Larry Flynt: vita e miracoli del re del porno in un biopic irresistibile

Nel 1996 Miloš Forman dirige un film biografico su una personalità complessa e iconoclasta, magnificamente interpretata da Woody Harrelson.

Larry Flynt: vita e miracoli del re del porno in un biopic irresistibile
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Ci sono personaggi diventati leggende per i più disparati motivi e Larry Flynt merita sicuramente tra questi un posto d'onore. Scomparso il 10 febbraio all'età di 78 anni a Los Angeles, a causa di un arresto cardiaco, Flynt ha cambiato forse per sempre la storia, giudiziaria ma non solo, degli Stati Uniti e in una maniera del tutto inaspettata.
Figura controversa, il produttore pornografico è stato una costante mina antisistema, capace di demolire il perbenismo americano nelle sue radici, di mettere a nudo le falle di quell'american dream così tanto celebrato e di condurre inedite battaglie legali sul primo emendamento della Costituzione.
Una vita di gioie e dolori, esempio in carne e ossa della tragicommedia più bizzarra, che dal successo clamoroso come editore di Hustler, periodico sexy secondo soltanto a Playboy come successo Oltreoceano, ha poi frequentato per larghi periodi della sua vita le aule dei tribunali, rimanendo anche paralizzato in seguito a un attentato compiuto da un suprematista bianco sul finire degli anni '70.
Ecco perché con la sua morte se n'è andato non soltanto una personalità forte e sanguigna, ma anche un simbolo di folle e insanabile tenacia che rasentava la follia e una mente lucida anche nelle scelte apparentemente più insensate.
Per ricordarlo abbiamo deciso di riscoprire il notevole biopic su di lui realizzato nel 1996 da Milos Forman, in cui a vestirne gli scomodi panni è uno straordinario Woody Harrelson.

Il coraggio di osare

Dopo un breve prologo ambientato nel 1952, che ci mostra Larry e il fratello minore Jimmy bambini e intenti a vendere alcool nelle natie campagne del Kentucky, la storia si sposta in avanti di vent'anni con i due personaggi già adulti.
Proprietari di uno strip club, i Flynt faticano ad arrivare a fine mese per via di una clientela ridotta e delle numerose spogliarelliste che si esibiscono nel locale da pagare. Larry inizia proprio la relazione con una di loro, la disinibita Althea Leasure, che poi diventerà sua moglie, e decide di realizzare una rivista con fotografie in bianco e nero sulla falsariga del ben più famoso Playboy.
L'uscita del primo numero attira gli strali delle femministe e dei movimenti cattolici, ma ben presto il successo arriva e le copie vendute aumentano a vista d'occhio di giorno in giorno. Insieme alla fama arrivano però anche i problemi, con Larry che viene citato in tribunale dagli attivisti anti-pornografia, che considerano il suo giornale come un insulto alla morale pubblica.

Tribunale che diventerà una sorta di "seconda casa" per il protagonista, determinato a rispondere colpo su colpo nonostante le numerose condanne e i brevi periodi trascorsi in carcere. Ormai miliardario e con un impero, editoriale e televisivo, da gestire, Larry resta vittima della follia di un serial killer, che cerca di eliminarlo insieme al suo avvocato. Gravemente ferito e paraplegico si rifugia nel mondo delle droghe ma la sua crociata per la libertà d'espressione è ben lungi dall'essere finita.

