Guardiani della Galassia Vol. 3 è riuscito, a differenza di molti altri film dell'MCU, a trasporre una storia che si confronta con la realtà, delineando il percorso di un personaggio che suscita emozioni proprio a causa delle atrocità che commette, senza la necessità di un impegno politico diretto. Al centro del lungometraggio troviamo la storia di Rocket e dell'Alto Evoluzionario, nonché il percorso in laboratorio che ha dato vita a un racconto di origini in grado di superare facilmente i limiti emotivi imposti dalla finzione per affrontare argomenti direttamente collegati alla nostra realtà (ne abbiamo parlato anche nella nostra recensione di Guardiani della Galassia Vol 3).
In ciò, James Gunn è stato sicuramente intelligente, permeando la malinconia di un saluto con un approccio narrativo che parla, innanzitutto, di violenza gratuita sugli animali e di sperimentazioni disumane. La morale, in questo contesto, trova spazio in una scala distorta molto lontana dalla nostra.
Progresso e violenza
Guardiani della Galassia Vol. 3 non è solo l'addio di James Gunn all'MCU, ma la vera e propria separazione da un gruppo di personaggi che il regista ha voluto portare sul grande schermo tempo fa, nonostante i dubbi che circolavano attorno al progetto.
Un commiato che, almeno secondo le interviste che hanno preceduto l'uscita del film, è stato pianificato fin dall'inizio, diffondendo indizi che avrebbero poi trovato una soluzione in questo terzo e ultimo capitolo. La centralità di Rocket (interpretato da Bradley Cooper) non è mai stata un mistero, con lo stesso regista che ha sottolineato più volte il suo essere il vero protagonista dei Guardiani della Galassia in un certo senso, anticipando ciò che avremmo visto nell'ultima pellicola in termini di sviluppo del personaggio. Già dal primo film, infatti, abbiamo avuto qualche accenno fugace alla sua "condizione", con inquadrature impegnate a delineare l'estetica di un soggetto con un passato sicuramente difficile, di cui dobbiamo anche considerare il suo carattere scontroso e decisamente antisociale, frutto di un percorso segnato da lotte personali che fino al terzo capitolo non avevano ancora ricevuto una risposta visiva diretta.
Così, Guardiani della Galassia Vol. 3 mette subito in chiaro il cuore del suo racconto, attraverso una sequenza di apertura mozzafiato, in cui vengono alternati i primi esperimenti sul piccolo procione al suo presente coi Guardiani. La scelta di Creep dei Radiohead come colonna sonora è estremamente significativa in questo senso, introducendo una racconto che riconosciamo subito diverso dal solito, con un velo di oscurità e terrore che avvolge ogni cosa.
In questo senso, il regista è stato estremamente diretto, inserendo nella pellicola un percorso di violenza e sangue che porta inevitabilmente a riflettere sulla sperimentazione animale e sulle atrocità che alcuni esseri viventi continuano a subire a causa del nostro stesso capitalismo e consumismo. Gunn non ci prende per mano come in passato, ma anzi, cerca di colpirci con una rappresentazione sia fittizia che estremamente tangibile, riconoscibile immediatamente per le persone davanti allo schermo.
Un cinecomic come nessun altro
Rocket è un procione come tanti altri, nato in una cucciolata anonima e gettato in una gabbia in attesa di un destino ignoto. L'oscurità avvolge ogni cosa, generando un terrore fatto di ombre e dubbi sulla propria sopravvivenza. Poi qualcosa scatta: la gabbia si apre e una mano gigantesca si avvicina lentamente e con attenzione ai cuccioli spaventati. Le due inquadrature più suggestive in questo senso sono la soggettiva della mano che va incontro agli spettatori e il primo piano su un ignaro Rocket, inconsapevole del terribile destino che lo attende.
Da questo momento in poi, Guardiani della Galassia Vol. 3 costruisce la sua trama alternando il presente dei protagonisti che cercano di salvare il loro amico procione dopo un attacco, a dei flashback che ci mostrano il difficile cammino che ha reso Rocket quello che tutti conosciamo.
