In bocca al lupo...mannaro!

Tutti i film su i lupi mannari in un unico speciale

In bocca al lupo...mannaro!
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Sugli espositori delle videoteche possiamo notare un'infinità di recenti inediti cinematografici del calibro di Blood and chocolate (2007) di Katja von Garnier, incentrato su una società segreta di lupi mannari, il metaforico Wolves of Wall street (2002) di Dave DeCoteau, il televisivo L'ora del licantropo (2008) di Brenton Spencer, con Kevin"Hercules"Sorbo, e Skinwalkers-La notte della luna rossa (2006) di James Isaac, interpretato dalla Rhona Mitra di Doomsday-Il giorno del giudizio (2008); mentre sul grande schermo attendiamo con ansia, per il febbraio 2010, l'arrivo di Wolfman di Joe Johnston, con Benicio Del Toro impegnato a ricoprire il ruolo di Lawrence Talbot, il licantropo più famoso della storia della celluloide.
Come testimoniano anche i bellocci palestrati da luna piena visti in The Twilight saga: New moon (2009) di Chris Weitz e la lotta tra i pelosissimi Lycans e gli aristocratici succhiasangue Death dealers raccontata nella trilogia Underworld, sembra proprio che, negli ultimi tempi, sia tornato a farsi cinematograficamente vivo un certo interesse nei confronti della apparentemente trascurata figura del licantropo, a suo modo presente in campo letterario già nel Satyricon di Petronio e nel passo della Bibbia riguardante il re Nabucodonosor, trasformato in una sorta di creatura lupina a causa della sua vanità.
Apparentemente perché, come i ben informati sapranno, al di là delle sue apparizioni nel burtoniano Nightmare before Christmas (1993) di Henry Selick e nel pessimo Van Helsing (2004) di Stephen Sommers, il mostro delle notti di plenilunio ha avuto non poche occasioni per manifestarsi sullo schermo negli ultimi due decenni, soprattutto in b-movie e produzioni straight to video, dal film-tv House of Frankenstein (1997) di Peter Werner al riuscito horror ad episodi Trick ‘r treat (2007) di Michael Dougherty, tra i cui finanziatori c'è Bryan"I soliti sospetti"Singer.

L'invasione degli ultralupi

Anche l’americano Andy Milligan, tra i peggiori registi della storia del cinema, ha avuto modo di dire la sua sull’universo dei lupi mannari. Infatti, se in Blood (1974) mise insieme il figlio di Larry Talbot e la figlia di Dracula per fargli coltivare una pianta carnivora, in The rats are coming! The werewolves are here (1972) - intitolato in Italia L’invasione degli ultratopi - raccontò le vicissitudini di una famiglia di licantropi nell’Inghilterra del XIX secolo. Le pantegane del titolo, in realtà, sono presenti solo in una scena che vede protagonista un’allevatrice di topi, aggiunta dal caro vecchio Andy dopo il successo ottenuto da Willard e i topi (1971) di Daniel Mann.

...e la luna (piena) bussò!

