La grande lezione di Bing Bong: un amico rosa contro ogni ossessione

Il personaggio più amato dell'Inside Out targato Pixar racchiude in sé una forza psicologica che è d'insegnamento per tutti.

La grande lezione di Bing Bong: un amico rosa contro ogni ossessione
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Tra i capolavori d'animazione targati Disney-Pixar, uno dei film più amati e blasonati dello studio è sicuramente Inside Out di Pete Docter. A cinque anni di distanza dalla sua uscita in sala, il titolo sembra continuare a invecchiare straordinariamente bene tra home video, streaming digitale e piccolo schermo, ancora in piena competizione insieme a Toy Story e Up nella contesa di miglior film mai prodotto dalla Pixar. L'opera di Docter nasce infatti da una struttura concettuale originale e brillante, dedicata in senso immanente al racconto coming-of-age (di formazione) vissuto però dalle emozioni personificate di una bambina pre-adolescente, Riley.

Si entra letteralmente nella testa di una ragazzina per seguirne da vicino i processi mentali che appunto ne formano carattere e personalità. Seguiamo così l'alternarsi "al comando" di Gioia, Rabbia, Tristezza, Disgusto e Paura, che sono poi le emozioni base dall'infanzia alla pubertà, quantomeno idealmente, in un discorso narrativo che esula da troppe problematiche reali per dare una lettura generale ma potente e funzionale della crescita. In senso più ampio e critico, quella di Docter è una vera e propria psicoterapia d'animazione, perché si analizza da vicino ogni azione emotiva che porta a una conseguenza reale nella vita di Riley e nel suo stato d'animo. Eppure, più di Gioia che scopre il potere liberatorio di Tristezza, che è poi una delle morali più significative del film, cioè comprendere e valorizzare la necessità di ogni emozione, ruolo più significativo di Inside Out è probabilmente la grande lezione contro ogni ossessione che ci insegna Bing Bong, l'amico immaginario della bambina, che persona non è, emozione nemmeno, pensiero neanche.

La prigione dei ricordi

Se pensiamo al film di Peter Docter, la prima cosa che ci verrà in mente sarà senz'altro il tenero, strambo e rosato Bing Bong, e il motivo è semplice: perché attraverso lui viviamo una catarsi personale dal forte valore empatico. Gioia, Tristezza e le altre emozioni di Riley sono infatti delle "verità" a loro modo cristallizzate, che seguono un percorso certamente diverso da persona a persona eppure in qualche modo simile, e questo lo percepiamo anche attraverso la stretta somiglianza tra le varie personificazioni emotive della protagonista, dei suoi genitori o del ragazzo che le piace.
Non è un caso che l'autore abbia scelto un periodo come quello pre-adolescenziale, di passaggio, dove non si ha il pieno controllo di se stessi, dove tutto sembra in costante mutamento, soprattutto dentro, tra cuore e testa. Poi arriva una scossa ormonale dirompente e lentamente si entra in quella che potremmo definire stabilità emotiva, sempre intesa in senso ideale.
Bing Bong è però diverso. Prima di tutto, non è detto che ogni persona abbia avuto da piccola un amico immaginario, e questo lo rende a suo modo unico. Secondo poi, difficilmente un amico immaginario di una persona somiglierà a quello di un'altra, e questo perché il lavoro di costruzione di questo compagno è frutto della fantasia e dell'originalità del singolo. Inoltre non deve più rispondere a delle esigenze di Riley - in contesto - e guidarla nel suo percorso di cresciuta, anzi, il suo compito era quello di accompagnarla, renderla felice, donarle spensieratezza, vivere con lei mille avventure indimenticabili da piccina.

Il problema è che nulla resta com'è e tutto si trasforma, consapevoli o meno di questa verità, che ci piaccia oppure no. Non si ha il potere di fermare il cambiamento, controllare le azioni del prossimo, figurarsi la crescita e lo sviluppo di una mentalità che per forza di cose, umanamente e psicologicamente parlando, tende ad avere tappe e percorsi ben delineati da seguire, lasciando indietro il superfluo nel passaggio - ad esempio - dall'infanzia alla pubertà. E dopo tanti splendidi momenti passati insieme a Riley, con la promessa di portarla sulla Luna imbarcandola sul suo mitico razzo, anche Bing Bong è divenuto superfluo. Non in senso negativo ma realistico, ovvero non era più ciò di cui Riley aveva bisogno.

L'amore sincero che l'amico immaginario provava per la bambina lo ha però spinto a rinchiudersi in una sorta di prigionia tra i solchi cerebrali della protagonista, circondato da migliaia di ricordi. Se il suo ruolo, quello per cui era stato creato, è ormai venuto meno, chi è adesso Bing Bong per Riley? Qual è la sua funzione nella vita della piccola? Questo per lui è un dramma, un continuo restare attaccato al passato in modo più o meno nostalgicamente ossessivo, dove non c'è possibilità di futuro, non c'è via maestra da percorrere in avanti ma solo guardarsi indietro.

