La guerra dei mondi: la sequenza dell'arrivo dei Tripodi

Analizziamo assieme l'arrivo dei Tripodi nel film di Steven Spielberg La guerra dei mondi, elencandone le principali caratteristiche.

La guerra dei mondi: la sequenza dell'arrivo dei Tripodi
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Lo scrittore H.G. Wells pubblica nell'ormai lontano 1897 una delle sue creazioni più conosciute e apprezzate, quella Guerra dei mondi che riuscirà a ispirare un incalcolabile numero di opere derivate. Celeberrimo lo stesso adattamento radiofonico di Orson Welles, fino ad arrivare alla pellicola diretta da Byron Haskin a metà del 1900.
Ne La guerra dei mondi vediamo così gli alieni mostrati come brutali conquistatori dediti alla distruzione totale (concetto dal quale film come E.T. hanno deciso di distanziarsi in maniera marcata) che il remake del 2005 diretto da Steven Spielberg si è impegnato a riproporre in maniera efficace.
Una tra le invasioni aliene più iconiche della storia del cinema è così tornata a vivere una nuova giovinezza proprio attraverso il film con protagonista Tom Cruise (Ray), qui impegnato nel proteggere i propri figli Robbie e Rachel Ferrier (interpretati rispettivamente da Justin Chatwin e Dakota Fanning) da un mondo ormai destinato al collasso.
La sequenza d'apertura del film, incentrato su un pathos emozionale crescente in cui vediamo l'arrivo dei Tripodi sulla Terra, risulta di fatto come uno dei migliori momenti dell'intera opera. Analizziamolo insieme.

La calma prima della tempesta

L'arrivo in scena dei Tripodi si verifica in modo graduale, mostrandoci prima una sequenza di assoluta calma, in cui Ray, divorziato, si ritrova a dover trascorrere il fine settimana con i suoi due figli nella casa nel New Jersey in cui vive.
Purtroppo però, il ruolo di genitore sembra stargli abbastanza stretto, visto che il figlio maggiore lo accoglie con fare freddo e distaccato. Ray non sembra fare poi molto per ingraziarsi il favore dei suoi figli, dimostrandosi superficiale e spesso svogliato nel trattare con loro, lasciando intendere che in fin dei conti non li conosce davvero.
Prima quindi che l'invasione aliena inizi, Spielberg decide di mostrarci un breve spaccato esistenziale dei personaggi principali, divisi da barriere emozionali invisibili che non gli permettono di comunicare in maniera funzionale tra loro. Quella che vediamo è così una famiglia divisa e disgregata alle fondamenta che, paradossalmente, sarà proprio il disastro su vasta scala a riunire, attraverso tutta una serie di situazioni ad alto rischio che permetterà a ognuno di trovare la propria strada.
Una giornata come tante si trasforma presto in un vero e proprio incubo a occhi aperti, che diventa sempre più oscuro e pericoloso man mano che i minuti avanzano, partendo da un temporale fuori scala capace di disattivare gran parte degli oggetti tecnologici lì presenti.

Nessuno però ovviamente riesce a capacitarsi dell'immane catastrofe che di lì a poco cambierà la vita di tutti. Lo stesso Ray, affascinato dalle particolari nubi che si formano in cielo, invita la figlia a osservare lo strano spettacolo.
È proprio in momenti come questi che Spielberg riesce a portare su schermo un clima di apocalisse alle porte molto pronunciato, in grado di lanciare chiari segnali allo spettatore che di lì a poco tutto degenererà in modi mai visti prima.
L'intera collettività si ritrova così spiazzata da una situazione che via via diventa sempre più tesa, con fulmini che non sembrano naturali colpire il terreno ripetutamente e nello stesso punto: la fine del mondo è vicina?

