciplina dei protagonisti, sono alla base di un genere cinematografico sviluppatosi negli anni settanta a Hong Kong, dove si realizzò una fusione tra finzione cinematografica e reali arti marziali applicate, in particolare il Kung Fu e derivati. Il filone orientale ha così avuto uno straordinario successo, poi confermato anche ad Hollywood, in particolare negli ultimi quindici anni dopo la prima "invasione" di fine anni '70/inizio anni '80. Ben presto il cinema di genere divenne celebre a livello mondiale e gli stessi film apparvero come vere e proprie “palestre”, dove si esibivano attori con una precedente carriera in ambito sportivo. Nacquero dunque straordinarie leggende come quella di Bruce Lee e Jackie Chan. Quest’ultimo, alla sessantacinquesima edizione del Festival di Cannes, ha presentato l’adrenalinico Chinese Zodiac, seguito del film Armour of God II - Operazione Condor, sempre diretto dal poliedrico attore di Hong Kong, qui nei panni, ancora una volta, di Asian Hawk, impegnato nel recupero di dodici statue a forma di animale tipiche dello zodiaco cinese, trafugate illegalmente dagli eserciti francese e britannico. Chinese Zodiac è disponibile per il mercato Home Video dal 9 luglio, in una esclusiva uscita DVD e Blu-ray distribuita dalla Universal Pictures Italia, che in questo mese di luglio celebrerà proprio il cinema di stampo orientale con altre due pellicole a base di spettacolari arti marziali: 47 Ronin, con Keanu Reeves nei panni di un Samurai senza più padrone del XVIII° secolo, in un film tratto da una leggendaria storia vera, e Man of Tai Chi, un appuntamento imperdibile per i fan di questa disciplina che viene debitamente omaggiata dallo stesso Keanu Reeves, qui all’esordio dietro la macchina da presa. Man Of Tai Chi verrà distribuito in contemporanea con Chinese Zodiac mentre per 47 Ronin l’appuntamento è per il 23 luglio. Entrambi i film saranno disponibili in versione DVD e Blu-Ray - 47 Ronin sarà disponibile anche in una esclusiva edizione Blu-ray3D - e come per Chinese Zodiac su disco saranno presenti numerosi contenuti speciali. Per celebrare questo trittico orientale, andiamo allora alla scoperta di alcuni dei più emozionanti film di genere arti marziali mai realizzati e iniziamo proprio da Bruce Lee e Jackie Chan, indimenticabili interpreti nel capolavoro di Lo Wei Dalla Cina con furore.

Dalla Cina con furore

Gli eventi del film sono parzialmente tratti da una storia vera che ha avuto come protagonista un celebre insegnante cinese di arti marziali, assassinato da un dottore di origini giapponese. Proprio la faida tra Giappone e Cina, tra Kung Fu e Karate, sono alla base del film di Lo Wei, ancora oggi tra le pellicole più rappresentative del genere. Il protagonista del film è Bruce Lee, qui nei panni di Chen, allievo del maestro Yuanjia Huo e desideroso di vendetta contro gli invasori giapponesi che egli ritiene siano proprio i responsabili della morte dell’amato istruttore. Dalla Cina con furore riscosse un enorme successo internazionale grazie al realismo delle scene d’azione, una caratteristica resa possibile dalle attitudini dello stesso Lee, allora già protagonista della serie televisiva The Green Hornet. Dalla Cina con furore rappresenta l’orgoglio di un popolo, quello cinese, nella sua massima espressione di identità nazionale e in un evidente astio verso quello giapponese. Celebre la scena finale con Chen che si esibisce in un pirotecnico calcio al cospetto di un gruppo di poliziotti giunti armati sul posto per trarlo in arresto.

