Il ragazzo più felice del mondo e la poetica del Sense of Wonder

Scopriamo insieme la nuova pellicola cinematografica creata e diretta da Gipi, recentemente distribuita da Fandango in formato gratuito sul web.

Il ragazzo più felice del mondo e la poetica del Sense of Wonder
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Le idee, si sa, non hanno confini. Spesso arrivano in modo improvviso, quasi come se fossero loro a trovare noi. Il noto fumettista Gipi, con Il ragazzo più felice del mondo, ha deciso di trasporre su schermo una storia particolare, capace di racchiudere in sé numerose anime, tutte diverse ma accomunate da un elemento imprescindibile: la nostra realtà. Visto il momento sicuramente non facile che tutti noi stiamo vivendo, l'autore ha deciso di pubblicare in formato gratuito su YouTube la sua terza opera cinematografica, così da permettere a quante più persone possibili di diventare partecipi di un intenso viaggio di formazione all'insegna dell'amicizia.

La potenza dei piccoli gesti

Purtroppo nel corso degli ultimi trent'anni, in Italia, si è deciso di investire sempre meno nella cultura, lasciando sedimentare nella mente e nel cuore della collettività l'idea che l'arte in fin dei conti non sia importante. Anche se oggi le cose hanno finalmente iniziato a cambiare, per molto tempo nel nostro Paese si sono trattati vari media (per esempio fumetti o videogiochi) come un qualcosa di adatto solo ai più piccoli. Un tipo di intrattenimento ritenuto adatto a un pubblico soprattutto infantile, di poco conto, di futile o, ancor peggio, di inutile. Un'opera d'arte può invece avere un grandissimo significato simbolico, può trasmettere energia e positività, soprattutto in un momento storico di forte crisi come quello che stiamo vivendo, durante il quale un semplicissimo gesto di solidarietà verso il prossimo acquista una valenza, se vogliamo, amplificata.
Condividere con la collettività un film come Il ragazzo più felice del mondo non è un qualcosa di poco conto, perché è anche tramite i piccoli gesti che si riescono a smuovere le cose nel concreto. Proprio durante questa nostra "pausa forzata" il grande pubblico dovrebbe riscoprire l'arte in ogni sua forma, senza retorica o sentimentalismo, semplicemente recuperando una specifica dimensione interiore - cioè quella fanciullesca - che in questi anni ci è stata brutalmente strappata via per motivi ancora oggi difficili da comprendere.

Il bambino dentro

Una lettera scritta da un quindicenne, ritrovata dopo vent'anni da Gipi, diviene il motore scatenante dell'intera storia alla base del film. L'artista scopre infatti che il suo giovane ammiratore, con il passare del tempo, ha chiesto ad altri cinquanta fumettisti di ricevere un loro disegno autografato, cambiando in ogni lettera dei piccoli dettagli mantenendo però invariata la struttura generale.
Gipi, coinvolgendo anche un piccolo gruppo di amici tra cui Gero, Davide e Francesco (più un cameraman di cui nessuno ricorda il nome), decide di girare un documentario per andare a trovare il suo ammiratore insieme a tutti i fumettisti che hanno ricevuto la lettera.
Il film, che fa dell'(auto)ironia una delle sue colonne portanti, trasporta lo spettatore in una sorta di favola moderna in cui realtà e finzione si mescolano senza soluzione di continuità.

L'opera, a cominciare dallo spassoso incipit riguardante La vita di Adelo (un film che Gipi vuole disperatamente realizzare tramite l'aiuto del produttore Domenico Procacci), si rifà allo stile del falso documentario. Si focalizza, oltre che sulla vicenda principale, anche sulle numerose difficoltà riguardanti la produzione dei progetti cinematografici indipendenti, così da puntare su un registro satirico e pungente che a più di qualcuno ricorderà quel piccolo grande capolavoro seriale chiamato Boris.

Ma l'opera di Gipi riesce anche a toccare dei temi molto profondi, a cominciare da quello legato all'amicizia. La poetica del fanciullino, capace di farci osservare la realtà da un punto di vista differente, entra in contrasto con la brutalità del nostro vivere quotidiano e con le meschinità talvolta insite in ognuno di noi.
Gipi si muove così tra il serio e il faceto, mostrandosi talvolta indeciso sulla cosa giusta da fare ma determinato più che mai a portare avanti la sua missione o, per meglio dire, ossessione.
L'autore riesce così a fare una profonda autocritica di sé prima che del mondo intorno a lui, mettendo a nudo la sua personalità e i suoi difetti, così da apparire come un inguaribile sognatore romantico ma al tempo stesso fallace, talvolta meschino e imperfetto, ma sempre e comunque umano.

Un film non solo Gipi-centrico, con ampio spazio anche ai vari membri della squadra che hanno realizzato il documentario. Un racconto (anzi un viaggio) all'insegna dell'amicizia, quella vera, autentica, in cui non c'è solo spazio per i buoni sentimenti ma anche per le incomprensioni e gli scontri, seguiti dall'immancabile perdono e presa di coscienza collettiva sulla decisione migliore da prendere.
L'opera di Gipi dovrebbe essere vista almeno una volta da tutti, semplicemente per il messaggio di fondo di cui è intrisa: la fratellanza.
Nonostante infatti il "giovane" ammiratore segreto dei fumettisti abbia di fatto ingannato numerose persone con il suo modus operandi, l'intento primario di Gipi diviene comunque quello di creare e non di distruggere.

L'idea di trasportare su di un bus i cinquanta artisti "presi in giro" portandoli dal loro ammiratore per donargli un nuovo disegno racchiude in maniera impeccabile lo spirito del film. Il ragazzo più felice del mondo non dipinge il ragazzino/uomo dietro le lettere come un mostro da stigmatizzare o da gettare in pasto alla gogna mediatica, descrivendolo invece come una persona bisognosa semplicemente di un po' d'affetto e calore umano.
In sostanza Gipi agisce per tutto il tempo come se a guidarlo da dentro fosse il suo io bambino, attraverso un viaggio esistenziale profondo, spiritoso, coinvolgente, toccante e mai retorico.
Un piccolo grande film da vedere per sorridere, riflettere e commuoversi su quanto sia importante, soprattutto per gli adulti, trovare la forza di tornare a credere, anche solo per un secondo, in quella vasta e sconfinata distesa piena di luci, suoni, emozioni e colori che è la nostra fantasia.

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