È proprio in questo senso che il titolo si distingue dagli altri film dell'MCU, affrontando apertamente una tematica estremamente delicata anche nel nostro presente: la sperimentazione sugli animali. L'approccio di Gunn non è apertamente politico, ma comunque diretto e privo di fronzoli, caratterizzato da una regia che cerca di includere il più possibile le atrocità vissute dal personaggio, senza edulcorarne gli aspetti più disumani. Il passato di Rocket è difficile da guardare e comprendere. Il dolore, l'ignoranza e la vana speranza di un futuro migliore sono gli ingredienti principali che accompagnano i suoi primi passi da animale intelligente. La sua vita inizia nell'antro buio di un'astronave piena di gabbie con animali deformi, vittime della fame di conoscenza altrui e, senza saperlo, pezzi sacrificabili di un puzzle che non ha ancora trovato una soluzione definitiva e forse non la troverà mai.
Qui entriamo in contatto per la prima volta con il concetto di cavie, di esseri viventi ridotti a oggetti, bozze scientifiche viventi che servono solo per raggiungere una conoscenza superiore o successiva della vita stessa. La sperimentazione diventa un percorso di sangue e dolore, un approccio freddo e distaccato che non considera altro al di fuori dei suoi possibili risultati. Così facciamo anche la conoscenza degli altri animali, compagni sfortunati nella stessa situazione del nostro protagonista, esseri inconsapevoli del ruolo che stanno giocando in un puzzle scientifico malato e distorto. Le loro scene sono probabilmente le più strazianti dell'intero film ed è proprio nel modo in cui vengono costruite che Guardiani della Galassia Vol. 3 riesce a creare un collegamento emotivo diretto tra gli spettatori e alcune atrocità che, purtroppo, sono ancora presenti in alcuni contesti attuali.
Il tocco di James Gunn è più evidente che mai quando decide di rappresentare una situazione del genere, giocando con l'estetica malconcia delle altre cavie (non sono più solo animali quando Rocket si lega a loro, ma esseri che hanno perso parti del corpo sostituite da elementi metallici e altre protesi) in contrasto con una forte volontà di vivere che è quasi tangibile nei loro sguardi. La speranza verso una vita migliore è il carburante principale di un'esistenza vissuta principalmente in laboratorio, nonché la loro forza più grande. Proprio nella struggente illusione che tutta la sofferenza che hanno vissuto li condurrà verso un futuro luminoso, lontano dalle fredde mura di un soffocante soffitto nero, risiede il messaggio animalista più forte e diretto dell'intera storia, spingendo gli spettatori a riflettere sulle condizioni di alcuni laboratori in cui gli animali sono trattati come oggetti da sfruttare e gettare via.
Inoltre, l'azione in gioco è resa credibile grazie a una CGI ben realizzata e controllata (le scene in cui Rocket è sul tavolo operatorio, le scelte estetiche per le altre cavie e l'attenzione nella creazione di un'ambientazione buia e opprimente), capace di trasmettere una situazione che graffia arrivando in profondità, ferendo gli spettatori in tanti modi diversi, catapultandoli in una rappresentazione diretta della crudeltà umana al di fuori dello schermo cinematografico, e sovvertendo la spensieratezza tipica di molti cinecomic contemporanei.
L'intensa coerenza tematica non può che arricchire una storia destinata alle masse, realizzata forse proprio riflettendo sulle incoerenze che gli esseri umani portano con sé da tempi immemorabili. Nonostante non ci sia un intento politico esplicito, il film di Gunn si apre fin dall'inizio a un dialogo complesso che non deve essere affatto sottovalutato, mettendo in scena una conversazione diretta con una realtà che non è così estranea agli occhi degli spettatori, per poi arricchirla con un sentimentalismo autoriale che ha molte più sfumature di quanto si possa immaginare.
L'Alto Evoluzionario siamo noi
Gran parte del fascino di Guardiani della Galassia Vol. 3 deriva proprio dal suo antagonista principale: l'Alto Evoluzionario (Chukwudi Iwuji). Quando lo incontriamo nel film, i suoi studi genetici sono già avanzatissimi, così come le sperimentazioni su se stesso e sugli altri esseri viventi dello spazio.