Senza contare le innumerevoli comparsate nei vari film di Dracula e simili, possiamo tranquillamente individuare il primo vero lupo mannaro cinematografico ne Il segreto del Tibet (1935) di Stuart Walker, storia di un dottore che, tornato a Londra dopo essere stato aggredito e morso da un licantropo, sulle montagne himalayane, durante la ricerca di un fiore che sboccia solo nelle notti di luna piena, finisce per diventare a sua volta un uomo lupo.
Anche se, già ai tempi del muto, la celluloide aveva detto la sua sull'argomento tramite lo short The werewolf (1913) di Henry MacRae e i lunghi (o medi, visto che siamo quasi sempre sull'ora scarsa di pellicola) The wolf man (1915) di Paul Powell, The wolf man (1924) di Edmund Mortimer e Wolf blood (1925), diretto a quattro mani da George Chesebro e Bruce M. Mitchell.
Ma, sotto produzione Universal, fu L'uomo lupo (1941, nella foto) di George Waggner a portare sullo schermo la figura di Larry Talbot, con le fattezze del Lon Chaney jr che, divenuto famoso proprio grazie a questo personaggio, lo interpretò in non poche altre occasioni, dal cross-over Frankenstein contro l'uomo lupo (1943) di Roy William Neill alla parodia con Gianni e Pinotto Il cervello di Frankenstein (1948) di Charles Barton; passando per Al di là del mistero (1944) e La casa degli orrori (1945), accoppiata di titoli firmati da Erle C. Kenton che radunano in un'unica vicenda Dracula, Frankenstein e il licantropo.
Soltanto i primi esempi di werewolf-movie, cui andarono progressivamente ad affiancarsi Il mostro pazzo (1942) di Sam Newfield, il drammatico francese Il lupo dei Malasorte (1942) di Guillaume Radot e le versioni al femminile della creatura proposte in Cry of the werewolf (1944) di Harold Levin e She-wolf of London (1946) di Jean Yarbrough.
Senza contare The undying monster (1942) di John Brahm, ambientato in Cornovaglia al tempo delle Crociate, l'egiziano Haram alek (1953) di Essa Karama, un quasi-remake del citato Il cervello di Frankenstein, Il mostro della California (1956) di Fred Sears, bene o male fedele alle vicende di Talbot, e How to make a monster (1958) di Herbert L. Strock, con il Teenage Frankenstein e il Teenage Werewolf protagonisti.

Teneri lupacchiotti?

Fu infatti negli anni Cinquanta che, grazie al genio del produttore Herman J. Cohen, fiorì il filone dei mostri adolescenti, il quale, tra un La strage di Frankenstein (1957) di Strock e un Teenage zombies (1958) di Jerry Warren, sfornò anche I was a teenage werewolf (1957) di Gene Fowler jr, con giovane liceale finito in crisi di licantropia a causa di un siero iniettatogli dal suo psichiatra.
Praticamente il lungometraggio a cui, quasi trent'anni dopo, s'ispirò Voglia di vincere (1985, nella foto) di Rod Daniel, con un Michael J. Fox pre-Ritorno al futuro (1985) nei panni di uno studente i cui successi a scuola e nella squadra di basket arrivano proprio in seguito alla scoperta della sua segreta identità di uomo lupo, dovuta ad un fattore ereditario. Fattore ereditario che coinvolse anche il cugino interpretato da Jason"Tra le nuvole"Bateman nel meno riuscito Voglia di vincere 2 (1987) di Christopher Leitch, con la boxe al posto della pallacanestro.
Un dittico che, però, venne in realtà anticipato diversi anni prima, nelle tematiche, da Full moon high (1981) di Larry Cohen, anche conosciuto come Che fatica essere lupi, poco divertente commedia con un giovane Adam Arkin conteso tra il football e le sue improvvise trasformazioni in lupo, conseguite ad un tragico viaggio in Romania.
D'altra parte, come testimonia anche la loro presenza già ne Il villaggio incantato aka Nel paese delle meraviglie (1934) di Gus Meins e Charley Rogers, interpretato da Stan"Stanlio"Laurel e Oliver"Ollio"Hardy, l'ironia non è mai stato un elemento troppo distante dalla figura dei lupi mannari.
In relazione all'argomento, infatti, qualcuno ricorderà sicuramente il non molto esaltante Una notte in Transylvania (1985, edito in dvd con il suo titolo originale Transylvania 6-5000) di Rudy De Luca, collaboratore di Mel Brooks, o il riuscito Scuola di mostri (1987) di Fred Dekker, nel quale uno dei giovani membri della squadra acchiappamostri protagonista, alle prese con i mitici monsters della Universal, tira perfino un calcio nei testicoli al licantropo per difendersi. Per una trama che ricorda sotto certi aspetti anche il recente Necroville (2007) di Billy Garberina e Richard Griffin, con due amici che finiscono a lavorare per una compagnia impegnata a sterminare zombi, vampiri e lupi mannari; titolo che chiude questa carrellata riguardante il legame tra humour e licantropia, al cui interno, però, meritano la citazione anche The werewolf of Washington (1973) di Milton Moses Ginsberg, sul caso Watergate, Cursed-Il maleficio (2005) di Wes Craven, lo spagnolo El liguero magico (1980) di Mariano Ozores, con omo lupo (!!!), e La mamma è un lupo mannaro! (1989) di Michael Fischa.

