La Sottile Linea Rossa: la guerra secondo Terrence Malick

Il 22 dicembre 1998 usciva al cinema La Sottile Linea Rossa. A oggi rimane uno dei più grandi film sulla guerra di sempre.

La Sottile Linea Rossa: la guerra secondo Terrence Malick
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Nel 1998 usciva La Sottile Linea Rossa di Terrence Malick. Il grande pubblico all'epoca non parlava d'altro che di Shakespeare in Love, di Salvate il Soldato Ryan e La Vita è Bella, che sarebbero stati i grandi protagonisti degli Oscar l'anno dopo. Eppure, a più di due decenni di distanza, la storia della settima arte non può non riconoscere il fatto che quell'anno deve essere ricordato soprattutto per questo film, una delle opere più riuscite e coinvolgenti di Terrence Malick. Un prodotto capace di spingere oltre ogni limite la rappresentazione della guerra, intesa come conflitto sia interno che esterno del genere umano. Riscopriamolo ancora una volta assieme.

La battaglia che cambiò la Guerra nel Pacifico

"Cos'è questa guerra stipata nel cuore della natura? Perché la natura lotta contro se stessa? Perché la terra combatte contro il mare? C'è forza vendicativa nella natura...forse più di una".
Mentre udiamo queste parole, un coccodrillo lento si muove, dentro quel labirinto pluviale di mangrovie, ebani e fichi strangolatori che quasi oscurano il sole, costruendo coi rami strane palafitte. Intanto, i melanesiani continuano la loro vita, di fronte all'Oceano, noncuranti del massacro che lì, a Guadalcanal, si sta compiendo.
Guadalcanal, primavera 1942, l'isola in cui la Guerra del Pacifico ebbe una svolta decisiva, dove i giapponesi (fino a quel momento quasi inarrestabili) subirono una sanguinosa sconfitta.
Malick ci guida lì, dentro quei giorni, attraverso foreste e colline, seguendo i passi di alcuni fucilieri della 25^ divisione statunitense, tra le unità più provate dalle feroci battaglie nell'entroterra.

Un film sulla guerra

Protagonista è il soldato Will (Jim Caviezel), che aveva cercato assieme a un compagno di disertare, perdersi tra gli indigeni, non far più parte di quella guerra. Viene ripreso, e messo davanti al granitico e cinico Sergente Welsh (Sean Penn), dirottato verso la squadra barellieri. Tra i due comincia quello che è il confronto fra due modi diversi di vedere non solo quella guerra, ma la vita, il mondo.
Film con uno dei cast più ampi e tormentati della storia (di cui diverse interpretazioni alla fine neppure arrivarono nella versione finale), La Sottile Linea Rossa, per significati ed estetica, abbraccia una complessità a dir poco seducente.
Parlarne vuol dire partire da un presupposto cinematografico molto semplice: c'è il war-movie, il film di guerra, come quel Salvate il Soldato Ryan che il grande pubblico amò molto di più.
Poi vi sono i film sulla guerra, quelli che spostano l'attenzione verso dilemmi filosofici, esistenziali, verso il concetto stesso di conflitto come regno dell'anima, un piano maggiormente metaforico e trascendente gli eventi in sé. La Sottile Linea Rossa appartiene a questa dimensione, e ne è ancora oggi l'opera di maggior caratura.

Un viaggio fra trascendenza e conflitto

Malick, partendo dall'omonimo romanzo di James Jones, si mosse seguendo un iter narrativo in cui era lo scontro l'anima diegetica.
Un conflitto totalizzante, tra uomo e natura, tra le diverse voci dell'anima, tra guerra e pace, odio e amore, azione e passività.
Il male esiste, cammina al nostro fianco, assedia le nostre scelte, ci guida dentro le leggi dell'uomo, le stesse leggi fallaci e violente che il regista avrebbe mostrato in The Tree of Life.
Tuttavia qui, più che l'evocazione pura, vi è il comprendere se e come può sopravvivere un individuo in mezzo alla guerra, a quel male che si nutre di carne umana fin da quando il mondo ha avuto inizio. L'isolamento è la chiave? Sì, ma non come assenza di empatia, quanto piuttosto ribellione all'autorità, una via di fuga, il trascendere la bruta materialità e il puro istinto.

