Speciale La Città Incantata

La recensione del dvd in wide steelpack edition de La Città Incantata

Speciale La Città Incantata
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264,869,236 e 231,710,455. Questa sfilza di cifre non scappa fuori da una puntata di Lost e non rappresenta chissà quale segreto o nodo gordiano. Molto più semplicemente, sono i milioni di dollari incassati worldwide da "La Città Incantata" e "Il Castello Errante di Howl" ai quali dobbiamo aggiungere i circa 173,000,000 di "Ponyo sulla Scogliera". Il maestro dell'animazione Hayao Miyazaki, non è certo un regista avvezzo alla raccolta di bruscolini. Le sue opere, nonostante la stratificazione semantica e la ricchezza dei contenuti, sono prodotti popolari nell'accezione più nobile che possiamo dare a quest'espressione. Raggiungono in maniera diretta le platee, senza per questo andare a svilire il loro impianto artistico e contenutistico per il semplice fatto che, come diretta dipendenza di questa "stratificazione," sono accessibili in maniera diversa dalle varie fasce di pubblico.
"La Città Incantata", uscito in Giappone nel 2001 e a seguire nel 2002 e nel 2003 nel resto del mondo, rappresenta una chiave di volta nella carriera di Hayao Miyazaki, tanto sotto il profilo della gratificazione personale (il film ricevette il Premio Oscar come miglior pellicola d'animazione), quanto dal punto di vista delle tematiche; è un'opera capace di ricollegarsi naturalmente e fluidamente alla sua recherche intellettuale, ma, al contempo, perfettamente in grado di conglobare ed ampliare la visione del mondo propria del Maestro, emersa con veemenza tramite i suoi precedenti capolavori come "Nausicaä dalla valle del vento" (Kaze no Tani no Nausicaä), "Laputa il Castello nel Cielo" (Tenku no shiro Laputa), "Il Mio Vicino Totoro" (Tonari no Totoro), "Kiki - Consegne a domicilio" (Mojo no Takkyūbin), "Porco Rosso" (Kurenai no Buta) e "La Principessa Mononoke" (Mononoke Hime).
Il travaglio che ha portato alla luce questo che può essere tranquillamente etichettato come un capolavoro, non è stato dei più semplici.
Hayao Miyazaki, noto per il suo stakanovismo ai limiti della sopportazione e tollerabilità psico-fisica che esige anche dal suo staff, stava addirittura meditando il ritiro dopo La Principessa Mononoke. Tuttavia, alcuni eventi di differente natura, lo portarono a rivedere questa decisione: da una parte lo strepitoso successo conseguito dal film, dall'altra la morte di Yoshifumi Kondo, suo erede artistico designato, regista di "Sussurri del Cuore" (Mimi wo Sumaseba), scomparso nel 1998 a soli 38 anni a causa di un aneurisma, forse causato proprio dagli eccessivi carichi di lavoro imposti dallo studio.
Miyazaki quindi, in seguito a questi due accadimenti,si rimette al lavoro, dopo aver tentato senza fortuna di adattare il racconto per bambini "Il Meraviglioso Paese Oltre la Nebbia" (Kirino Mokouno Fushigina Machi), una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie in salsa nipponica realizzato dalla scrittrice Sachiko Kashiwaba.
L'insuccesso creativo, lo conduce all'elaborazione di una vicenda nella quale i toni Carrolliani restano comunque forti, marcati, ma che fa anche tesoro delle sue memorie infantili, dei suoi trascorsi umani e letterarie.
La Città Incantata comincia così a delineare i propri contorni ammantati di magia e mistero e il mondo del cinema si prepara ad annoverare un nuovo goiello all'interno del suo dorato scrigno.

Al cospetto di Yubâba.