Le notti dei licantropi

E rimaniamo proprio in tema di genitori con Mai con la luna piena (1973) di Nathan Juran, riguardante un ragazzino convinto che il padre, aggredito da un uomo lupo, sia a sua volta affetto dalla stessa malattia della creatura poi uccisa.
Soltanto uno dell'infinità di werewolf-movie che, ancora legati più alla vecchia tipologia di pelose mutazioni che agli innovativi effetti speciali subentrati solo negli anni Ottanta, tempestarono il ventennio 1960-1980, aperto dal messicano La casa del terror (1960) di Gilberto Martinez Solares, con Lon Chaney jr di nuovo nei panni del licantropo, e chiuso da Wolfman (1979) di Worth Keeter III, ambientato nella Georgia del 1910.
Ventennio che ci ha regalato il mix di licantropia e vampirismo alla base di Crypt of the living dead (1972) di Ray Danton e la produzione inglese Hammer L'implacabile condanna (1960, nella foto) di Terence Fisher, con Oliver Reed lupo mannaro nella Spagna del XVIII secolo.
Mentre la Amicus incluse il tema in uno dei cinque episodi del memorabile Le cinque chiavi del terrore (1964) di Freddie Francis; interpretato, tra gli altri, dal mitico Peter Cushing che non solo venne riutilizzato dal regista in Legend of the werewolf (1975), con ragazzo cresciuto tra i lupi e spinto da istinti bestiali nelle notti di luna piena a Parigi, ma fu anche nel cast de La notte del licantropo (1974) di Paul Annett, incentrato su un gruppo di persone radunate in una villa isolata e tra le quali si nasconde il mostro del titolo.
Titolo da non confondere con il televisivo La notte del lupo mannaro (1972) di Daniel Petrie, curiosamente simile, nella sua trama riguardante indagini su omicidi che sembrerebbero essere commessi da un uomo lupo, al successivo L'ululato del lupo (1974) di Dan Curtis, concepito sempre per il piccolo schermo; come pure il noioso L'uomo lupo (1978) di Bruce Kessler.
Anche se, al di là di una sequenza onirica presente in Providence (1977) di Alain Resnais, i film più curiosi del periodo furono tre: l'erotico House on Bare Mountain (1962) di Robert Lee Frost, con Dracula, Frankenstein e un lupo mannaro impegnati in un'orgia all'interno di un collegio femminile, La notte dei demoni (1971) di Michel Levesque, su Hell's Angels licantropi, e Devil wolf of shadow mountain (1964) di Gary Kent, horror western in cui un cacciatore finisce vittima della solita maledizione legata alla luna piena dopo aver bevuto dell'acqua da un'orma di lupo.

El hombre lobo!