Tant'è che non appena ne ha la possibilità - opportunisticamente ma anche con grande cuore - decide di aiutare Gioia e Tristezza a tornare al Centro di Comando per tentare di essere finalmente ricordato da Riley, di tornare a giocare insieme a lei, provare a raggiungere quella Luna che le aveva promesso senza però tenere inizialmente conto della crescita, delle esigenze e della volontà della bambina.

La chiave dell'amore

Estendendo il discorso particolare di Bing Bong alla vita reale e alle problematiche persino attuali della società civile, l'ossessione del personaggio è riconducibile all'incapacità psicologica di accettare la fine di qualcosa, che si tratti di un'amicizia o di una relazione. In alcuni casi c'entra il possesso (che purtroppo spesso conduce alla cronaca nera), in altri un senso d'inadeguatezza alla vita, il sentirsi rifiutati da qualcuno per noi d'importante, allo sconforto, alla depressione. È un ribaltamento attivo e penetrante di ogni sensazione positiva prima provata per la persona amata, non per forza resa negativa ma sostanzialmente maldestra nel comprendere il perché della scelta dell'altro, il motivo dietro al cambiamento, la ragione di una fine, qualunque essa sia.
La presenza e l'evoluzione di Bing Bong all'interno di Inside Out ci insegnano invece che la chiave per migliorarsi e accettare di essere persino dimenticati è paradossalmente tanto legata al passato quanto relativa al futuro, e questa chiave non è altro che l'amore (sensazione, emozione, paradigma o certezza).
Quasi parafrasando la centralità data allo stesso in Insterstellar di Christopher Nolan, descritto addirittura come "l'unica forza in grado di attraversare il tempo", Docter rende l'amore l'unica forza in grado di distruggerci divenendo nostalgia, malinconia od ossessione ma la sola capace di aiutarci a fare un passo avanti per noi stessi e l'altro.

È persino interessante come questo discorso si ricolleghi in modo diegetico e sorprendente alla morale sopra descritta di Inside Out, cioè all'accettare il fatto che un momento o momenti di gioia possano contenere o addirittura trasformarsi in tristezza, perché il senso del messaggio è che il processo può essere invertito e che ogni emozione è importante e fondamentale nel percorso di vita di ognuno di noi.
E com'è che Bing Bong arriva a capire di dover superare la sua nostalgia e la sua ossessione? Proprio grazie alla tristezza, un qualcosa per cui non era stato minimamente progettato dalla fantasia di Riley, talmente distante dal suo essere e dal suo ruolo che le sue lacrime sono caramelle.

Un tristezza comunque causata dal suo profondo amore per la bambina, anche se è stato ormai dimenticato, lasciato indietro. Questa consapevolezza si fa ancora più marcata quando Bing Bong viene messo davanti all'inconfutabile evidenza della sua scomparsa nella mente e nel cuore di Riley, anche se per arrivare a questa fase e vedere finalmente la verità il nostro rosato amico immaginario ci ha messo anni, soffrendo silenziosamente, nascosto alla vista della piccola.

Alla fine però accetta ogni cosa, ed è questa la grande lezione di Bing Bong contro ogni forma di ossessione o nostalgia: che essere dimenticati, rifiutati dopo anni, messi da parte o allontanati non vuole dire non essere stati amati o non essere stati importanti per le persone che abbiamo amato. Forse siamo entrati nella vita dell'altro troppo presto, forse in una fase di trasformazione in cui eravamo il loro centro del mondo, forse perché semplicemente non eravamo più ciò che volevano o di cui avevano bisogno: questo non cancella le avventure o i bei momenti vissuti insieme, che restano tali e quali a come li abbiamo affrontati, quelli sì, indelebili. Il nostro "razzo", probabilmente, era divenuto troppo piccolo per contenere l'altra persona per un lungo viaggio verso la Luna, ed è una verità che bisogna affrontare con coraggio, accettando il fatto di non essere più indispensabili, amati come prima o fondamentali.

Questo lo vediamo in un'azione commovente di Bing Bong, quando consegna i suoi sogni, le sue speranza e tutto il suo amore per Riley in mano a Gioia, l'unica in grado di costruire per la bambina un nuovo "razzo" verso la felicità, costante o fragile che sia. E accettando in definitiva la fine della sua parte nella vita della sua migliore amica al mondo, Bing Bong chiede proprio a Gioia di "portare Riley sulle Luna anche per lui", superando ogni impasse emotiva e ogni peso ossessivo augurando con amore il meglio per chi era stata tanto importante ed essenziale per lui. E se ce l'ha fatta Bing Bong scomparendo nel nulla e rinunciando alla sua stessa Creatrice, unica ragione di vita, allora possiamo farcela tutti.

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