Il marketing dei poster cinematografici: le locandine e i loro segreti

Spesso i poster sono il primo elemento utilizzato per suscitare la curiosità di noi spettatori. Scopriamone insieme l'evoluzione a livello di marketing.

Il marketing dei poster cinematografici: le locandine e i loro segreti
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Quando parliamo di un prodotto d'intrattenimento, oltre ovviamente alla componente artistica, non possiamo fare a meno di prendere in considerazione anche il fattore puramente economico, attraverso diversi parametri che possiamo riunire in un unico termine: marketing. Marketing applicabile sotto numerosissimi aspetti, tra cui quello legato a una singola immagine, il prodotto d'impatto che deve invogliare la gente ad andare in sala. Proprio per questo proveremo ad analizzare alcuni poster cinematografici (sia datati che recenti) soprattutto in funzione della loro evoluzione (o involuzione) "concettuale" avvenuta nel corso dei decenni.

La potenza delle immagini

Ancora oggi il poster cinematografico diventa spesso il primissimo step (prima del teaser trailer) per saggiare il livello di hype del pubblico relativo a un determinato film e/o brand. Dietro alle locandine si nasconde comunque molte volte un processo creativo non indifferente, capace sostanzialmente di comunicare l'essenza più pura del film attraverso l'uso di una singola immagine.
Nel corso del tempo lo stesso design dei poster è cambiato, spaziando da vere e proprie opere d'arte realizzate a mano a disegni intrecciati sempre di più alle tecniche in digitale, con risultati quasi sempre (almeno per quanto riguarda i film più famosi) davvero di grande impatto sia visivo che emozionale. Prendendo ad esempio poster classici come quelli de La mummia, Il sorpasso o Casablanca, salta subito all'occhio l'intenzione di voler puntare sul prodotto in sé (così come sugli attori protagonisti) senza cercare di allacciarsi a opere esterne.
Questa concezione tecnico/stilistica dei poster, figlia ovviamente anche del periodo storico in cui sono stati concepiti, risulta in larga parte propensa a valorizzare il film riguardo la sua essenza più pura, puntando moltissimo nel dare risalto tanto ai registi quanto agli attori principali.

La capacità di trasmettere emozioni attraverso le immagini è comunque un aspetto che la stessa industria cinematografica ha sempre tenuto in grande considerazione. Basti pensare a poster iconici come quello de Lo squalo, capace fin da subito di regalare allo spettatore un forte quanto opprimente senso di minaccia impossibile da contrastare, quanto a veri e propri capolavori comunicativi come nel caso del poster di Alien.
La tagline - divenuta ormai leggenda - Nello spazio nessuno può sentirti urlare è entrata di forza nell'immaginario pop collettivo, supportata da un poster minimalista in grado di focalizzarsi su un profondo senso di spaesamento e inquietudine.
Poster quindi intesi non come semplici strumenti di marketing ma autentici motori propulsivi capaci di amalgamarsi perfettamente alla pellicola pubblicizzata, realmente in grado di tramutarsi in opere iconiche capaci di superare indenni lo scorrere del tempo proprio per la cura meticolosa con cui sono stati realizzati.
Gli stessi canali distributivi si sono poi via via amplificati e modificati, arrivando con l'avvento del web a moltiplicarsi in modo virtualmente infinito.

Il venire però costantemente bombardati da qualsivoglia tipo di immagine ci ha portato inevitabilmente a fare meno attenzione a nuovi stimoli, particolare capace di rendere anche gli stessi poster cinematografici meno impattanti rispetto al passato.
Ed è proprio per questo surplus iconografico che moltissime delle locandine più recenti (nonostante la qualità di realizzazione comunque estremamente elevata) non sono riuscite a fare breccia sul pubblico in modo così profondo rispetto al passato.

La potenza dei brand

Via via che il media cinematografico è diventato sempre più trasversale (cambiando anche se vogliamo forma e tipo di fruizione), lo stesso metodo comunicativo si è di fatto evoluto nel corso del tempo, puntando sempre più nel vendere allo spettatore l'idea di brand anziché di opera autoconclusiva.
Gli stessi poster hanno via via iniziato a dare sempre maggior risonanza all'interconnesione transmediale che si è verificata in opere appartenenti alla stessa saga (o addirittura agli antipodi).
Il focus sui registi, sugli attori protagonisti o sulla stessa potenza comunicativa delle immagini ha ceduto per certi versi il passo alla fantomatica scritta dal regista di o dai produttori di, arrivando talvolta a calcare eccessivamente la mano proprio su questi espedienti, spesso rivelatisi controproducenti o semplicemente fuori focus.
Vedere ad esempio il rimando al brand degli X-Men sul poster di Elektra, film del 2005 diretto da Rob Bowman purtroppo molto al di sotto delle aspettative, risulta particolarmente adatto per spiegarci quanto un certo tipo di marketing possa risultare addirittura fuorviante per un potenziale nuovo spettatore, soprattutto a livello di attese.

La tendenza infatti a collegare film anche agli antipodi attraverso i modi più disparati (talvolta citando semplicemente uno stesso produttore comune) risulta un modo un po' superficiale di impostare la propria campagna comunicativa, quasi come a voler a tutti i costi fornire a un determinato film una sorta di autorità che in realtà non possiede.

Un altro esempio simile (seppur con le dovute accortezze) è quello relativo al poster di Avatar, in cui viene fatto presente che l'opera è stata creata dal regista di Titanic.
Siamo però davvero sicuri che un potenziale spettatore possa decidere di andare a vedere un'opera basandosi semplicemente sulla fiducia verso una pellicola uscita nelle sale dodici anni prima?
Nonostante sia ormai una prassi consolidata quella di vedere sui vari poster un qualche tipo di collegamento con un'opera passata di successo (anche nel caso in cui non ci sia una reale connessione) è innegabile constatare - come abbiamo ricordato anche sopra - come negli ultimi anni la distribuzione si sia focalizzata sul pubblicizzare interi franchise anziché opere singole.
La stessa attitudine dei poster nell'invogliare lo spettatore a dare fiducia al film basandosi più di tutto su altre opere (e non su quella sponsorizzata) risulta un espediente sicuramente funzionale a livello di marketing (capace di rassicurare in qualche modo il pubblico) ma incapace, forse, di valorizzare al meglio il rilievo artistico del film.

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