Hulk al cinema: tutte le incarnazioni del gigante di giada

Quali sono i tratti distintivi dei vari Hulk comparsi al cinema? Scopriamolo insieme in questo nuovo confronto a sfondo supereroistico.

Hulk al cinema: tutte le incarnazioni del gigante di giada
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Dopo l'articolo dedicato alle varie versioni cinematografiche di Spider-Man, siamo pronti a proporvi un nuovo confronto dedicato questa volta alle apparizioni di Hulk al cinema, variegate tanto quanto quelle del suo illustre collega tessiragnatele. Il Gigante di Giada, al contrario di altri supereroi quali ad esempio Iron Man o Capitan America, è riuscito a incontrare il favore del pubblico nostrano in tempi non sospetti grazie alla celeberrima serie tv - uscita a cavallo tra gli anni '70 e '80 - interpretata da Bill Bixby (Bruce Banner) e da Lou Ferrigno (Hulk).
La creatura di Stan Lee e Steve Ditko, sviluppata nell'ormai lontano 1962 e legata indissolubilmente al tema del doppio e al classico della letteratura Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, ci è stata riproposta al cinema attraverso numerose quanto variegate sfaccettature, passando con disinvoltura da una dimensione smaccatamente autoriale a una più vicina alle influenze stilistiche tipiche dei blockbuster.

L'Hulk di Ang Lee ed Eric Bana

Il film del 2003 diretto da Ang Lee, pur risultando di fatto godibile, non è però riuscito a far breccia nel cuore del pubblico in maniera significativa, particolare che ha portato la stessa opera a venir dimenticata abbastanza in fretta dopo la sua uscita, nonostante una sorta di rivalutazione costante negli ultimi anni.
Il Bruce Banner/Hulk di Eric Bana risulta un personaggio profondamente tormentato, non solo per lo stress derivante dalla trasformazione improvvisa in un mostro ma, soprattutto, per il difficile rapporto con il proprio dispotico padre, reo di aver causato nel figlio profondi traumi infantili mai del tutto superati.
Ang Lee ha così deciso di puntare molto sull'introspezione, rendendo di fatto le scene action presenti nel film un semplice plus all'interno di una storia in realtà lontana da una concezione di intrattenimento mainstream, puntando su un tipo di visione maggiormente autoriale (e personale) del personaggio Marvel.
Lo stesso Hulk, mostrato attraverso una dimensione fisica colossale, risulta una creatura fuori controllo e furiosa, ma al tempo stesso fragile e indifesa, a ricalcare ancora una volta la tematica del doppio, da sempre cifra stilistica cardine del personaggio.

Il regista (così come tutti i suoi colleghi) ha poi deciso di sviluppare direttamente la versione più conosciuta di Hulk, cioè quella con la pigmentazione verde, cercando in ogni occasione utile di raccontare la psicologia tormentata del personaggio.
Nonostante infatti la durata considerevole della pellicola, Ang Lee ha deciso di non far comparire avversari iconici come Il Capo o Abominio, propendendo invece per un focus sul dramma familiare, morale e psicologico insito nell'interiorità di Bruce.

Da questo punto di vista, Eric Bana è riuscito a regalare al pubblico un Bruce Banner taciturno e problematico, a tratti impaurito ma al tempo stesso galvanizzato dal potere smisurato conferitogli dai raggi gamma.
Lo stesso Hulk risulta una proiezione del senso di impotenza del Banner bambino di fronte al padre, particolare capace di donare al film un grado di profondità concettuale che, con il passare del tempo, è diventato sempre più difficile trovare in altri cinecomic.
Il protagonista si ritrova in un vero e proprio percorso di crescita interiore, così da affrontare definitivamente tutte le sue più grandi paure in maniera improvvisa, senza dare per scontato nulla ma cercando, al tempo stesso, di trovare finalmente il proprio posto nel mondo.

