Kate & Leopold, Hugh Jackman e Meg Ryan in un amore tra i secoli

Nel 2001 James Mangold firma una gradevole commedia romantica in cui neanche il tempo può scalfire l'amore tra i due protagonisti.

Kate & Leopold, Hugh Jackman e Meg Ryan in un amore tra i secoli
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Esiste la possibilità che un nobile, vissuto sul finire del diciannovesimo secolo, e una donna in carriera incrocino le loro strade? E che il Wolverine cinematografico incontri la allora fidanzatina d'America? Grazie alla vie infinite della Settima Arte tutto è ovviamente possibile ed ecco che nel 2001 questa eventualità si verifica in una commedia romantica che a suo tempo ebbe un discreto riscontro di pubblico, sempre pronto a sognare di fronte a storie apparentemente impensabili ma rese reali grazie alla magia del grande schermo.
Molti di voi avranno già capito il film in questione, ossia quel Kate & Leopold che ormai vent'anni fa riunì per la prima e unica volta Hugh Jackman, reduce dal successo degli X-Men, e Meg Ryan, da sempre volto amatissimo dal pubblico d'Oltralpe. Ma cos'ha questo prodotto a tratti ingenuo e sgangherato per attirare così tanto la nostra attenzione? Scopriamolo insieme.

A spasso nel tempo

La premessa non è certo delle più originali e anzi semplifica fin troppo le leggi e le dinamiche dietro la possibilità di viaggiare nel tempo. Proprio questa mercificazione delle regole scientifiche impedisce alla trama di essere del tutto credibile e alcuni passaggi risultano parzialmente forzati, togliendo in parte verosimiglianza all'intero costrutto narrativo.

Non è certo qui, dietro dettagli tecnici ostici ai più, che bisogna apprezzare la dolcezza e l'ironia di un'operazione che prova a giocare le sue carte comiche su parecchie gag che hanno a che fare con l'arrivo di Leopold in una realtà per lui del tutto nuova. Se il suo ambientamento nell'arco di pochi giorni risulta fin troppo rapido, i primi momenti di spaesamento lasciano campo aperto a spassose risate, che poi si ripeteranno a fasi alterne durante il corso della visione.
Il racconto inizia nel 1886, il giorno dell'inaugurazione del ponte di Brooklyn. Leopold, terzo duca di Albany prossimo a un matrimonio non voluto, sta assistendo alla cerimonia quando nota uno strano individuo che sembra pedinarlo. Quando poi lo ritrova in casa sua la sera del ballo nel quale sarà annunciata la futura sposa, decide di seguirlo per comprendere chi sia e durante l'inseguimento cade insieme a lui in acqua da un'altezza considerevole.

Invece di morire, si risveglia nella stanza dello stalker ai giorni nostri, in un mondo per lui tutto nuovo. Chi lo ha coinvolto in quell'assurdo viaggio temporale è l'eccentrico Stuart, vittima poco dopo di un incidente in ascensore che lo terrà in ospedale diversi giorni, ma Leopold ha solo una settimana per poter far ritorno alla sua epoca. Contro ogni previsione sarà Kate, fidanzata del ferito, a occuparsi di lui, nonostante non creda per nulla alla sua storia.

Una pausa rilassante

Mangold, anche autore della sceneggiatura e reduce dal successo di due grandi cult come Cop Land (1997) e Ragazze interrotte (1999), opta qui per toni molto più leggeri e si prende una pausa dalle venature drammatiche che avevano caratterizzato i suoi precedenti lavori.

I tempi per la commedia risultano ancora imperfetti ma riesce a tirar fuori delle sortite ispirate, delle fiammate che riaccendono ben presto quell'interesse che rischiava di andare scemando. In particolar modo le sequenze più noiose e scontate sono quelle che riguardano i tentativi di approccio da parte del capo di Kate, che le promette promozioni varie con uno scopo ben preciso.
Fortunatamente Kate & Leopold si riprende quando scatena brio e inventiva, come nella scena a cavallo che rimanda pur brevemente a un cinema cappa e spada, l'inseguimento iniziale di un cane scatenato e, soprattutto, la gestione del cosiddetto "terzo incomodo".
Anche se appare per un tempo più limitato rispetto ai colleghi, la performance di Liev Schreiber nei panni dell'eccentrico Stuart è di quelle da incorniciare, tanto che un Oscar come miglior attore non protagonista non sarebbe poi stato così ingiusto.
Meno incisiva invece la prova di Breckin Meyer nei panni del fratello, aspirante attore, di Kate, troppo urlata per risultare adatta alle atmosfere quiete e placide che permeano il tutto.

Un mix che funziona

Divertimento e romanticismo in egual misura e, se si esclude qualche passaggio a vuoto, l'insieme funziona in maniera abbastanza equilibrata. Osservare i cambiamenti d'abito di Jackman, elegantissimo nelle vesti in costume che gli calzano a pennello come fosse un vero damerino dei tempi, e i sorrisi di una Meg Ryan sempre amabile rendono le quasi due ore di visione un piacevole divertissement, da non prendere troppo sul serio ma da godersi per quello che è, coi suoi pregi e coi suoi pur evidenti difetti.

In particolar modo molte delle scene che vedono la protagonista femminile in solitaria appaiono costruite a tavolino, ma è difficile rimanere impassibili davanti a quell'epilogo che ci insegna come l'amore sia realmente in grado di superare qualsiasi ostacolo e difficoltà, anche le soglie del tempo stesso.

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