Da Hammamet a Il Signore delle Formiche: Gianni Amelio racconta l'Italia

Il regista calabrese affronta le complicate incongruenze del nostro Paese con rigore e durezza, ma lasciando sempre aperto uno spiraglio sull'umanità.

Da Hammamet a Il Signore delle Formiche: Gianni Amelio racconta l'Italia
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Se è vero che ogni cultura è a modo suo unica e particolare, caratterizzata dalle tradizioni e dagli atteggiamenti di un popolo che ha vissuto innumerevoli anni nella sua nicchia prima della globalizzazione capace di appiattire ogni differenza, lo è ancora di più quella italiana. La profonda complessità insita in questo calderone che ribolle di costumi così antichi da radicarsi negli albori della Grecia, nelle rigidità delle migrazioni teutoniche e nel più grande impero che la storia ricordi, ha portato alle aspre contraddittorietà che puntellano la cronaca antica e recente dell'Italia.

Sono numerosi i registi che hanno utilizzato la Settima Arte per scandagliare le incongruenze di un Paese così stratificato, facendo evolvere la cultura identitaria insieme allo strumento stesso del cinema, ma in pochi vi si sono dedicati con la stessa passione che ha guidato Gianni Amelio: dal 1970 l'autore nato a Magisano ha donato al pubblico la sua particolare visione del popolo italiano, raccontando vicende assurde ma sempre plausibili, e molto spesso ispirate da eventi realmente accaduti. In occasione dell'imminente uscita de Il Signore delle Formiche, prodotto da Kavac Film in collaborazione con Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution - lo trovate al cinema dall'8 settembre tra i film in sala a settembre 2022 - abbiamo deciso di ripercorrere le pellicole più distintive ed autoriali di un regista capace come pochi altri di raccontare il nostro problematico Paese, lasciandosi guidare dai tumultuosi eventi storici senza mai perdere di vista l'intimità dei suoi personaggi.

Gli anni tormentati d'Italia

L'autore calabrese si è fin da subito distinto per il coraggio nel trattare temi particolarmente spinosi, sia dal punto di vista sociale che politico, non a caso il suo primo lungometraggio mette al centro della storia gli anni di piombo sullo sfondo di una cupa Milano. Colpire al Cuore racconta il terrorismo in un periodo nel quale numerose ingerenze impedivano di discutere del tema in maniera razionale, e lo fa adattandolo all'interno di un rapporto padre-figlio di complicatissima lettura, tanto complicato da dividere critica ed opinione pubblica e creare un forte imbarazzo nella dirigenza Rai che avrebbe dovuto distribuire il film nelle sale.

Amelio decide in seguito di non limitarsi a circostanze plausibili, ma di comporre il ritratto fedele di un altro periodo particolarmente sfaccettato della nostra storia recente: I Ragazzi di via Panisperna racconta infatti della "comune" scientifica formata da Enrico Fermi negli anni Trenta, focalizzando la storia sulla potenziale pericolosità delle loro scoperte nel campo della fisica nucleare, ma anche sulle diatribe personali aperte dallo scoppio della rivoluzione ariana e razziale di Hitler e Mussolini.

La dolcezza dei vinti

Il regime fascista con tutte le sue profonde contraddizioni è un tema particolarmente caro ad Amelio, ed infatti ritorna nella storia di Porte Aperte, film del 1990 ispirato dal romanzo di Leonardo Sciascia. La lotta di un giudice contro l'idea stessa della pena capitale incontra non solo le resistenze di avvocati e colleghi, ma anche dello stesso imputato che sente di meritare la fucilazione, mentre intorno a loro il falso senso di sicurezza costruito da Mussolini invitava la popolazione a vivere tranquilli, perché la criminalità veniva combattuta dalla deterrenza e dal terrore.

Sebbene lo sceneggiatore e regista utilizzi il pretesto storico per imbastire i propri racconti, Amelio si sofferma con tenerezza sull'intimità dei suoi protagonisti, dettagliando con dovizia di particolari non solo il loro approccio al periodo storico, ma anche come questo riesca a ferirli e a plasmarli nel profondo. Di particolare rilevanza appaiono dunque gli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi raccontati nel più recente Hammamet - trovate qui la nostra recensione di Hammamet - durante i quali l'esilio tunisino porta alla luce la personalità di un uomo che in molti credevano invincibile, ma che si dimostra un fragile e tradito perdente proprio come tanti altri protagonisti delle pellicole di Amelio.

Il regista rifugge continuamente la dicotomia tra buoni e cattivi, tra vincitori e vinti, scegliendo di costruire i suoi protagonisti su quell'ambiguità che distingue non solo i personaggi, ma anche la storia di un Paese estremamente complicato come l'Italia. Questa sfaccettata cornice narrativa ed analitica andrà dunque ad impreziosire il racconto di Aldo Braibanti e del suo vergognoso processo per plagio con Il Signore delle Formiche, un lungometraggio che promette di scandagliare la tenerezza di un uomo dal carisma indiscusso, sconfitto dalla sua stessa Patria e dai concittadini traviati dalla mentalità ottusa degli anni Sessanta.

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