Terremoto nel Bronx

Il filone orientale, legato inevitabilmente e in maniera naturale alla terra d’origine, ebbe presto successo anche nel resto del mondo, subendo, però, una evidente contaminazione occidentale, anche nella stessa messa in scena. Sono palesi le differenze tra le pellicole “classiche” di Hong Kong e i film hollywoodiani che hanno “inquinato” il genere aggiungendo violenza, spesso gratuita, finendo per tralasciare la poetica e il linguaggio del corpo, marchi tipici del cinema orientale. Eppure, è proprio in America che avvenne la consacrazione di interpreti come Bruce Lee e Jackie Chan, quest’ultimo protagonista di Terremoto nel Bronx, un film del 1995 che fece conoscere l’attore al pubblico internazionale. Terremoto nel Bronx, diretto da Stanley Tong, vede Jackie Chan nei panni di un poliziotto di Hong Kong in viaggio negli Stati Uniti per assistere alle nozze dello zio e ben presto invischiato in una torbida storia di teppisti e gangster in cerca di diamanti. Il film,, tra inseguimenti mozzafiato e pericolosi salti da giganteschi edifici, risulta infine essere una atipica pellicola di genere poiché presenta una evidente contaminazione ironica, che in fondo è anche un marchio di fabbrica per il cinema di Jackie Chan, in antitesi con le prime apparizioni cinematografiche “seriose” di Bruce Lee.

La Tigre e il Dragone

Non si hanno notizie certe sulla nascita delle arti marziali in Asia, ma è confermato che già alcune tecniche di lotta erano presenti nella Cina d’epoca feudale, ai tempi della dinastia Zhou. Un periodo storico che ha avuto ampio respiro anche in campo letterario e cinematografico dove le storie ambientate in quell’epoca sono state inglobate all’interno di un genere ribattezzato wuxia. Una pellicola rappresentativa di questo filone è La tigre e il dragone di Ang Lee, trionfatore alla Notte degli Oscar con quattro statuette, compreso il premio come miglior film straniero. La tigre e il dragone ha effettivamente sdoganato il genere nel nuovo millennio, anche grazie all'imperdibile fotografia e alla suggestiva colonna sonora, unendo gli stilemi tipici del cinema “marziale” a un canovaccio da film romantico. Il film diretto dal regista taiwanese, infatti, racconta la passionaria storia tra un maestro e una discepola, protagonisti di un amore frenato dalla società dell’epoca, una Cina feudale dove sentimenti mai sopiti, come la vendetta, riaffiorano improvvisi e fragorosi in un drammatico e malinconico finale. Un film relativamente recente che ricorda, negli spettacolari combattimenti, il cinema di Hong Kong dei primi anni settanta e, allo stesso tempo, subisce la poetica visionaria del suo autore, in bilico tra tradizione e innovazione.

Ong-Bak - Nato per combattere

In ambito cinematografico è soprattutto il Kung Fu ad aver riscosso un grande successo: eppure, soprattutto negli ultimi anni, altre discipline sembrano aver preso il sopravvento sul grande schermo. È il caso di Ong-Bak, pellicola thailandese del 2003 diretta da Prachya Pinkaew. Protagonista del film è un giovane Tony Jaa, qui nei panni di Ting, un ragazzo desideroso di aiutare un villaggio devastato dal furto di una statua sacra per mano di un gruppo di criminali di Bangkok, trafficanti in opere d’arte. Il protagonista del film pratica la Muay Thai, un arte marziale nata in Thailandia e particolarmente cruenta considerata la possibilità per l’atleta di utilizzare diverse parti del corpo per colpire l’avversario: pugni, gomitate, calci e ginocchiate sono permessi dal regolamento. Ong-Bak è divenuto con il tempo un film cult per gli appassionati di arti marziali grazie anche alla straordinaria veridicità raggiunta nella messa in scena dei combattimenti e alla rappresentazione della pittoresca capitale thailandese, che assume le vesti di vera e propria co-protagonista: qui si consumano incontri all’ultimo sangue e sfrenati inseguimenti.