La piccola Chihiro è diretta, insieme ai suoi genitori, verso la loro nuova abitazione. Un trasloco doloroso, che ha costretto la bimba a dire addio a tutti i suoi amici. Tutto quello che le resta dei suoi adorati compagni è un mazzo di fiori, accompagnato da un bigliettino benaugurale per il suo spostamento. Ad un tratto, suo padre, alla guida della vettura, s'avventura per quella che pensa essere una scorciatoia, ma che si rivela un viottolo sconnesso che termina di fronte ad un bizzarro tempio il cui ingresso è "sorvegliato" da una statua votiva dalla doppia faccia e dal sorriso enigmatico.
I due decidono di entrare, malgrado le lamentele di una spaventatissima Chihiro e si ritrovano in una grande landa verdeggiante sulla quale sorge quello che a prima vista pare essere un parco giochi in disuso. Attratti dal profumo di prelibate leccornie, il papa e la mamma della piccola, si dirigono verso un ristorante che, malgrado lo stato di abbandono del luogo, ha un bancone pieno zeppo di prelibatezze di ogni tipo. Chihiro, sempre più spaventata, implora ai suoi di tornare alla vettura, ma le preghiere restano disattese e così, mentre gli adulti si rimpinzano lo stomaco, lei si dirigeverso un ponte che conduce ad un enorme palazzo. E' qui che incontra un misterioso ragazzo che l'esorta ad andarsene oltre il fiume prima che faccia buio! Terrorizzata, Chihiro si dirige verso il ristorante per avvisare I suoi genitori, mentre tutto intorno a lei, le strade della città vanno popolandosi di creature rarefatte ed evanescenti. Arrivata a destinazione, con orrore, li scopre tramutati in maiali! Come se non bastasse, si accorge di diventare sempre più invisibile mano a mano che pass ail tempo. Viene raggiunta dal giovane di prima, che le dice di conoscere già il suo nome e presentandosi poi col nome di Haku. Questi l'esorta a mangiare una piccola bacca asserendo che l'unico modo per non scomparire e assimilare un alimento del luogo. Le spiega inoltre che l'unico modo per salvare i genitori ,tornare nel suo mondo e non diventare a sua volta una bestia, sarà lavorare nel centro termale della terribile strega Yubaba, l'unica in grado di concedere a lei e ai suoi la possibilità di lasciarsi alle spalle la Città Incantata.