E rimaniamo in ambientazione western con El charro de las Calaveras (1965) di Alfredo Salazar, proveniente dal Messico, dove, al di là della commedia Pepito y Chabelo contra los monstruos (1973) di José Estrada, era in voga il rozzo film di catch, con lottatori mascherati quali Santo e Blue Demon impegnati di volta in volta a fronteggiare mostri di diverso tipo. Tra cui, appunto, i lupi mannari, come accadde in Ladri di cadaveri (1957) di Fernando Méndez, Capulina contra los monstruos (1974) di Miguel Morayta, Santo vs las lobas (1976) di Rubén Galindo e Jaime Jiménez Pons, Santo el enmascarado de plata y Blue Demon contra los monstruos (1970) di Gilberto Martínez Solares e Santo y Blue Demon contra Dracula y el hombre lobo (1973) di Miguel M. Delgado.
Mentre in Spagna, dove una donna lupo fece la sua apparizione in Dracula contro Frankenstein (1972) di Jesus Franco e dove la licantropia è stata recentemente al centro de I delitti della luna piena (2004) di Paco Plaza, ha riscosso un notevole successo colui che possiamo tranquillamente considerare il Lon Chaney jr iberico: Jacinto Molina alias Paul Naschy, scomparso il 30 novembre 2009.
Molina, infatti, sotto la regia di Enrique López Eguiluz, portò sullo schermo, ne Le notti di Satana (1967), il personaggio dell'aristocratico polacco Waldemar Daninsky, il quale, ferito da un lupo mannaro resuscitato a cinquant'anni dall'uccisione, si trasforma a sua volta e si ritrova ad avere a che fare con marito e moglie vampiri.
Soltanto il primo film di una lunga serie proseguita con il fantomatico Las noches de l'hombre lobo (1968) di René Govar, in cui, a quanto pare, subentra uno scienziato pazzo, Operazione terrore (1969) di Tullio De Micheli, con alieni che riportano in vita i mostri della tradizione orrorifica, La furia de l'ombre lobo (1970) di José Maria Zabalza, nel quale Daninsky è alle prese con una dottoressa sua ex fiamma dedita ad esperimenti sul controllo mentale, e Le messe nere della contessa Dracula (1970) di Leon Klimovsky, che lo vede contro la vampira Wandesa.
Per poi continuare con il cross-over El doctor Jekyll y el hombre lobo (1971), sempre di Klimovsky, El retorno de Walpurgis (1973) di Carlos Aured, Il licantropo e lo yeti (1975) di Miguel Iglesias e El retorno del hombre-lobo (1981) dello stesso Molina; come pure il successivo La bestia y la espada mágica (1983), nel quale entrano in scena addirittura dei samurai giapponesi, e El aullido del diablo (1987), non appartenente alla serie, ma in cui il regista-attore interpreta diversi mostri, tra Frankenstein, Quasimodo, il fantasma dell'opera e il suo personaggio preferito. Personaggio preferito ripreso in Licántropo: El asesino de la luna llena (1996) di Francisco Rodríguez Gordillo e nello sciatto straight to video Tomb of the werewolf (2003) che, confezionato (parola grossa!) dal trasher americano Fred Olen Ray, vede i giovani lavoranti di un'emittente televisiva in cerca di un tesoro all'interno del castello di Daninsky.
Senza contare la commedia Buenas noches, señor monstruo (1982) di Antonio Mercero, con il buon vecchio Naschy sempre nella parte dell'uomo lupo.

Licantropia all'amatriciana

Tra l'altro, rientra nei film con hombre lobo anche Il castello dalle porte di fuoco (1971) di José Luis Merino, co-produzione tra Spagna e Italia; paese in cui i lupi mannari approdarono sullo schermo solo con Seddok, l'erede di Satana (1960) di Anton Giulio Maiano, tra esperimenti e ragazze sfigurate, e Lycanthropus (1961) di Paolo Heusch, ambientato in un istituto correzionale femminile.
D'altra parte, con ogni probabilità a causa dell'artigianalità da sempre alla base del nostro cinema di genere concepito con bassi capitali, la figura del licantropo, che necessita di accurati effetti speciali per quanto riguarda trucco e trasformazione, è stata frequentata molto poco dai cineasti dello stivale tricolore.
Nella ristretta varietà di titoli, ricordiamo La lupa mannara (1976) di Rino Di Silvestro, orchestrato tra splatter e porno-soft, l'orrendo Monster dog (1984) di Clyde Anderson alias Claudio Fragasso (anche se, in realtà, si tratta di una co-produzione tra USA e Spagna), con la rockstar Alice Cooper protagonista, e il fantasy Conquest (1983) di Lucio Fulci, nel quale il futuro boss della Lucky Red Andrea Occhipinti è impegnato in un viaggio volto alla distruzione del regno della malvagia Ocron, al comando di creature licantropiche.
Ma, mentre qualcuno, al di fuori dell'horror, potrà tirare in ballo Kaos (1984) di Paolo e Vittorio Taviani e il finale di Sogni d'oro (1981) di Nanni Moretti, non possiamo fare a meno di citare il trashissimo La croce dalle sette pietre (1987), diretto e interpretato dallo stesso Marco Antonio Andolfi che ne ha poi ripreso l'assurdo mix di camorra, ambientazione da sceneggiata napoletana ed effetti di trucco impossibili da definire tali nel mediometraggio-sequel Riecco Aborym (2007).
Menzione speciale, invece, per la credibile trasformazione da uomo a lupo realizzata da Sergio Stivaletti in totale economia all'interno di uno dei tre segmenti che costituiscono il suo I tre volti del terrore (2004).