Ossessionato dalla manipolazione della vita e dal concetto di evoluzione e perfezione, questo personaggio estremamente negativo rappresenta, in qualche modo, uno dei tratti predominanti della stessa umanità, trasponendo sul grande schermo il desiderio di potere e la curiosità scientifica senza limiti che ha sempre caratterizzato la storia umana. Pur non conoscendo il percorso formativo che lo ha spinto a ragionare e sperimentare come vediamo nella storia, gli obiettivi dell'Alto Evoluzionario sono più evidenti che mai, specialmente nel modo in cui tratta le proprie cavie e Rocket stesso. Soffre di una vera e propria sindrome di onnipotenza, alimentata da un'intelligenza sicuramente superiore, orientata esclusivamente al progresso scientifico, anche a spese della vita stessa e del suo significato. Le capacità di questo antagonista si manifestano fin dal suo esordio, delineando una serie di poteri mentali accompagnati da una freddezza fuori dal comune che terrorizza più di ogni altra cosa.
Non è solamente un villain dai grandi gesti teatrali, la sua più grande influenza sul pubblico deriva dai piccoli gesti, dai movimenti in laboratorio, dal distacco emotivo e glaciale, dallo sguardo oscuro e fermo, e dalle parole false che spende con le proprie cavie solamente in funzione del proprio tornaconto scientifico. Nel raccontare le modalità disumane utilizzate in nome del concetto di progresso (un esempio di ciò lo vediamo con l'identificazione degli animali tramite numeri che tentano di sottrarre loro ogni significato biologico), il film supera i limiti del grande schermo, collegandosi direttamente alla violenza che il consumismo contemporaneo continua a perpetrare sul mondo animale e suscitando una serie di riflessioni animaliste che non devono essere affatto sottovalutate.
Così, l'Alto Evoluzionario stesso diventa una metafora evidente dell'avidità fredda e distante tipica della razza umana, un modello morale estremamente negativo che dovrebbe essere assolutamente condannato e mai giustificato, e un monito nei confronti di certi comportamenti che sarebbe meglio lasciarci alle spalle per sempre, specialmente in termini di progresso. Non a caso, la stessa PETA, famosa organizzazione no-profit che sostiene da sempre i diritti degli animali, è intervenuta a favore di Guardiani della Galassia Vol. 3, elogiandone il coraggio e l'approccio con cui ha trattato le tematiche animaliste.
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Guardiani della Galassia Vol.3 riesce a parlare facilmente di sperimentazione animale risultando coerente e brutalmente diretto allo stesso tempo
Guardiani della Galassia Vol. 3 è riuscito, a differenza di molti altri film dell'MCU, a trasporre una storia che si confronta con la realtà, delineando il percorso di un personaggio che suscita emozioni proprio a causa delle atrocità che commette, senza la necessità di un impegno politico diretto. Al centro del lungometraggio troviamo la storia di Rocket e dell'Alto Evoluzionario, nonché il percorso in laboratorio che ha dato vita a un racconto di origini in grado di superare facilmente i limiti emotivi imposti dalla finzione per affrontare argomenti direttamente collegati alla nostra realtà (ne abbiamo parlato anche nella nostra recensione di Guardiani della Galassia Vol 3).
In ciò, James Gunn è stato sicuramente intelligente, permeando la malinconia di un saluto con un approccio narrativo che parla, innanzitutto, di violenza gratuita sugli animali e di sperimentazioni disumane. La morale, in questo contesto, trova spazio in una scala distorta molto lontana dalla nostra.
Progresso e violenza
Guardiani della Galassia Vol. 3 non è solo l'addio di James Gunn all'MCU, ma la vera e propria separazione da un gruppo di personaggi che il regista ha voluto portare sul grande schermo tempo fa, nonostante i dubbi che circolavano attorno al progetto.
Un commiato che, almeno secondo le interviste che hanno preceduto l'uscita del film, è stato pianificato fin dall'inizio, diffondendo indizi che avrebbero poi trovato una soluzione in questo terzo e ultimo capitolo. La centralità di Rocket (interpretato da Bradley Cooper) non è mai stata un mistero, con lo stesso regista che ha sottolineato più volte il suo essere il vero protagonista dei Guardiani della Galassia in un certo senso, anticipando ciò che avremmo visto nell'ultima pellicola in termini di sviluppo del personaggio. Già dal primo film, infatti, abbiamo avuto qualche accenno fugace alla sua "condizione", con inquadrature impegnate a delineare l'estetica di un soggetto con un passato sicuramente difficile, di cui dobbiamo anche considerare il suo carattere scontroso e decisamente antisociale, frutto di un percorso segnato da lotte personali che fino al terzo capitolo non avevano ancora ricevuto una risposta visiva diretta.