Oltre ogni limite

Ancora attivissimo negli ultimi anni, tanto da comprare nel 2017 una pagina del Washington Post per offrire una ricompensa da dieci milioni di dollari a chiunque avesse fornito informazioni utili all'impeachment del suo eterno nemico Donald Trump, Larry Flynt è stato un individuo unico nella controversa storia degli Stati Uniti, ideale soggetto per un'opera cinematografica.
Quella messa in scena da Forman è un'esaltante e scatenata fiera degli eccessi che ricalca in pieno le bizze e i colpi di genio della controparte reale, che compare inoltre in un breve cameo nei panni del bigotto giudice Morrissey, scelta questa volutamente sarcastica.
Come ci mostra il film, lo scopo di Flynt è proprio quello di sconfiggere tale bigottismo imperante e una battaglia nata inizialmente per proteggere i propri interessi si evolve progressivamente in una lotta contro il sistema, una campagna per la libertà di espressione che si ammanta di sfumature sempre maggiori fino alla fase clou, ossia il "final round" alla Corte Suprema che ha avuto un esito del tutto inaspettato e risalto anche al di fuori dei confini nazionali.
Lo scontro tra questi due mondi è inevitabilmente "di parte" all'interno della pellicola, ma questo non toglie nulla a una sceneggiatura sempre calcolata e precisa, capace di dosare gli eccessi con un gradevole gusto per il kitsch e per l'ironia.
Le numerose sequenze procedurali offrono infatti una sfilza di battute al fulmicotone e nella seconda metà, dopo che Flynt è ormai fisicamente e mentalmente provato dall'incidente e dalla conseguente dipendenza dalle droghe, il surreale diventa reale nei processi probabilmente più esilaranti mai visti su grande schermo, ancor più incredibili se si pensa ispirati alle effettive circostanze.

Il regista di origini cecoslovacche riutilizza la formula alla base di un altro dei suoi capolavori, ossia quell'Amadeus (1984) che ci offrì una versione inedita e variopinta del celebre compositore, e riesce a esporre e scardinare i lati più complessi del protagonista.
Larry Flynt - Oltre lo scandalo è una biografia dal taglio particolare e bizzarro, che evita qualsiasi tipo di didascalismo mantenendo un ritmo costante e altissimo per tutte le sue due ore di visione.

Si ride, si sorride ma si riflette al contempo, in un tour de force incessante che dopo le fasi preparatorie, atte all'introduzione dei primi passi e di quella tormentata scalata al potere, non lascia un attimo di respiro, muovendosi sempre su quel sottile confine che separa sacro e profano, qui specchi antitetici ma complementari delle tematiche alla base e dei paradossi che caratterizzano la cosiddetta land of the free.
Con un protagonista che catalizza su di sé venerazioni cristologiche, si convince di essere stato scelto da Dio per la sua missione salvo poi rinnegarsi nuovamente, la narrazione si muove su territori affini al grottesco che però si fanno portatori di diverse interpretazioni e permettono un'analisi compiuta e ragionata sui temi trattati che, alla fine dei conti, risultano l'effettivo cuore pulsante del tutto.

Una battaglia da vincere

La messa alla berlina della religione e dell'ipocrisia che spesso comporta nei suoi sostenitori più esposti e accaniti è rappresentata degnamente nella sequenza del galà, dove l'avvocato Charles Keating, tipico esempio del puritanesimo americano, distribuisce le copie di Hustler tra i tavoli e la maggior parte degli invitati divora con gli occhi le pagine del giornale, finendo poi per criticarle aspramente di fronte agli altri.
L'atmosfera generale si mantiene sui toni di un'amara farsa, veicolo ideale per lasciare campo aperto alle istrioniche e a tratti incontenibili performance del cast. Con un giovane Edward Norton - appena lanciato dal contemporaneo exploit d'esordio in Schegge di paura (1996) - nelle vesti dell'avvocato e Courtney Love in un ruolo che "le calza a pennello" quale discinta quarta moglie di Flynt, la scena la domina indubbiamente lui, uno straordinario Woody Harrelson.
Nel suo abile trasformismo, impostato su toni macchiettistici ma costantemente pervaso da un dolore profondo e da una determinazione incrollabile, l'attore ci regala un'interpretazione memorabile, senza la quale probabilmente il film non avrebbe avuto lo stesso impatto, tale da fargli vincere un meritatissimo Orso d'Oro al Festival di Berlino.

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