La filosofia di Heidegger (da sempre fondamentale per Malick) ne La Sottile Linea Rossa è grande protagonista. Il regista ci mostra la volontà di comprendere la soggettività in relazione al mondo reale. Quali conflitti nascono una volta calati dentro l'orrore di quella realtà? Vi è "un altro mondo" spiega Will, è un regno della mente e della moralità, è la via di fuga dal "grande male" che avvelena l'anima dei suoi simili.

Un'umanità fatta di luce e tenebra

Will è attorniato da mille altri personaggi, ognuno dei quali rappresenta un diverso modo di reagire. La guerra di Malick rivela la complessità dell'essere umano, il soldato che strappa i denti d'oro ai nemici morti è lo stesso che rischierà la vita per un compagno, o avrà orrore di sé stesso.
Il comandante che inneggia al massacro è anch'egli vittima del sistema, la moglie che è fonte di vita e speranza diventa nemica quando rivendica egoisticamente la propria libertà distante da quella giungla.
La natura è un mantello che avvolge l'opera dell'uomo. Ostile o amica? Tutto è creta nelle mani di Will e degli altri, essa appare come testimone neutrale di quel carnaio che trasforma l'erba in cenere, che rende la nuda terra ultima dimora di esistenze spezzate.

Due modi diversi di vedere il mondo

La fotografia meravigliosa di John Toll è mezzo attraverso cui Malick crea un paradiso perduto, genera una manifestazione cinematografica della trascendenza, ci mostra l'impegno da parte di Will nel cercare di creare qualcosa di migliore da quell'inferno.
Il rude Sergente Welsh, totem delle leggi degli uomini, di quell'esercito comandato da ufficiali ma mandato avanti dai sergenti (metafora della dimensione familiare applicata alla società) grazie a Will, ma soprattutto al suo martirio, cambia.
Non diventerà come lui, ma ne comprenderà e abbraccerà l'odio verso la crudeltà della guerra, solo apparentemente mediata dagli ufficiali, dagli ordini, dai gradi, seguirà le sue orme verso la libertà, si slegherà dalla visione della natura, del mondo, come freddo empirismo e causalità senza sbocchi.

Una guerra fatta di miseria e disperazione

Film emotivamente quasi aggressivo per la sua potenza, anche grazie a una colonna sonora meravigliosa di Hans Zimmer, La Sottile Linea Rossa è un'opera di incredibile bellezza cinematografica.
Ha scene di battaglia che non sono solo incredibilmente forti, ma anche reali.
Malick dipinge metafore dello scontro bellico: uccelli e piante dilaniati dalla furia dell'uomo, fango che si attacca alle lacrime, fiamme sui rifugi delle persone. Il libero arbitrio deciderà se sarai estensione del fucile che impugni o una creatura della grazia.

Ritorna il mito dell'uomo che nella natura ritrova sé stesso, ma alla fine c'è più la considerazione di essa come lente d'ingrandimento della singola anima: ciò che il Colonnello Tall di Nick Nolte vede in quegli alberi non è ciò che vede Will, perché il suo cuore è diverso. Egli rappresenta in pieno quel veleno che distrugge la natura.
Per questo non vi è poi molta differenza tra giapponesi e americani. Sono anche loro uomini disperati, abbandonati ai morsi della fame e della sete, distrutti da un dolore da cui cercano di fuggire, mentre lo distribuiscono a piene mani.

La Sottile Linea Rossa 22 anni dopo

A ventidue anni di distanza, La Sottile Linea Rossa, struggente dipinto cinematografico sulla guerra dentro e fuori l'uomo, rimane uno dei film più coerentemente ignorati dall'Academy, che non poteva ancora compiere quel balzo di qualità, staccarsi dalla dimensione nazionalpopolare.
Rimane tra i migliori film di sempre, un grande affresco filosofico su ciò che può nascere di glorioso tra gli uomini anche nelle tenebre.
"In guerra" diceva Emilio Lussu "abbiamo anche cantato...": le trincee del Carso come la giungla del Pacifico? Sì, la luce e la speranza sono ovunque, tutto risplende, attorno a noi vi è la salvezza.
Il segreto è vedere oltre l'apparenza, abbracciare gli altri, il fratello, l'amico, creare un regno della mente, una volontà, amare il nostro nemico anche prima che ci spari. Questa l'ultima grande lezione di un film profondamente etico, sacro senza essere religioso, personale eppure universale.

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