The Raid: Redemption

C'è anche da dire che, spesso, le arti marziali nei film sono rappresentate in modo sì spettacolare ma anche poco "realistico": tra le pazze acrobazie di Jackie Chan (realmente realizzate, per carità, ma certamente poco plausibili in situazioni di combattimento "reale"), il volo e le arti magiche tipiche dei Wuxia e di tanti film di ninja & co., e il fatto di doversi mantenere spesso nel campo dei PG-13, quello che ci troviamo di fronte in molte pellicole legate alle arti marziali è uno show in cui si vede tanta spettacolarizzazione ma l'impatto dei colpi non si "sente" davvero. Manca la sensazione di "ossa rotte", diciamo, che pure fa parte del contesto, specialmente se parliamo di film d'azione e non di competizione sportiva. Ma nel 2011 il regista Gareth Edwars, parzialmente sulle orme dell'Old Boy di Park Chan-wook, realizza una pellicola destinata a diventare in brevissimo tempo un cult moderno, proprio per via della sfrenata violenza realistica dei suoi numerosi scontri su schermo: The Raid - Redemption, film con protagonista Iko Uwais, attore marziale particolarmente dotato nella tecnica del Silat e recentemente protagonista anche di un riuscito sequel.

Karate Kid - Per vincere domani

Nel 1984 il mondo impazzisce per il karate, dopo aver idolatrato per anni il kung fu di Bruce Lee. Il merito è tutto di Karate Kid, pellicola che lancia gli esordienti Ralph Macchio ed Elisabeth Shue e rinvigorisce la carriera di uno straordinario Pat Morita, che si guadagnò una nomination agli Oscar -come miglior attore non protagonista- nel 1985 per la sua interpretazione del sensei Miyagi. Karate Kid era la storia del giovane ed insicuro Daniel LaRusso, che tramite gli amorevoli insegnamenti del suo maestro e la pratica dell'antica arte marziale okinawense imparava importanti lezioni di vita. Il film, diretto dal John G. Avildsen di Rocky, è oramai un classico per almeno due generazioni di ragazzi, che più volte si sono emozionati vedendolo e rivedendolo, non tanto per l'adrenalina dei combattimenti quanto per i genuini e mai stucchevoli messaggi di fondo. Con apparente leggerezza, infatti, la pellicola toccava argomenti di una certa importanza per il pubblico adolescenziale che formava il suo target: bullismo, difficoltà ad inserirsi in contesti sociali diversi da quelli d'origine, rapporto con figure genitoriali naturali ed acquisite, ricerca di uno stile di vita equilibrato, primi amori, competitività sportiva. Il tutto con un tocco anni '80 che aprì la strada ad un vero e proprio filone, non solo al cinema (come dimenticare i tre seguiti, nonché il "remake" italiota Il ragazzo dal kimono d'oro?) ma anche in fumetti e videogiochi.

Warrior

La Settima Arte ha dimostrato più volte di saper sfruttare eventi sportivi, più o meno drammatici, per raggiungere degli inaspettati picchi epici. E il Cinema occidentale ha saputo regalarci anche perle ambientate nel mondo delle arti marziali senza scomodare per forza influenze asiatiche, come nel caso del protagonista di Warrior. Nel film diretto da Gavin O’Connor troviamo un aspro confronto fra due fratelli. Il primo è un professore di fisica che, per superare le proprie difficoltà economiche, arrotonda come lottatore e si iscrive ad un elitario torneo di arti marziali miste con in palio un ricchissimo montepremi: lo Sparta. Allo stesso torneo si troverà a combattere contro il fratello, un ex marine col quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale, in una avvincente finale sotto gli occhi del padre, evidentemente segnato dall’abuso di alcol. Warrior è sicuramente uno dei migliori film sulle arti marziali mai realizzato, unendo la parte spettacolare e sportiva a quella drammatica: il film è difatti realistico e commovente, soprattutto nel finale. Le arti marziali nel cinema, dopotutto, non significano esclusivamente esposizione di fisici scolpiti e colpi proibiti, ma possono essere espedienti per raccontare delle meravigliose storie personali o famigliari, così come accade in Warrior dove sembra essere proprio il ring l’unica possibilità per la difficile riconciliazione dei due fratelli, tormentati dai dolorosi ricordi del passato.

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