Così, Guardiani della Galassia Vol. 3 mette subito in chiaro il cuore del suo racconto, attraverso una sequenza di apertura mozzafiato, in cui vengono alternati i primi esperimenti sul piccolo procione al suo presente coi Guardiani. La scelta di Creep dei Radiohead come colonna sonora è estremamente significativa in questo senso, introducendo una racconto che riconosciamo subito diverso dal solito, con un velo di oscurità e terrore che avvolge ogni cosa.
In questo senso, il regista è stato estremamente diretto, inserendo nella pellicola un percorso di violenza e sangue che porta inevitabilmente a riflettere sulla sperimentazione animale e sulle atrocità che alcuni esseri viventi continuano a subire a causa del nostro stesso capitalismo e consumismo. Gunn non ci prende per mano come in passato, ma anzi, cerca di colpirci con una rappresentazione sia fittizia che estremamente tangibile, riconoscibile immediatamente per le persone davanti allo schermo.
Un cinecomic come nessun altro
Rocket è un procione come tanti altri, nato in una cucciolata anonima e gettato in una gabbia in attesa di un destino ignoto. L'oscurità avvolge ogni cosa, generando un terrore fatto di ombre e dubbi sulla propria sopravvivenza. Poi qualcosa scatta: la gabbia si apre e una mano gigantesca si avvicina lentamente e con attenzione ai cuccioli spaventati. Le due inquadrature più suggestive in questo senso sono la soggettiva della mano che va incontro agli spettatori e il primo piano su un ignaro Rocket, inconsapevole del terribile destino che lo attende.
Da questo momento in poi, Guardiani della Galassia Vol. 3 costruisce la sua trama alternando il presente dei protagonisti che cercano di salvare il loro amico procione dopo un attacco, a dei flashback che ci mostrano il difficile cammino che ha reso Rocket quello che tutti conosciamo.
È proprio in questo senso che il titolo si distingue dagli altri film dell'MCU, affrontando apertamente una tematica estremamente delicata anche nel nostro presente: la sperimentazione sugli animali. L'approccio di Gunn non è apertamente politico, ma comunque diretto e privo di fronzoli, caratterizzato da una regia che cerca di includere il più possibile le atrocità vissute dal personaggio, senza edulcorarne gli aspetti più disumani. Il passato di Rocket è difficile da guardare e comprendere. Il dolore, l'ignoranza e la vana speranza di un futuro migliore sono gli ingredienti principali che accompagnano i suoi primi passi da animale intelligente. La sua vita inizia nell'antro buio di un'astronave piena di gabbie con animali deformi, vittime della fame di conoscenza altrui e, senza saperlo, pezzi sacrificabili di un puzzle che non ha ancora trovato una soluzione definitiva e forse non la troverà mai.
Qui entriamo in contatto per la prima volta con il concetto di cavie, di esseri viventi ridotti a oggetti, bozze scientifiche viventi che servono solo per raggiungere una conoscenza superiore o successiva della vita stessa. La sperimentazione diventa un percorso di sangue e dolore, un approccio freddo e distaccato che non considera altro al di fuori dei suoi possibili risultati. Così facciamo anche la conoscenza degli altri animali, compagni sfortunati nella stessa situazione del nostro protagonista, esseri inconsapevoli del ruolo che stanno giocando in un puzzle scientifico malato e distorto. Le loro scene sono probabilmente le più strazianti dell'intero film ed è proprio nel modo in cui vengono costruite che Guardiani della Galassia Vol. 3 riesce a creare un collegamento emotivo diretto tra gli spettatori e alcune atrocità che, purtroppo, sono ancora presenti in alcuni contesti attuali.
Il tocco di James Gunn è più evidente che mai quando decide di rappresentare una situazione del genere, giocando con l'estetica malconcia delle altre cavie (non sono più solo animali quando Rocket si lega a loro, ma esseri che hanno perso parti del corpo sostituite da elementi metallici e altre protesi) in contrasto con una forte volontà di vivere che è quasi tangibile nei loro sguardi. La speranza verso una vita migliore è il carburante principale di un'esistenza vissuta principalmente in laboratorio, nonché la loro forza più grande. Proprio nella struggente illusione che tutta la sofferenza che hanno vissuto li condurrà verso un futuro luminoso, lontano dalle fredde mura di un soffocante soffitto nero, risiede il messaggio animalista più forte e diretto dell'intera storia, spingendo gli spettatori a riflettere sulle condizioni di alcuni laboratori in cui gli animali sono trattati come oggetti da sfruttare e gettare via.
