Johnny Depp vs Amber Heard, né vittoria né sconfitta

Strascichi e conseguenze della fine dell'inizio del primo vero processo "social" nel mondo dell'entertainment e dello showbitz.

Johnny Depp vs Amber Heard, né vittoria né sconfitta
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Dita mozzate, escrementi sul letto, cani che calpestano api, alcool, droga, violenza, bugie. Il processo per diffamazione tra Johnny Depp e Amber Heard è stato il più discusso e seguito di sempre sui social, forse prima vera causa da web 3.0 che ha messo a nudo e alla sbarra davanti agli occhi del mondo due talent hollywoodiani d'indubbio star power. Non il primo in cui gli ex-coniugi si sono affrontati sul tema della diffamazione (ricorderete il processo al The Sun) ma quello dove Depp ha deciso di puntare direttamente il dito contro la Heard, chiedendo 50 milioni di risarcimento per i danni subiti dalle sue dichiarazioni sui giornali americani. Dopo 8 settimane di processo, tra prove e testimonianze a volte anche al limite dell'assurdo, giudice e giuria della corte di Fairfax County, in Virginia, hanno deciso di dare ragione all'interprete di Jack Sparrow, imponendo ad Amber Heard di versare 15 milioni di dollari all'ex-marito per averlo diffamato pubblicamente.

Al contempo è stata decretata l'accusa di diffamazione minore ai danni della Heard anche da parte di Depp, costretto a sua volta a pagare all'attrice 1 milione di dollari. Di fatto, la vittoria in termini processuali e anche mediatici è tutta dell'attore, nonostante i legali della Heard stiano già lavorando all'appello e l'attrice sia impossibilitata a versare i 10 milioni di dollari all'ex-marito, non disponendo di tale cifra (Johnny Depp forse rinuncerà al risarcimento) . Il problema che sorge è legato però alle conseguenze e agli strascichi culturali e di settore connessi alla causa, che già stanno dimostrando come una semplice azione legale del singolo, non poi correlata di per sé a un discorso più ampio, possa creare pruriginosi riverberi e tifoserie in verità ingiustificabili, soprattutto se inseriti come fatto in un conteso molto più generale che va a toccare criticità ben più gravi di una diffamazione.

La prima battaglia

Gli editoriali post-vittoria di Depp si sprecano. C'è chi, come il Guardian, ha intrapreso una battaglia giornalistica massiccia e furente sull'inadeguatezza del processo, troppo esposto ai riflettori mediatici, fin troppo pieno d'ingerenze involontarie dall'esterno, dalla pressione pubblica, tra social network e piattaforme di vario genere.

Altri quotidiani di settore sono stati meno rigidi e più conformi anche editorialmente alla decisione della corte, ma di fatto è in primis la stampa a portare avanti una battaglia di parte (chi per una, chi per l'altra) che in contesto lede non poco al punto di vista dei lettori, polarizzandoli. Scontato che in un processo ci siano vincitori e vinti, ma è altrettanto vero ed esasperante constatare come l'appoggio mediatico e fanatico all'uno e all'altro crei solo confusione e danno. Innanzitutto, è doveroso sottolineare come le accuse mosse dalla Heard ai danni di Depp risalenti al 2017 abbiano trovato valida e firmata conclusione legale nel loro divorzio, sottoscrivendo anche un accordo privato che avrebbe dovuto mettere la parola fine alla questione: da un lato per proteggere l'immagine di Johnny Depp, già al tempo in crisi; dall'altra per evitare proprio un ingigantimento della querelle fino ai livelli a cui poi si è arrivati, e questo anche a favore della Heard. Quest'ultima, però, ha rotto le clausole dell'accordo pubblicando un suo editoriale sulle pagine del Washington Post nel 2018, accusando Depp di essere in sostanza un violento. Da qui l'intera trafila, prima contro il The Sun, reo di aver pubblicato nello stesso periodo un articolo in cui l'attore veniva definito "picchiatore di mogli", e poi contro la stessa Heard per l'editoriale appena citato. Nel caso del The Sun, Depp è stato ritenuto responsabile di 12 dei 14 incidenti raccontati in processo.