Howling...at the moon!

Il vero nuovo corso all'interno del filone, però, venne lanciato da L'ululato (1981) di Joe Dante, tratto da un romanzo di Gary Brandner e riguardante, tra il comico e il raccapricciante, una giornalista con le fattezze di Dee Wallace Stone alle prese con una clinica i cui pazienti sono tutti licantropi. Nuovo corso lanciato in particolar modo dalla stupefacente e innovativa trasformazione per mano di Rob Bottin, che, con quell'impressionante viso che si allunga fino a diventare muso, ha cambiato una volta per tutte il concetto visivo di mutazione da uomo a lupo, pur dando vita ad una delle più lunghe e inutili saghe del cinema dell'orrore.
Infatti, entrambi diretti dal francese Philippe Mora, che sull'argomento aveva già detto la sua tramite The beast within (1982), seguirono il mediocre Howling II-L'ululato aka Howling-La stirpe dei dannati (1985), con Christopher Lee detective occulto in Transilvania per combattere la regina dei lupi mannari, e l'idiota Howling III: The marsupials (1987) che, mai arrivato in Italia, tira in ballo donne licantropo australiane fornite di marsupio, una delle quali fugge a Sydney per diventare attrice mentre il governo progetta di sterminare l'intera razza di creature della notte.
Per non parlare del soporifero Howling IV: The original nightmare (1988) di John Hough che, scopiazzando abbondantemente il capostipite, presenta l'unico motivo d'interesse nell'atipica trasformazione con liquefazione del corpo umano e successiva rinascita in forma di uomo lupo.
Leggermente meglio andò con Howling V-La rinascita (1989) di Neal Sundstrom, ambientato in un castello ungherese tra i cui invitati si nasconde la creatura che, però, viene solo appena mostrata.
Fino a concludere con il sesto Mostriciattoli (1991) di Hope Perello, che omaggia freaks e ghouls degli horror-movie tirando in ballo anche uno scontro tra un vampiro e il lupo mannaro di turno, e l'inedito pseudo-western Howling: New moon rising aka Howling VII: Mystery woman (1995) di Clive Turner, tempestato in maniera ridicola di canzoni country.
E pare sia già annunciato per il 2010 un Howling: Reborn, remake del film di Dante.

Unici indizi: le lune piene!

E il nuovo modello di trasformazione lanciato da L'ululato venne ripreso - perfezionato e migliorato - dall'effettista Rick Baker nello splendido Un lupo mannaro americano a Londra (1981, nella foto) di John Landis che, tra horror e ironia, raccontò di uno studente statunitense in vacanza in Inghilterra con un amico e finito vittima della licantropia in seguito a un'aggressione da parte di un uomo lupo.
Un vero e proprio capolavoro che, insieme alla pellicola di Dante e nello stesso anno di Wolfen-La belva immortale (1981) di Michael Wadleigh, ha contribuito in maniera fondamentale a favorire lo sviluppo degli werewolf-movie degli splatterissimi anni Ottanta, che videro la figura del lupo mannaro inserita non solo nel videoclip di Michael Jackson Thriller (1983), sempre di Landis, ma anche in pellicole appartenenti ad altri filoni horror come Ammazzavampiri 2 (1988) di Tommy Lee Wallace o Waxwork aka Illusione infernale (1988); ambientato in un museo delle cere maledetto, quest'ultimo porta la firma dello stesso Anthony Hickox poi dedicatosi al poco esaltante Eclisse letale (1993) interpretato da Mario Van Peebles e Patsy Kensit, prodotto televisivo (ma in Italia arrivò anche in sala) con poliziotti licantropi.
Come televisivo fu anche Werewolf (1987) di David Hemmings, concepito due anni dopo il kinghiano Unico indizio: La luna piena (1985) di Daniel Attias, bella favola proto-Spielberg (non a caso, il qui esordiente Attias fu assistente alla regia in E.T.-L'extraterrestre) con il piccolo Corey Haim su sedia a rotelle impegnato a dare la caccia al misterioso serial killer lupino che semina terrore e morte nel suo paese.
Titolo tra i più noti del periodo insieme a In compagnia dei lupi (1984) di Neil Jordan, il quale propose una rivisitazione in chiave horror della fiaba di Cappuccetto rosso, come anche uno degli episodi che costituirono lo sconosciuto Buonanotte Brian (1986) di Jeffrey Delman, interpretato, tra gli altri, dalla futura candidata all'Oscar Melissa Leo.
Periodo chiuso, tra il giovanilistico Lone wolf (1988) di John Callas, il trash a tematica gay Curse of the queerwolf (1988) di Mark Pirro e il bruttissimo Notte di terrore aka Ombre nella notte (1989) di Randolph Cohlan, con il Meridian (1990) di Charles Band che, un po' come fece molti anni prima Edward L. Cahn nel suo Beauty and the beast (1962), rilegge in versione licantropia il mito della Bella e la bestia. Con molto erotismo, però, approfittando della presenza delle sexy protagoniste Sherilyn Feen e Charlie Spradling.