Nella Città Incantata

Parlavamo, in apertura di articolo, di toni carrolliani. Per quanto strano possa sembrare parlare di Lewis Carroll in un articolo riguardante un lavoro del geniale Miyazaki, in realtà non dovreste stupirvi più di tanto. Quella del maestro di Ghibli Studio è un arte che vive di sincretismi culturali capaci di mixare il patrimonio dell'oriente e dell'occidente, emblematico esempio di quel conflittuale rapporto con le proprie radici del Giappone post-seconda guerra mondiale.
"La scelta di avere dato corpo ad una fantasia ambientata in Giappone ha un significato ben preciso. Anche se si tratta di una fiaba, non volevo fare una favola all'occidentale, piena di scappatoie rassicuranti. Questo film può sembrare la simulazione di un mondo inedito, ma in realtà mi sono ispirato in linea diretta ai racconti di una volta come Suzume no Oyado o Nezumi no Goten (...) Tuttavia, devo aggiungere che accontentare di crearsi un universo in miniatura, affollato di elemtni tradizionali presi dal folklore, avrebbe dato veramente prova di un'immaginazione limitata. I bambini, assediati dall'hitech, da oggetti effimeri, perdono le loro radici. Possediamo una tradizione straordinariamente ricca, tradizione che abbiamo il dovere di trasmettere loro. Penso che bisogna introdurre in un racconto moderno delle idee tradizionali, come incastonando un frammento in un mosaico splendente. Il mondo del cinema possiederà così una forza di seduzione nuova. Al tempo stesso, mi rendo conto ancora una volta che noi giapponesi restiamo degli isolani. In un'epoca senza frontiere, gli uomini che non possiedono un loro luogo d'origine saranno disprezzati. Un luogo singifica un passato, una storia. Penso che gli uomini che non hanno storia ed I popoli che hanni dimenticato il loro passato siano destinati a sparire come qualcosa di precario, o ad essere trasfrormati in galline fatte per deporre uova in attesa di essere mangiate" (Miyazaki in Nausicaa.net traduzione di Alessandro Bencivenni in "Hayao Miyazaki, il Dio dell'anime" ed. Le Mani, un libro estremamente prezioso per la stesura di questo articolo). Quindi, accanto alle classiche tematiche ricorrenti del cinema di Miyazaki, prima fra tutte quella ambientali, e alcuni stilemi classici dell'autore, come ad esempio la mancanza di na netta contrapposizione fra buoni e villain, l'attenzione viene posta principalmente sull'importanza del recupero delle proprie radici, della lotta alla globalzzazione che annichilisce le diversità, impoverisce il linguaggio. L'oralità, la parola, sono del tutto spodestate dalla predominanza della visione. Non è un caso che Yubaba, per controllare i propri servitori, rubi il loro nome. La piccola Chihiro,per riappropriarsi del proprio io, deve prima reimpossessarsi del suo nome. Nell'intervista citata in precedenza Miyazaki afferma che "la parola è una forza. Nel mondo dove Chihiro si è smarrita, il fatto di pronunciare una parola costituisce un atto dal peso determinante (...) Oggi la parola ha una inconsistenza senza limiti: si può dire qualsiasi cosa, tanto la parola viene percepita come una cosa vuota". Con la nuova mitologia fantastica di "La Città Incantata" Hayao Miyazaki prosegue nella strada che conduce al recupero dell'identità culturale del suo paese attravreso il racconto della perdità e della riconquista di sé della piccola protagonista. Curioso poi notare come in un certo qual modo esistano al contempo dei palesi legami e differenze con "Tonari No Totoro": la presenza delle divinità scontoiste, i Kami, gli spiriti della natura, dei piccoli nerini della polvere (Susuwatari) che stanno all'interno della fucina di Kamaji. Al contrario, le istanze genitoriali sono ora viste in dimensione profondamente antitetica: partecipi degli eventi fantastici delle due bimbe in Totoro, quanto avidi e disinteressati in La Città Incantata.
La Città Incantata è forse il punto più alto della poetica fertile e contradditoria di un autore diviso fra oriente ed occidente, progresso e tradizione; autore che è ancora poco conosciuto in Italia, nonostante l'amore viscerale nutrito nei suoi confronti dagli amanti del cinema (e non di quella manica di fighetti radical-chic che si sono accorti della sua esistenza solo dopo le sue partecipazioni a festival e ai premi ricevuti).
"Credo che apparteniamo entrambi alla stessa scuola. Condividiamo lo stesso rigore e lo stesso gusto per le storie umane su grande scala. Tuttavia, provo un certo fastidio quando I critici accomunano I nostri lavori. Non si può sminuire l'importanza dell'opera di Miyazaki paragonadola alla mia"
Akira Kurosawa.

In Home Video.

Universal detiene i diritti di distribuzione italiana de "La Città Incantata". Inizialmente il film venne distribuito in un'edizione a disco singolo, correva l'anno 2003. Nel 2009, venne pubblicata un'edizione in doppio disco in confezione digipack in doppio disco. Come spesso accade con le pellicole d'animazione giapponesi, l'unico extra presente era lo storyboard integrale del film situato nel disco 2. In breve tempo, è finito fuori catalogo, ma ora Universal Italia lo ha di nuovo posizionato sul mercato in un'elegante formato wide-steel pack dal prezzo consigliato di 12.90 euro. Curiosamente, anche in questa nuova veste metallica, la fascetta riporta lo stesso errore di quella in digipack in cui la presenza dell'audio italiano in DTS non viene segnalata. La qualità audio e video è davvero ottima e, con la complicità del prezzo budget, è davvero un'occasione da non farsi sfuggire.

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