Da quel momento, la sua carriera è entrata in stallo e la sua immagine ha subito un tracollo verticale all'interno dell'industria cinematografica, rendendolo quasi un reietto. La richiesta d'appello di Depp è stata persino rigettata dal giudice della High Court of Justice, decretando in sostanza la sua sconfitta. È in quel momento che la Heard ha cominciata a parlare di "vittoria per tutte le donne vittima di violenza" prima ancora che venissero a galla elementi contradditori nelle sue dichiarazioni e nei suoi movimenti.

Le tifoserie social e mediatiche erano già schierate nel novembre del 2020, quando la vittoria del The Sun è stata raccontata come emblema culturale della lotta agli abusi domestici, dando risalto al trionfo contingente della Heard. Ma il successo di una causa senza particolari prove addotte non può essere successo per un'intera battaglia più sana e femminista e sociale, anzi messa in cattiva luce dall'ostentazione forzata della stessa da parte dell'attrice.

Le giuste distanze

Un anno e mezzo dopo, il nuovo processo per diffamazione ha posto in risalto i chiaroscuri delle parti, chiarendo in realtà come esistano sfumature di grigio nell'immagine, nei racconti e nelle accuse pubbliche dell'intimità e della vita privata delle star. La profonda auto-colpevolizzazione di Hollywood - e stampa compresa - nell'aver "chiuso un occhio" davanti alle ripetute molestie sessuali di personaggi quali Harvey Weinstein (condannato) o Kevin Spacey (condannato) ha creato una sorta di cortocircuito morale per cui il principio del "innocente fino a prova contraria", in casi simili, non dovrebbe più avere senso di esistere.

Di base, e va detto, non c'è grande tutela a difesa delle persone abusate o molestate, che si tratti di eventi domestici o meno. O si denuncia nell'immediato o, se per paura o momentaneo diniego, si decide di non parlare, allora la legge nulla può fare dopo 10, 15, 20 anni dall'accaduto. Per questo motivo, in parte, il sistema mediatico americano ha deciso di schierarsi a priori dalla parte di chi decide di parlare delle presunte violenze subite, anticipando la legge nell'impalcare un processo ai danni dei vari accusati e generando fanatiche tifoserie in risposta a un problema molto più complesso a cui dare risposte dovrebbero essere i giudici, non la stampa.

È così che il processo Depp vs Heard si è lentamente trasformato agli occhi dei media e della massa come la battaglia campale tra abuso e coraggio di parlare, ignorando in contesto tutto ciò che molto più della storia dei due ha dato risalto sia agli innocenti accusati ingiustamente sia alle donne che hanno effettivamente subito gravi molestie e abusi, sessuali e domestici.

Pur mettendo in chiaro le relative posizioni e parlando delle presunte violenze e del loro tossico rapporto di coppia, con l'accusa intenzionata a sottolineare il ruolo d'istigatrice della Heard e la difesa a mettere in risalto il ruolo di vittima della stessa, va ricordato che il processo non era relativo a questo ma alla diffamazione, e proprio in virtù dell'accordo sottoscritto nel 2017 dai due. Non è possibile considerare la vittoria di una o la vittoria dell'altro sintomatiche di qualcosa di più grande, perché sarebbe strumentalizzazione mediatica di un racconto carico di perplessità per scagionare troppi uomini violenti o appoggiare a priori troppe bugie. Nella vittoria di Depp si nasconde solo il successo delle sua verità, a quanto pare considerate giuste e di risalto da giuria e giudici. Impensabile e ingiusto ampliare il discorso per considerarla vittoria dell'intero genere maschile, vittimizzando poi i reali colpevoli e perdendo di vista il cuore centrale della battaglia di tutti contro le vere violenze, i veri abusi. Culturalmente e socialmente parlando, non può essere nemmeno considerata la sconfitta di tutto il popolo femminista e femminile, non essendo di fatto la Heard l'esponente più credibile e di punta di una lotta ben più concreta e reale di quanto mostrato nella sede processuale di Fairfax. Il problema sorge a causa della grande fama dei personaggi e relative storie, senza contare poi l'argomentazione mediatica fin troppo esasperata del processo, ma la vittoria di uno non è e non deve essere giustificazione per molti né tanto meno disfatta per tutte.

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