Speciale Godzilla: Diario di viaggio dal set (terza parte)

Il nostro inviato ci racconta la terza tappa del suo incontro ravvicinato col Godzillasauro

Speciale Godzilla: Diario di viaggio dal set (terza parte)
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(La prima parte del Diario di viaggio la trovate a quest'indirizzo, la seconda, invece qui)

Dove in una sola stanza c'è tutta la storia di Godzilla, a parte Godzilla.

Vancouver, Canada, 17 giugno 2013
Dopo la prima visita al set all'aperto di Godzilla di Gareth Edwards e il primo giro di interviste con il cast del film, l'uomo col grande cappello ci invitò a salire nuovamente sulla navetta che ci aveva prelevato dall'albergo e che ora ci avrebbe condotto alla seconda parte del nostro tour: l'art department studio.
Lo ammetto, era la parte che attendevo in assoluto di più. Da disegnatore - e da esteta - considero sempre come punto di maggior interesse di un film il suo apparato iconico e spettacolare, luci, set, costumi, realizzazioni delle creature (visto che, in questo caso, stavamo parlando di un film di mostri), insomma tutto quello che dona al film una "firma artistica", un DNA d'immagine riconoscibile ed identificabile. Se c'è qualcosa che dà "personalità" ai film - specialmente quando parliamo di grandi produzioni Hollywoodiane dove il lavoro è frazionato in migliaia di singole unità - si struttura lì, dove ci stavamo dirigendo.
L'art department studio era sito a pochi minuti dal set, in un grande e anonimo palazzone bianco dall'aspetto modesto. Nulla dava a vedere, dal di fuori, che lì ci fossero all'opera persone che, lavorando giorno e notte, stavano plasmando immaginario. Ad un certo punto l'occhio mi cadde su di un vaso che adornava l'entrata: sulla base vi erano adagiate un gran numero di cicche di sigarette, tutte consumate e ammassate fino all'altezza della mia caviglia. Solo a quel punto - anche da non fumatore - mi fu subito chiaro che lì dentro si lavorava sodo e incessantemente.
La prima stanza del dipartimento artistico che visitammo fu quella contenente gli storyboard e i plastici in scala ridotta dei set del film: inutile dire che portaerei riprodotte in scala uno a uno, elicotteri militari e interviste ad attori e regista vennero nella mia mente surclassate in un solo battito di ciglia appena messo piede lì dentro.