Anni novanta: le belve sono fuori...gioco

E fu sempre Charles Band a proporre versioni ridotte di Frankenstein, la mummia, Dracula e l'uomo lupo nel bizzarro The creeps (1997), riguardante il folle inventore di un procedimento capace di materializzare i personaggi dei romanzi.
Soltanto uno dell'infinità di prodotti a basso costo che affollarono gli anni Novanta, talmente anonimi da essere segnati, per quanto riguarda il werewolf-movie, dal fiacco Bad moon-Luna mortale (1996) di Eric Red, dal'inguardabile Wolf-La belva è fuori (1994) di Mike Nichols, interpretato da un ridicolo Jack Nicholson in vena di basettoni, e da Un lupo mannaro americano a Parigi (1997) di Anthony Waller, tardo ed inutile sequel del succitato classico di Landis infarcito con trasformazioni in digitale.
Anni che videro la creatura cara a Lon Chaney jr sfruttata all'interno della pellicola a episodi Campfire tales-I racconti del terrore (1993), diretta a sei mani da Matt Cooper, Martin Kunert e David Semel, dell'horror western Man at the moon (1992) di Martin Donovan, dello straight to video Eyes of the werewolf (1999) di Jeff Leroy e Tim Sullivan e di lavori provenienti anche da paesi una volta tanto diversi dall'America e l'Inghilterra.
Si pensi infatti all'uruguayano Plenilunio (1993) di Ricardo Islas, al messicano Colmillos, el hombre lobo (1993) di René Cardona III, alla co-produzione tra Romania e Stati Uniti Huntress: Spirit of the night (1995) di Mark S. Manos e allo yugoslavo Pun mesec nad Beogradom (1993) che, diretto da Dragan Kresoja e internazionalmente conosciuto come Full moon over Belgrade, unisce tematiche belliche, vampirismo e licantropia.
Per concludere, all'insegna del b-movie, con Werewolf (1996) di Tony Zarindast, Rage of the werewolf (1999) di Kevin J. Lindenmuth, Lycanthrope (1999) di Bob Cook, interpretato dal veterano Robert Carradine, e, soprattutto, il curioso lupo mannaro corazzato di Metalbeast (1995, nella foto) di Alessandro De Gaetano, successivamente sceneggiatore di The band from hell (2009) di Yvan Gauthier, rientrante sempre nell'argomento licantropia.