Inoltre, l'azione in gioco è resa credibile grazie a una CGI ben realizzata e controllata (le scene in cui Rocket è sul tavolo operatorio, le scelte estetiche per le altre cavie e l'attenzione nella creazione di un'ambientazione buia e opprimente), capace di trasmettere una situazione che graffia arrivando in profondità, ferendo gli spettatori in tanti modi diversi, catapultandoli in una rappresentazione diretta della crudeltà umana al di fuori dello schermo cinematografico, e sovvertendo la spensieratezza tipica di molti cinecomic contemporanei.
L'intensa coerenza tematica non può che arricchire una storia destinata alle masse, realizzata forse proprio riflettendo sulle incoerenze che gli esseri umani portano con sé da tempi immemorabili. Nonostante non ci sia un intento politico esplicito, il film di Gunn si apre fin dall'inizio a un dialogo complesso che non deve essere affatto sottovalutato, mettendo in scena una conversazione diretta con una realtà che non è così estranea agli occhi degli spettatori, per poi arricchirla con un sentimentalismo autoriale che ha molte più sfumature di quanto si possa immaginare.
L'Alto Evoluzionario siamo noi
Gran parte del fascino di Guardiani della Galassia Vol. 3 deriva proprio dal suo antagonista principale: l'Alto Evoluzionario (Chukwudi Iwuji). Quando lo incontriamo nel film, i suoi studi genetici sono già avanzatissimi, così come le sperimentazioni su se stesso e sugli altri esseri viventi dello spazio.
Ossessionato dalla manipolazione della vita e dal concetto di evoluzione e perfezione, questo personaggio estremamente negativo rappresenta, in qualche modo, uno dei tratti predominanti della stessa umanità, trasponendo sul grande schermo il desiderio di potere e la curiosità scientifica senza limiti che ha sempre caratterizzato la storia umana. Pur non conoscendo il percorso formativo che lo ha spinto a ragionare e sperimentare come vediamo nella storia, gli obiettivi dell'Alto Evoluzionario sono più evidenti che mai, specialmente nel modo in cui tratta le proprie cavie e Rocket stesso. Soffre di una vera e propria sindrome di onnipotenza, alimentata da un'intelligenza sicuramente superiore, orientata esclusivamente al progresso scientifico, anche a spese della vita stessa e del suo significato. Le capacità di questo antagonista si manifestano fin dal suo esordio, delineando una serie di poteri mentali accompagnati da una freddezza fuori dal comune che terrorizza più di ogni altra cosa.
Non è solamente un villain dai grandi gesti teatrali, la sua più grande influenza sul pubblico deriva dai piccoli gesti, dai movimenti in laboratorio, dal distacco emotivo e glaciale, dallo sguardo oscuro e fermo, e dalle parole false che spende con le proprie cavie solamente in funzione del proprio tornaconto scientifico. Nel raccontare le modalità disumane utilizzate in nome del concetto di progresso (un esempio di ciò lo vediamo con l'identificazione degli animali tramite numeri che tentano di sottrarre loro ogni significato biologico), il film supera i limiti del grande schermo, collegandosi direttamente alla violenza che il consumismo contemporaneo continua a perpetrare sul mondo animale e suscitando una serie di riflessioni animaliste che non devono essere affatto sottovalutate.
Così, l'Alto Evoluzionario stesso diventa una metafora evidente dell'avidità fredda e distante tipica della razza umana, un modello morale estremamente negativo che dovrebbe essere assolutamente condannato e mai giustificato, e un monito nei confronti di certi comportamenti che sarebbe meglio lasciarci alle spalle per sempre, specialmente in termini di progresso. Non a caso, la stessa PETA, famosa organizzazione no-profit che sostiene da sempre i diritti degli animali, è intervenuta a favore di Guardiani della Galassia Vol. 3, elogiandone il coraggio e l'approccio con cui ha trattato le tematiche animaliste.
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