Speciale James Wan - Lezione di horror

Il regista di Saw e Insidious ci racconta il suo cinema

Speciale James Wan - Lezione di horror
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A vederlo entrare in sala o passeggiare per le strade della capitale sembra semplicemente un ragazzino allegro e frizzante con il ciuffo sbarazzino e il sorriso facile. Difficile immaginarselo come il creatore di una delle saghe più spaventose degli ultimi anni, responsabile delle notti insonni e delle mani costantemente tenute a coprire gli occhi di milioni di spettatori in tutto il mondo. Ecco, si potrebbe dire che James Wan, almeno da questo punto di vista, è la dimostrazione che le apparenze ingannano. Strano a dirsi, ma anche in un ambiente apparentemente senza cronologia come quello in cui si svolge il Festival del cinema di Roma (credetemi, qui i giorni sembrano durare sempre in maniera sbagliata rispetto alla realtà!) è arrivata la sera di Halloween e quale modo migliore di festeggiarla se non con una lezione di horror tenuta proprio da Wan? Non vi resta che spegnere le luci, mettervi comodi e ascoltare (beh, in questo caso leggere) cosa il padre di Jigsaw ha da raccontare a una platea che non vede l'ora di lasciarsi spaventare a morte!

Dai tuoi film emerge questa fascinazione verso gli spazi chiusi: da dove deriva? Come mai questa ossessione per questi luoghi? È semplice: gli spazi chiusi non ti danno nessuna possibilità di fuggire e ti costringono a fare i conti quello che ti sta minacciando. Non è un caso che la claustrofobia sia molto diffusa.Sei nato il Malesia, hai origini cinesi, sei cresciuto in Australia ma vivi in America... come incidono tutte queste varie culture sulla tua arte?L'America è la patria della pop culture, quindi è normale che anche io sia cresciuto immerso da questa cultura, ammirando e vedendo in continuazione i film di Spielberg e Lucas. Crescendo però sono andato al di là di questa cultura e ho iniziato a esplorare tutte le altre, come quella giapponese dei manga e degli anime o quella del cinema italiano di Dario Argento e Lamberto Bava. Saw, in fin dei conti, è la mia personale versione di un film giallo.Il tuo modo di fare cinema si basa sulla costruzione di queste grandi scene di grande tensione prive di sangue. È un modo di raccontare che si avvale prettamente del linguaggio cinematografico...Sono convinto che la suspense sia l'ambientazione migliore per un film, perché ti permette di manipolare e impaurire lo spettatore. Puoi decidere di fare di lui quello che vuoi, ma non si tratta solo di horror. La stessa cosa vale per la commedia: corrono in senso parallelo e sono dei buoni prodotti solo se fanno ridere o spaventano sul serio. Semplificando all'estremo, Saw racconta la storia di un serial killer mentre Insidious quella di una casa infestata. Come si fa a non cadere nei clichè con delle storie così diffuse? È questa la sfida... e anche il divertimento! Se si ama il genere horror sicuramente si ha anche una grande conoscenza di esso e quindi si sa già tutto quello che è stato fatto precedentemente. Bisogna quindi trovare un modo per portare tutto questo a un livello diverso: la storia di per se rimane sempre la stessa, è il modo di raccontarla che cambia.Si dice che tu abbia inserito in Insidious delle esperienze che ti sono accadute realmente.Ehm... mentirò e dirò che ho vissuto in una casa infestata! (ride) La verità è che proprio perché cresciuto in un mix di culture diverse, ho sentito tantissime storie terrificanti che si raccontavano di famiglia in famiglia. C'era sempre qualcuno che conosceva qualcuno a cui era successo qualcosa di spaventoso. Ho solo pensato che mi sarebbe piaciuto vedere tutte queste storie in un film.Hollywood è un meccanismo molto complesso: come hai fatto a manipolarlo in modo che ti lasciassero dirigere Saw, un film basato su una tua sceneggiatura?Quando ho scritto Saw ero molto giovane e ingenuo. Ho scritto la sceneggiatura e ho pensato che io stesso potevo farne tranquillamente un film: bastava portarlo a Hollywood e poi sicuramente mi avrebbero lasciato dirigerlo e avrebbero permesso al mio amico Leigh di recitarci all'interno. È vero... ero giovane e ingenuo a pensarla in questo modo, ma è effettivamente quello che è successo. Siamo stati molto fortunati. Il consiglio che posso dare è quello di scrivere una sceneggiatura che sia originale, unica... e poi di fare quello che abbiamo fatto noi. Prendete una scena dello script e giratela voi stessi: questa diventerà il vostro biglietto da visita ed è il miglior modo di far vedere agli altri il vostro lavoro.Nei tuoi film e soprattutto in Insidious sei riuscito a ottenere il massimo degli effetti con il minimo dei mezzi. Come per esempio con l'uso di qualcosa di molto semplice come le fotografie...Insidious era nei miei pensieri da molto tempo, ma ho aspettato il momento giusto per realizzarlo. Tutti vivono all'interno di case e quindi è facile relazionare quello che succede nel film con l'esperienza personale. Per questo film mi sono rifatto molto a Carpenter, alla saga di Venerdì 13, a Spielberg: si tratta di film molto essenziali e ho voluto riportare questo elemento all'interno del mio lavoro.Tre dei personaggi principali di questo film sono donne...Nei film horror i personaggi femminili sono famosi per essere sempre le vittime. Eppure, in quei film dove alla fine muoiono tutti, se c'è qualcuno che sopravvive è sempre una donna! All'epoca di Saw in America è stata fatta un'indagine dalla quale è emerso che la fascia d'età su cui il film aveva più effetto era quella delle ragazze di 16 anni. Non so esattamente perché, forse perché fa loro credere che non hanno bisogno di un uomo per poter sopravvivere a una situazione di questo genere.Ormai sei qui a Roma da un paio di giorni. Che luogo sceglieresti per ambientare un film horror in questa città?Non mi verrebbe mai in mente di fare un horror ambientato a Roma. È una città talmente bella che finirei per girare un film alla Woody Allen... una specie di Midnight in Rome.

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