Uno strano caso di... Licantropia

Proprio a proposito del sostantivo "licantropia", un trattamento piuttosto singolare ha subito dalla distribuzione nostrana la trilogia Ginger snaps, iniziata da John Fawcett nel 2000 tramite l'omonimo lungometraggio che, unendo il werewolf-movie all'ambientazione scolastica tipica del teen-horror post-Scream, vide la Katherine Isabelle di Generazione perfetta (1998) e la Emily Perkins del kinghiano IT (1990) nei panni delle sorelle adolescenti ed emarginate Ginger e Brigitte Fitzgerald, alle prese con la progressiva trasformazione della prima in lupo mannaro, dopo aver subito l'aggressione da parte di uno stesso.
Con il titolo Licantropia: Evolution, infatti, il film di Fawcett è stato distribuito dalle nostre parti, direttamente in dvd, solo dopo l'uscita cinematografica, nell'estate 2005, del debole Licantropia (2004) di Grant Harvey, in realtà prequel in salsa western della pellicola, nel frattempo seguita dal claustrofobicoGinger snaps: Unleashed (2004) di Brett Sullivan. Come il primo capitolo, anche quest'ultimo, con Brigitte chiusa in un centro di recupero nel tentativo di stare lontana dal siero che è costretta ad iniettarsi per evitare di trasformarsi in donna lupo, è approdato in Italia direttamente nel mercato dell'home video con il titolo Licantropia: Apocalypse.

Ululati futuri

E, tenendo in considerazione l'immensa mole di prodotti a basso costo ancora inediti nel paese degli spaghetti, sembrerebbe proprio il caso di tenere d'occhio le uscite in home video.
Infatti, se negli ultimi anni abbiamo avuto modo di vedere sia un gioiellino come l'inglese Dog soldiers (2002) di Neil Marshall, con un'esercitazione militare destinata ad essere insanguinata da coloro che si accompagnano attraverso il proprio ululato, che prodotti discutibili come il fantascientifico Recon 2020 (2004) di Christian Viel, Dark wolf (2003) di Richard Friedman e Frankenstein and the werewolf reborn (2000), unione di due pellicole firmate nel 1998 da Jeff Burr e David DeCoteau, lo dobbiamo all'affollatissimo mercato dei dvd.
Quindi, potremmo finalmente godere, forse, di un disco comprendente la copia di Grindhouse (2007) fornita dei famosi fake trailer tolti dall'edizione cinematografica italiana, tra i quali c'era Werewolf women of SS di Rob Zombie.
Oppure di Werewolf in a women's prison (2006), diretto dal già citato Jeff Leroy, e Horrors of war (2006) di Peter John Ross e John Whitney, tra zombi e uomini lupo alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
E, a partire dai lungometraggi ad episodi The lunar pack (2004) di Jason Liquori, Exhumed (2003) di Brian Clement, Bites: The werewolf chronicles (2002) di Alexandre Michaud e Kevin J. Lindenmuth, Evil deeds (2004) di Bailee Arnett, Isaak Partlow e Matt Spease e Tales of the dead (2008) di Tim Rasmussen jr e Merle Johnson, l'elenco è decisamente lungo.
Potremmo citare The beast of Bray road (2005) di Leigh Scott, la commedia Curse of the wolf (2006) di Len Kabasinski, il televisivo Wolf girl (2001) di Thom Fitzgerald e Wolfsbayne (2005) di Ben Dixon, con un cast di volti noti dell'horror, dal boss della Troma Lloyd Kaufman alle scream queen Linnea Quigley e Debbie Rochon, passando per Gunnar Hansen, primo Leatherface della storia del cinema.
Senza contare Last stand (2005) di Lyle Holmes, d'ambientazione militare, Wolfika (2006) di Peter Keir, l'investigativo In the red (2006) di David Matheny, Big bad wolf (2006) di Lance W. Dreesen, Werewolf: The devil's hound (2007) di Gregory C. Parker e Christian Pindar e Bloodz vs wolvez (2006) di Zachary Winston Snygg, con lotta alla Underworld tra vampiri e licantropi.
Oltre al thailandese Werewolf in Bangkok (2005) di Viroj Thongsiew, Mexican werewolf in Texas (2005) di Scott Maginnis, The lycanthrope (2007) di Tony Quinn e il film per famiglie House of the wolf man (2009) di Eben McGarr.
Ma c'è anche un Kibakichi-Bakko-yokaiden (2004) di Tomo'o Haraguchi, prodotto giapponese con samurai uomo lupo protagonista, che ha già avuto un sequel.

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