Speciale Incontro con Takashi Miike

Conferenze stampa con Takashi Miike svoltesi presso la Mostra d'arte cinematografica di Venezia 2010

Speciale Incontro con Takashi Miike
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Con oltre ottanta regie incluse nel proprio curriculum a partire dal 1991, anno in cui firmò Toppuu! Minipato tai - Aikyacchi Jankushon, il giapponese classe 1960 Takashi Miike è uno di quei volti quasi abituali della Mostra d'arte cinematografica di Venezia, dove lo abbiamo visto, tra l'altro, nel 2007, ai tempi del bizzarro Sukiyaki western Django che vedeva nel cast addirittura l'enfant terrible di Hollywood Quentin Tarantino.
A tre anni di distanza, con l'autore di Pulp fiction e Bastardi senza gloria impegnato a ricoprire il ruolo di presidente della giuria nell'ambito del prestigioso festival, Miike incontra la stampa, affiancato dagli attori Koji Yakusho e Takayuki Yamada, per presentare in concorso il film di samurai 13 assassins.

13 assassini per Takashi

Prova una certa emozione ad essere in concorso qui a Venezia?
Takashi Miike: Aspetto le reazioni degli spettatori con ansia, spero si divertano. Comunque, sono contento e molto onorato di trovarmi qui in concorso con questo film.
Tra l'altro, il film si rifà ad una pellicola diretta nel 1963 da Eichi Kudo che, a sua volta, s'ispirava a I sette samurai di Akira Kurosawa...
Takashi Miike: Avevo visto il film in dvd, ma a me, prima di tutto, interessava vedere come sarebbe stato un film dei nostri padri sotto un'altra ottica. In Giappone, poi, non si realizzano molti film in costume e la storia moderna e contemporanea, secondo me, non è insegnata come si deve ai giovani, che non sanno neanche come vivevano i loro padri e i loro nonni. Sono molto interessato a far conoscere ai giovani il loro passato e le loro tradizioni.
Come era radicato il senso dell'onore nel passato? E come lo è oggi?
Takashi Miike: In Giappone, tutti credono di essere unici, ma non è così: la forma è cambiata e l'onore, forse, si è trasformato in orgoglio. Quindi, è un valore che, sicuramente, si è un po' perso.
Come è stato girare le scene di azione per i due interpreti?
Koji Yakusho: I ciak sono durati venti giorni e mi sono anche ferito due volte, ma nulla di grave (ride).
Takayuki Yamada: Nel film io interpreto il leader e volevo che la mia figura fosse quella di un buon capo carismatico, perché i dodici assassini mi affidano le loro vite. Si è trattato della mia prima esperienza in un film in costume, per di più con le spade. Un'esperienza bellissima!
Come avete lavorato per la sequenza della battaglia finale?
Takashi Miike: E' stata una sequenza molto complicata, anche perché da noi non è facile trovare cavalli e cavalieri adatti a fare i film, quindi abbiamo battuto infiniti ciak e coinvolto moltissime maestranze.

Il supereroe zebrato in Mostra!

Ma, presso l'edizione di Venezia 2010, il regista di Audition e Ichi the killer è presente, fuori concorso, anche con Zebraman 2: Attack on Zebra City, sequel del suo Zebraman che, datato 2004 e ironicamente incentrato su un goffo supereroe, viene riproposto per l'occasione sugli schermi del lido. Ovviamente, c'è stato modo d'incontrarlo in conferenza stampa anche per parlare di questo bizzarro dittico.


Parliamo un po' del personaggio di Zebraman...
Takashi Miike: Quando ero bambino, Zebraman era un eroe per ragazzi molto popolare e sul quale, oggi, vorrei continuare a lavorare, approfondendolo.
Quanto c'è in Zebraman della moderna società giapponese?
Takashi Miike: Penso che in Giappone alcuni adulti siano in realtà dei bambini cresciuti, quindi ho cercato di inserire questa mia sensazione nel film, storia pacifica che rappresenta la società odierna.
Questa seconda pellicola dedicata a Zebraman contiene molta satira...
Takashi Miike: Ho fatto questa seconda pellicola per chiudere la serie. Non sono sicuro di quanta satira ci sia, ma, se c'è, è soprattutto grazie al lavoro svolto dallo sceneggiatore Kankuro Kudo.
Quindi, come ha lavorato con lo sceneggiatore?
Takashi Miike:
Il rispetto per me è la base di un buon rapporto con i collaboratori, quindi, cerchiamo di rispettarci e di confrontarci, senza voler capirci a tutti i costi ed essere necessariamente grandi amici. Kankuro Kudo, tra l'altro, è anche un apprezzato regista e attore, quindi, era importante tenere distinte le nostre sensibilità.
Nel suo cinema è spesso presente l'immagine della famiglia disgregata...
Takashi Miike: Con la crescita, la famiglia che immaginiamo quando siamo piccoli scopriamo che non esiste, perché ognuno di noi è spinto a soddisfare le proprie esigenze e oggi questo è sempre più possibile. Prendiamo come esempio il televisore: un tempo ce ne era uno solo in ogni casa, adesso ve ne è praticamente uno in ogni stanza.
La frase "Zebraman non è solo un eroe, ma crede nei propri sogni" è una frase emblematica del suo lavoro?
Takashi Miike: In Zebraman, se ci credi il tuo sogno si avvera, mentre nella realtà, una volta diventati adulti, scopriamo che ciò non è sempre vero, anche se continuiamo ad aggrapparci ad un sogno anche quando le possibilità sono poche. Probabilmente, il messaggio non riguarda tanto il far sì che il sogno si avveri, ma continuare a crederci.

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