Fuga dall'ignoto

Quando uno strano rumore sotterraneo inizia a essere avvertito da tutte le persone radunatesi attorno alla piccola voragine generata dai fulmini, si fanno le più disparate ipotesi sulla natura dello stesso.
La razionalità riesce ancora a trovare posto fra i presenti, che provano a spiegare l'origine dei suoni provenienti dal sottosuolo pensando alla metropolitana o al condotto dell'acqua, seppur in realtà sotto di loro non ci sia nulla di tutto questo.

Spielberg riesce in questo modo a giocare ancora una volta con la paura verso l'ignoto, andando a scardinare le certezze di un'intera cittadina e mettendo i suoi abitanti a confronto di una minaccia che non solo non si può affrontare in alcun modo, ma non si può neanche tentare di comprendere o (ancora) vedere.
Di punto in bianco la tranquillità fin lì presente lascia il posto a dubbio e sgomento, mentre via via vediamo il terreno sottostante sgretolarsi sempre di più. La polizia non può far altro che incitare tutti ad allontanarsi e a sgombrare l'area, seppur ancora non sia chiaro cosa ha provocato il terremoto che sta sfaldando l'ambiente circostante.
Tra le urla dei cittadini, lo stesso Ray prova a mettersi in salvo tentando di comprendere cosa sta succedendo davanti ai suoi occhi.

Il rigonfiamento finale del terreno prima del suo collasso definitivo non lascia spazio a dubbi: quello a cui tutti hanno appena assistito non è stato un semplice terremoto. La tensione è ora arrivata al suo picco massimo.
Il Tripode infine si desta in tutta la sua sontuosità, elevandosi fino al cielo quasi come a decretare la sua natura semi-divina, un costrutto artificiale di origine sconosciuta che sembra avere intenzioni tutt'altro che benevole.
La comunità che prima osserva il macchinario con fare terrorizzato per un attimo si ferma, mentre intorno il silenzio rende l'intero momento ricco di pathos. Lo stesso Ray osserva il Tripode senza sapere davvero cosa aspettarsi, incredulo, scioccato ma al tempo stesso meravigliato da quello che ha di fronte, rimanendo paralizzato come tutti i suoi concittadini forse non del tutto in grado di reggere a uno shock emotivo di tale portata.
Il momento in cui il Tripode inizia improvvisamente a disintegrare i civili segna la fine del torpore collettivo generale, con il puro istinto di sopravvivenza a muovere tutte le persone lì intorno, costrette ad assistere a un massacro indiscriminato dove gli esseri umani vengono relegati al semplice ruolo di carne da macello.
Mentre attorno a Ray le persone vengono disintegrate, il protagonista prova come può a mettersi in salvo, correndo a perdifiato il più lontano possibile dal terribile macchinario alieno, ora capace di incarnare pienamente la sua aura distruttrice.

La sequenza della fuga, altamente spettacolare, risulta ammantata anche di una componente profondamente tragica, proprio per il modo in cui lo stesso regista ha deciso di mettere in scena le morti improvvise dei personaggi presenti in campo.
Le persone che vengono toccate dai raggi disintegratori non hanno infatti il tempo di fare nulla, ritrovandosi disintegrati senza nemmeno rendersene conto.
Vi è quindi una propensione nel mostrare una serie di morti identiche una dietro l'altra, quasi come a depersonalizzare l'idea stessa di umanità in rapporto all'organismo alieno che comanda la tremenda macchina di distruzione che ha il potere di decidere le sorti di tutti gli esseri viventi. Per gli invasori non siamo altro che insetti insignificanti da debellare nella maniera più semplice possibile.
Ci troviamo in questo modo di fronte a un'umanità indifesa alle prese con avversari molto più avanzati tecnologicamente. Il confronto diventa così da subito impari, ponendo di fatto gli stessi Tripodi come entità con cui non è possibile mediare, dialogare e né tantomeno combattere, lasciando come sola e unica alternativa la fuga disperata verso una non così semplice salvezza.
Fuga che diventerà la base dell'intero film visto che Ray, seppur ovviamente sconvolto a livelli inimmaginabili, proverà con tutte le sue forze a proteggere la propria famiglia da una minaccia virtualmente imbattibile.

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