L'Hulk di Louis Leterrier ed Edward Norton

A fronte quindi di un primo film standalone sul personaggio, Hulk è tornato in una veste completamente rinnovata nel secondo film (dell'allora appena nato) MCU.
Effettuando di fatto un vero e proprio reboot tanto a livello stilistico quanto tematico, l'Hulk di Edward Norton risulta molto più vicino a una dimensione pop rispetto a quanto visto in precedenza, anche per via della stessa struttura action-centrica del film, focalizzata questa volta nel mostrare Banner come un uomo braccato e costantemente in fuga piuttosto che come un individuo corroso dai propri demoni interiori.
La stessa scelta di rendere Abominio il villain principale del film ha inevitabilmente portato l'intera pellicola ad avvicinarsi a influenze stilistiche muscolari e ipercinetiche in funzione dello scontro finale tra Hulk e il suo acerrimo avversario.

Da questo punto di vista, la figura di Banner è stata quindi depotenziata in varie occasioni, rendendo di fatto le parti con lui come protagonista un semplice momento di pausa rispetto a quando si trasforma, tendendo la mano a un certo tipo di intrattenimento più facilmente digeribile dal grande pubblico.
Nonostante questo, il binomio Banner/Hulk risulta a tratti incompleto e per certi versi forzato, rendendo lo stesso protagonista eccessivamente piatto.

Peccato anche per le numerose finestre aperte (e rimaste tali) dalla pellicola, come ad esempio la presentazione del personaggio de Il Capo, storica nemesi del supereroe che però, almeno finora, non è riuscita a trovare alcun tipo di spazio a livello cinematografico.
Buono comunque il design di Hulk, costruito attraverso un mood rabbioso e furente in netta controtendenza con l'aspetto più amichevole del film di Ang Lee, seppur nella versione di Leterrier si sia persa la poetica tragica e fragile insita nel personaggio.

L'Hulk di Joss Whedon e Mark Ruffalo

Il Gigante di Giada, scomparso dai radar per qualche anno, ritorna nella sua versione definitiva in Avengers, il piccolo grande capolavoro di Joss Whedon capace di riunire insieme alcuni dei supereroi più famosi di casa Marvel.
Vista la natura corale del film, non era di fatto possibile propendere per una nuova origin story (ipotesi che è stata infatti scartata anche nel film di Leterrier), ed è per questo che l'Hulk presente nel film è un personaggio già perfettamente integrato nel proprio mondo.
La sequenza in cui vediamo Banner circondato da numerosi soldati - particolare in grado di rimarcare l'innata pericolosità del personaggio - è assolutamente funzionale nel presentarci nel migliore dei modi l'instabile supereroe.

Il Banner/Hulk di Mark Ruffalo risulta probabilmente quello più centrato a livello di coerenza rispetto alle influenze fumettistiche originali, dato che in questa versione lo scienziato mostra davvero il proprio potenziale intellettivo smisurato, particolare che nei film precedenti non è stato rimarcato più di tanto.
Di grande impatto scenico lo stesso design del Golia Verde, ora dotato di un'espressività ancora maggiore e, soprattutto, capace di richiamare - anche nella versione mutata - i tratti somatici dell'attore che lo interpreta, così da portare su nuovi livelli lo stesso grado di immedesimazione dello spettatore.

Rimanendo comunque lontano dal forte grado di introspezione visto nella versione di Ang Lee, l'Hulk di Whedon e Ruffalo risulta in definitiva un ottimo compromesso tra influenze classiche e moderne, seppur con l'avanzare dei film lo stesso supereroe si sia trasformato sempre di più in una sorta di spalla comica perdendo ancora una volta la sua natura a tratti tragica.
La speranza rimane ovviamente quella di vedere finalmente Hulk protagonista di un film interamente dedicato a lui, così da esplorare tutte le numerose sfaccettature del personaggio (soprattutto psicologiche) che, da ormai parecchi anni a questa parte, sono state sempre più accantonate in funzione di una sua dimensione maggiormente ludica.

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