Il carretto fantasma, il film che ha ispirato Shining

Andiamo alla scoperta del capolavoro svedese del 1921 diretto e interpretato da Victor Sjöström, un film che inquieta ed emoziona con unicità.

Il carretto fantasma, il film che ha ispirato Shining
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Tutti, anche i più grandi, si sono spesso ispirati a chi è venuto prima di loro. Non per mera pigrizia o per prendersi il merito di idee altrui, ma perché la ciclicità e la citazione sono un archetipo ricorrente di qualsiasi arte, laddove i modelli sono destinati a riespandersi in nuove forme e prototipi. Ed è lì che sta il genio, nel comprendere l'opera di partenza e riadattarla alle platee contemporanee senza limitarsi a una furba e semplice operazione di copia/incolla.
Questa premessa è necessaria per introdurre lo spirito di questo articolo, che si promette di portare all'attenzione del pubblico più giovane e generalista un capolavoro del cinema che il prossimo anno spegnerà ben cento candeline.
Un film che, tornando al discorso iniziale, è stato di profonda ispirazione per un Maestro assoluto quale Stanley Kubrick - ma non solo per lui, come vedremo - che ne ha riutilizzato in particolar modo una scena chiave nel suo cult Shining (1980).

Lo specchio dell'anima

Il video che metteva a confronto le due succitate sequenze era diventato virale sui social network qualche tempo fa, con le bacheche cinefile invase da questa similitudine.
Il titolo che Kubrick ha omaggiato è Il carretto fantasma, girato da un'altra leggenda quale Victor Sjöström nella fredda Svezia nel lontano 1921, che oltre a sedere dietro la macchina da presa si ritagliò anche il ruolo di scomodo protagonista.
Dell'opera nel suo complesso andremo a parlare a breve, per ora concentriamoci sulle marcate, e volute, similitudini che legano due pellicole così distanti cronologicamente ma affini a livello narrativo e di atmosfere.
La scena chiave che ritorna è quella della famigerata "porta", che viene sfondata in entrambe le occasioni dal personaggio maschile: un padre e marito in preda alla più cieca rabbia.
Viste "fianco a fianco" è possibile osservare come Kubrick abbia guardato e riguardato il film scandinavo per il furibondo, estasiato, delirio di uno scatenato Jack Nicholson, più trattenuto invece nell'interpretazione di Sjöström.
La quadratura delle immagini appare pressoché identica, con i movimenti anche degli altri personaggi coinvolti - la madre e il bambino/a - ad armonizzarsi totalmente. Un aggiornamento fedele e specchiato di grande fascino.

L'anno che verrà

Con tale filmato che vi consigliamo di recuperare su YouTube, addentriamoci ora alla scoperta de Il carretto fantasma, conosciuto in Italia anche con il titolo alternativo Il carrettiere della morte.
Adattamento dell'omonimo romanzo di Selma Lagerlöf, è la quarta collaborazione tra la scrittrice e il cineasta e già nella sua modalità di distribuzione palesa un colpo di genio difficilmente replicabile.

La storia è infatti ambientata durante la notte di San Silvestro e nelle sale nazionali il film venne distribuito proprio alla vigilia di Capodanno: un cortocircuito che deve aver terrorizzato non poco molti degli spettatori dell'epoca, giacché la trama ha dei contorni sinistri e inquietanti che avrebbero potuto alimentare una sorta di forma antenata e primigenia delle future urban legends.

Il passato che ritorna

La vicenda comincia infatti con la giovane infermiera Edit, appartenente all'ordine dell'Esercito della Salvezza, che si trova in punto di morte e chiede di poter vedere per un'ultima volta David Holm, un barbone alcolizzato del quale dal precedente capodanno aveva promesso di prendersi cura.
L'uomo si trova al momento a bere insieme ad altri due compagni di sbronza ed è proprio a loro che racconta la storia narratagli tempo addietro da un suo vecchio amico, tale Georges, scomparso proprio durante le ore delle passata vigilia.
Secondo questa leggenda radicata nel folklore autoctono, l'ultima persona a morire nell'ultimo dì dell'anno è destinata, per tutti i dodici mesi successivi, a diventare il carrettiere fantasma, uno spettro che a bordo di un lugubre carro ha il compito di raccogliere le anime dei defunti.
Quando la situazione degenera improvvisamente, David si troverà a ripercorrere tutti gli errori commessi nella sua vita.

Fino alla fine

Il regista si addentra nel "cuore di tenebra" del suo personaggio e ripercorre, lucido e spietato, gli eventi che lo hanno condotto all'attuale situazione.
Non offre scappatoie e insinua la colpa, che consuma e brucia, additando insistentemente il dito contro l'alcool, capace negli eccessi di trasformare anche un uomo mite in una bestia senza ritegno.
E nella sfera privata di David, nel metterne a nudo i vizi e le debolezze di un alter-ego facile da odiare, che rende ancor più stoica e salvifica la cieca fede della morente Edit, si sviluppa un insolito e affascinante legame dicotomico tra cristianità e misticismo, tra la materia e l'intangibile.

Tutto ciò rende ancor più determinanti e ricche di significato le svolte che verranno da lì a venire, fino a quel finale di furente e oppressiva disperazione che getta l'osservatore in una lotta tra la comprensiva pietà e la schiva commiserazione.
Lo script ha il merito di non adagiarsi sull'immediatezza ma di far crescere, minuto dopo minuto, una pressante ansia che, pur col rischio di ridondare in taluni passaggi, veicola al meglio mood e sensazioni, affidando agli intertitoli il catartico compito di "urlare" quella rabbia e quel dolore repressi nei muti labiali.

Paura e dolore

Sjöström riesce in quest'opera, della durata di poco più di cento minuti, a condensare molteplici influenze e a eccellere non solo nella gestione delle immagini e degli innovativi "effetti speciali", ma anche nel trasportare le pagine su celluloide in maniera coesa e stratificata, rendendo toccante il viaggio a ritroso tra passato e presente compiuto dal disgraziato David.

La vicenda si espande su flashback che permettono di delineare uno sguardo a tutto tondo sui vari personaggi principali e di creare al contempo una sincera e straziante inquietudine che si fa largo nelle numerose scene madri - come quella clou ripresa da Kubrick - colpendo sia dal lato emotivo che nelle dinamiche pseudo horror insite nella figura di questo spettro, destinato a sacrificare un anno della propria esistenza spiritica nell'ingrato compito.
Nei passaggi in cui questi agisce, l'immagine assume una sorta di arcaico effetto 3D per permettere al mondo dei vivi di convivere con quello dei trapassati: un trucco di trasparenza tanto geniale quanto efficace ai fini di quel senso di drammatico straniamento che sorregge poi l'intera partitura del racconto.

Omaggi e amicizie

Il personaggio del carrettiere fantasma ispirerà un altro futuro Maestro quale Ingmar Bergman per l'iconica partita a scacchi tra Antorius Block e la Morte ne Il settimo sigillo (1957) e non è un caso che lo stesso Sjöström sia stato fortemente voluto proprio dal connazionale erede come protagonista di un altro masterpiece quale Il posto delle fragole (1957) nei panni dell'anziano professor Borg.
Perché Il carretto fantasma è solo la punta dell'iceberg di un regista che ha influenzato la storia della Settima Arte fin dagli albori, l'ideale punto di partenza per approcciarsi non solo alla sua filmografia ma per riscoprire le meraviglie che il cinema muto è in grado di offrire ancora oggi.
E sul quale, con questo articolo, speriamo di avervi messo un po' di curiosità a riguardo.

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