Il restauro di 2001: Odissea nello Spazio farà risorgere la pellicola?

Il restauro di 2001: Odissea nello Spazio, soprattutto grazie a Christopher Nolan, è avvenuto in pellicola 70mm: stiamo tornando all'era analogica?

Il restauro di 2001: Odissea nello Spazio farà risorgere la pellicola?
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L'epoca in cui viviamo può definirsi certamente digitale: quasi tutto quello che ci circonda è ormai connesso a internet, dalla bilancia per controllare il peso allo spazzolino da denti, passando per l'automobile e il frigorifero. Ogni canzone, film o serie TV rappresenta un insieme di bit, di zeri e di uno, esistono però delle tecnologie considerate antiquate e analogiche che continuano a sopravvivere con il coltello fra i denti, pensiamo al vinile (che sta vivendo un nuovo boom), alle musicassette, alla pellicola cinematografica. È ormai più di un decennio che si combatte la battaglia ideologica fra cinema analogico e digitale, con il 2017 che ha visto la schiacciante vittoria di quest'ultimo. Se nel 2015 i film girati in pellicola sono stati 54, l'anno scorso sono stati appena 31; fra coloro che lottano strenuamente per la tradizione troviamo sicuramente Christopher Nolan che - come saprete - ha impiegato il 70mm per il suo epico Dunkirk. Il regista inglese è il più accanito sostenitore della classica pellicola e non è da solo, con lui ci sono Quentin Tarantino, che ha usato il 70mm anche per The Hateful Eight, Patty Jenkins con Wonder Woman, Paul Thomas Anderson e il suo Filo Nascosto, James Gray con Civiltà Perduta, Edgar Wright con Baby Driver e - ultimo in senso cronologico di uscita - Rian Johnson con Star Wars: Gli Ultimi Jedi.

Restaurare in pellicola

Proprio Christopher Nolan ha sfruttato l'ultimo Festival di Cannes, durante il quale ci ha raccontato diversi aneddoti della sua carriera, per dire al mondo una volta di più che perdere l'uso della pellicola sarebbe un sacrilegio irreparabile - per la nostra storia, la nostra cultura ma anche per la qualità e il feeling del cinema stesso. Il grande regista inglese ha infatti sottolineato più volte come la battaglia fra analogico e digitale sia più di carattere "spirituale ed emozionale" che pratico. È innegabile che dal punto di vista produttivo utilizzare camere digitali renda più semplice l'intera "filiera costruttiva" di un film, dall'atto pratico della messa in scena al montaggio, passando per l'aggiunta degli effetti visivi; la pellicola (a maggior ragione se in 70mm) richiede - per stessa ammissione di Nolan - un processo completamente diverso, un approccio differente a 360 gradi che coinvolge il trucco, i costumi, la fotografia, ogni reparto insomma, per non parlare dei maggiori costi e delle maestranze specializzate necessarie. Secondo l'autore tutto questo però finisce per restituire, al di là della mera qualità visiva (i frame in 70mm IMAX in digitale equivalgono a 18K), un'emozione diversa sullo schermo, che arriva dritta al cuore dello spettatore.

Un importante precedente

2001: Odissea nello Spazio è probabilmente l'esempio più lampante di come il cinema possa superare i confini attraverso i 70mm della pellicola. Proprio per questo motivo Christopher Nolan ha voluto che il restauro delle bobine originali avvenisse sempre in 70mm, dribblando con forza il classico modus operandi che vede l'atto della restaurazione come una sterile trasposizione del segnale analogico in digitale. Se a ogni capolavoro venisse riservato questo trattamento, in pellicola non resterebbe assolutamente nulla nel giro di pochi decenni - del resto sappiamo quanto la celluloide sia fragile e soggetta a subire i segni del tempo, degli agenti atmosferici e della polvere. Il ritorno nelle sale in 70mm di 2001: Odissea nello Spazio serve dunque a creare un fondamentale precedente, a riportarci indietro in un'era in cui la combinazione fra artigianato e ingegno rappresentava la prima forma d'arte. Inoltre il restauro del capolavoro del 1968, avvenuto dunque senza interpolazione digitale ma soltanto lavorando sui negativi originali, dai quali sono stati rimossi, segni, sporcizia e graffi, con i colori tornati al loro stato originale, dimostra come il progresso tecnologico degli ultimi 50 anni abbia toccato relativamente poco la sfera emozionale e primitiva del cinema.

Certo, al di là della poesia, in Italia tocca fare i conti con un problema non da poco: negli ultimi 15 anni il mercato, gli esercenti, le grandi catene e persino i governi (regionali e nazionali) hanno spinto per un ragionevole ammodernamento delle sale, eliminando del tutto i proiettori a pellicola. Questo ha portato ad avere la maggior parte dei cinema dello stivale fermi al 2K e una minima al 4K, con appena una manciata di schermi in grado di offrire l'IMAX digitale e una sala soltanto capace di proiettare il 70mm (Arcadia di Melzo). Gli sforzi di Christopher Nolan e la magnificenza di 2001: Odissea nello Spazio in 70mm ci spingono a un ritorno alle origini, a una "forma" del cinema che non è affatto arcaica ma universale e che - se non è morta sotto i colpi del digitale sino ad ora - probabilmente non morirà mai e avrà sempre qualcosa da dire. In modo qualitativamente ed emozionalmente migliore di qualsiasi altra controparte.

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