Godzilla vs Kong, la storia cinematografica del MonsterVerse

Ripercorriamo insieme la nascita e l'evoluzione del progetto hollywoodiano di rilancio filmografico dei mitici e amatissimi kaiju giapponesi.

Godzilla vs Kong, la storia cinematografica del MonsterVerse
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Più giovane del Marvel Cinematic Universe e tra gli universi cinematografici più di successo della recente storia hollywoodiana proprio insieme al MCU o a Fast & Furious, il MonsterVerse è uno di quei progetti che in linea di massima non hanno inventato nulla di nuovo pur muovendosi estremamente bene. I mostri (o Titani) protagonisti di questi film prodotti e sviluppati da Legendary Pictures in collaborazione con Warner Bros. sono tra le creazioni più conosciute del cinema mondiale, americano o giapponese, provenienti da una cultura filmografica che agli albori della sua costituzione ha sempre tentato di porre in analogia la mostruosità dell'inconoscibile o dell'alieno con quella umana, anche correlata alle mostruosità direttamente create dall'uomo come la Bomba Atomica. Non è un caso che i kaiju siano strettamente legati alla questione nucleare e alla radiazioni, per lo meno quelli nati dalla fantasia di Ishiro Honda dopo i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki; un modo per esorcizzare quei mali e, anzi, sottolinearne l'esecrabile eredità storica. In questo senso, tutto è iniziato da Godzilla, che è infatti soprannominato il Re dei Mostri, ma ancora prima che in oriente nascesse questo filone, in America, nel 1933, vedeva la luca King Kong, il primo mostro gigante mai creato nella storia del cinema e ideato da Merian C. Cooper ed Edgar Wallace.

Il successo del Re dei Primati in occidente venne poi intercettato dall'audacia imitatoria e dalla passione dei giapponesi, che infatti ne produssero diverse pellicole, re-inventandone un po' il canone e le origini per poi metterlo faccia a faccia con Godzilla e altri mostri della cultura nipponica.
Se Godzilla è una delle icone del cinema giapponese, Kong è al contempo icona del cinema americano, "l'ottava meraviglia del mondo" nella concezione originale di Cooper, e l'idea più sensata del MonsterVerse è stata quella di mantenere viva questa iconicità territoriale dei personaggi, mischiando al contempo il tutto per creare qualcosa che rispettasse il senso di un universo condiviso senza snaturare la natura dei protagonisti.

Rinascere a Hollywood

Anche se sotto l'egida della mitica Toho, Godzilla e gli altri kaiju continuano tuttora a mietere successo a consensi da parte di pubblico e critica, quel modo artigianale di produrre i film non è mai stato realmente appetibile per il pubblico mainstream occidentale. Non stiamo parlando di appassionati, cinefili o fini conoscitori della cultura cinematografica orientale e di genere, ma del pubblico di massa, dei casual viewers, di chi vuole uno spettacolo confezionato secondo dei criteri da blockbuster accessibili anche da ampie fette di audience.
Prima che arrivassero Legendary e Warner a sistemare il tiro per adattarlo al bersaglio hollywoodiano, nel 1998 ci pensarono Columbia Pictures e Roland Hemmerich a tentare questa strada con il controverso Godzilla di fine secolo scorso, quello ispirato più al Jurassic Park di Steven Spielberg che al Re dei Mostri di Honda. Divenuto un piccolo cult di genere, il film non ebbe il successo sperato, distruggendo per quasi vent'anni i sogni di un franchise americano sul Predatore Alpha, almeno fino al 2014, quando ormai messa da parte la sghemba e azzardata parentesi emmerichiana sul personaggio, giunse con visione e contenuto Gareth Edwards a rilanciare in chiave blockbuster il buon Godzilla. Quello di sette anni fa non fu però un film d'origini, quanto di riscoperta del personaggio sotto una luce differente.

Il regista di Monsters fu attento a cogliere il modello ispirazionale di Honda, tornando a parlare di radiazioni e spostando nuovamente il punto di vista a quello originale, tornando a ragionare sul mostro visto dal basso, dagli occhi dell'uomo, inquadrandolo come un essere onnipotente e inconoscibile.

Il Godzilla di Edwards, per quanto imperfetto, è un ottimo studio cinematografico sulla percezione e la messa in scena del gigante rispetto al piccolo; uno spettacolo studiato bene in chiave di luci e punti ripresa, distante come concezione filmica dalla controparte giapponese ma valido e ben adattato alla cultura occidentale.

Ancora meglio è però stato il Kong: Skull Island del talentuoso Jordan Vogt-Roberts, che ha saputo levigare l'anima tonale del progetto su note atmosferiche anni '70, tornando alla guerra del Vietnam e alla mappatura dell'oceano ancora in corso.

Anche qui c'è l'inconoscibile, il gigante e il sorprendente, ma non è il mostro a invadere la civiltà quanto il contrario, dato che è l'uomo che va a disturbare il mostro, seppur inconsapevolmente. Non è comunque Kong, il Re dei Primati, a essere un problema, almeno finché non viene attaccato. Nemmeno questo è pensato come film d'origini, per lo meno non di King Kong, perché vuole in realtà gettare le basi della nascita della Monarch vista nel precedente Godzilla, aprendo ufficialmente al MonsterVerse. In questo caso, oltre alla magnifica estetica data al lungometraggio, curatissimo in fase di color correction, di contrasti, movimenti di macchina e fotografia in generale, Roberts ha saputo giocare bene le carte contenutistiche sul contrasto tra fiducia e ricerca costante di un nemico, sia da parte di Kong che dell'uomo. Pur lavorando curiosamente più in piccolo, rispetto a Godzilla questo film è in verità l'apoteosi della spettacolarità e non risparmia la mastodontica visione del Re dei Primati, mettendolo anzi al centro di più di una sequenza adrenalinica.

Anticipata l'importanza dell'Isola del Teschio e del futuro incontro tra i due assoluti protagonisti del MonsterVerse in Godzilla vs Kong (che da noi uscirà finalmente il prossimo 6 maggio in noleggio digitale), Legendary ha confezionato però un secondo capitolo cinematografico dedicato al Predatore Alpha, prendendo anche decise distanze tonali e proporzionali dal precedente lavoro di Edwards per entrare a gamba tesa nel senso del sublime, tanto in senso estatico che narrativo.

Alcune inquadrature sembrano uscite da Goya, altre imitano l'estasi visiva di Mad Max: Fury Road, provando a sovvertire in senso programmatico l'idea che il piccolo sia protagonista, spostando lentamente il punto di vista dall'alto verso il basso. È qui che c'è la vera genesi di Godzilla come sovrano indiscusso dei Titani e l'inizio della convivenza con l'uomo. La lotta per il predominio Godzilla e Kong sono ora pronti a giocarsela nel crossover di Adam Wingard, che andrà a chiudere questa sorta di Fase 1 del MonsterVerse, talmente amato che a poche settimane dalla release del progetto è già stato annunciato il sequel, quello che porterà avanti l'universo cinematografico dei mostri.

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