Motivational poster


Ad accoglierci, accanto alla porta, vi era quello che mi piace pensare come un "poster motivazionale", un po' come quelli con il gattino che si regge ad una cordicella con su scritto "tieni duro", solo che qui al posto del gattino c'era Godzilla, ingegnosamente ritratto di spalle, torreggiante su di una baia cittadina i cui palazzi erano in primo piano. Il mostro era quasi completamente emerso, solo le gambe dal ginocchio in giù e parte della coda erano ancora tra i flutti. Il cielo dell'illustrazione era rosso e dava un senso di apocalittico alla scena, che pur non raffigurava scene di distruzioni. Sopra all'illustrazione troneggiava il motto "Ritorno alla natura".
Era chiaro che quell'immagine e, sopratutto, il tagline che la incorniciava erano le linee guida da seguire per il nuovo Godzilla: la concezione del mostro come una forza della natura, non malvagio né salvifico bensì, semplicemente, una raffigurazione del sublime.
Il termine "realismo" era stato proferito molte volte da quando era iniziata la giornata e la visita al set, e, lo ammetto, ogni volta che qualcuno aveva detto quella dannata parola un brivido freddo mi era corso lungo la colonna vertebrale. Dovrebbe esserci una legge che vieta alcuni termini se relazionati alle icone immaginarie e al cinema in genere e "realismo" è uno di quelli. Un rettile alto centinaia di volte di più di qualsiasi dinosauro noto all'uomo che erutta fiammate radioattive dalle fauci non è realistico e non dovrebbe mai esserlo. Dove sarebbe il divertimento altrimenti? Sentendo parlare tecnici e animatori di "realismo" avevo immaginato che Godzilla, nel film, sarebbe stato una sorta di enorme mucca o cose simili ma, per fortuna, quell'immagine mi tranquillizzò. Godzilla era un lucertolone gigante e come i tipi di Hollywood trovassero ciò "naturale" o "realistico" beh, a questo punto erano fatti loro, io stavo più che tranquillo.
A seguire il "manifesto motivazionale" erano affissi sulle pareti di tutta la stanza notevoli porzioni dello storyboard del film, a volte sketch a matita, per scene di dialogo o d'azione, altre volte veri e propri digital paintings molto elaborati per stabilire le luci e i colori base delle inquadrature più importanti, gli establishment shot o in genere le immagini complesse che sarebbero state elaborate in post produzione con l'ausilio di computer grafica mista alle riprese live. Le tavole degli storyboard erano posizionate in una sorta di labile struttura narrativa che dava un'idea sommaria dello svolgimento dei fatti che il film avrebbe coperto. Più che l'idea di vedere il film in versione illustrata, però, avevo quella di osservare la "timeline" che il film avrebbe raccontato, visto che, con tanto di date affisse sugli storyboard si intendeva ordinare tutti gli eventi in successione, senza dar comunque per scontato che il film li avrebbe montati in quel modo. La prima immagine era incredibilmente evocativa e di sicuro ben significativa per ogni fan di Godzilla: un fungo atomico, con al lato una data ben precisa, 1954. Subito di seguito vi erano scene di distruzione di Tokio e il dramma di un uomo (probabilmente il personaggio interpretato da Ken Watanabe) che nella vicenda perdeva la moglie.
Il film, dunque, avrebbe riproposto le origini classiche del mostro (con tanto di data che rimandava all'uscita del primo classico film nipponico del kaiju di Ishiro Honda) e strutturato una serie continua di eventi che avrebbe trasportato lo spettatore fino ai giorni nostri, probabilmente grazie al personaggio di Watanabe come collante. Ma, ripeto, mi stavo facendo "il film con la testa" (mai termine fu più appropriato!) basandomi su quello che stavo vedendo sugli storyboard. Nessuno, nemmeno i due nuovi ciceroni che si erano sostituiti all'uomo dal grande cappello, ci diedero certezze su tutto ciò.

Segreti...

Clickate sulla vignetta per leggerla alla grandezza originale!
Continuavo a camminare, costeggiando gli storyboard sulle pareti, e notavo come le date sulle scene si facevano man mano più contemporanee mostrando città distrutte di diversa localizzazione e in tempi diversi. Particolarmente interessante fu una serie di illustrazioni che mostrava alcuni scienziati in tuta anti radioattiva che camminavano nella cassa toracica aperta di un mostro gigantesco morto. E quello - in una delle poche e mirate informazioni che ci diedero - non era Godzilla. Di nuovo il mio "regista interiore" mi suggerì che, nel film, l'atomica iniziale (o ci sarebbero state altre bombe atomiche?) avrebbe potuto generare non solo Godzilla ma una serie di altri kaiju che avremmo visto nel film accanto o in altre scene rispetto al sauro atomico.
Di sicuro era snervante la precisione chirurgica con cui dagli storyboard erano state tolte di mezzo ogni illustrazione di Godzilla o degli altri mostri. Vedevo continuamente riprodotte i risultati degli attacchi kaiju sulle città ma mai (o quasi mai come vedremo) i kaiju stessi che le distruggevano. "Maledetti questi hollywoodiani" pensai, "sanno tenere i loro segreti!", immaginandomeli qualche giorno prima il nostro arrivo a staccare dal muro tutte le tavole troppo esplicite con le immagini dei mostri.
In ogni modo non volevano lasciarci a bocca troppo asciutta e una parete, dirimpettaia a quella col "poster motivazionale" mostrava la prima immagine "oggettiva" di Godzilla, grossomodo la stessa del manifesto in cui era di spalle ma, stavolta, rivolto verso l'osservatore. La figura possente e muscolosa del sauro era molto simile al design classico ma aveva un non so che di urside. Le zampe davanti e il muso somigliavano a quelle di un grizzly più che a un dinosauro. Chiesi ad uno dei nostri nuovi ciceroni - un tipo magrolino e distinto con capelli curati, la camicia bianca e l'aspetto da bravo ragazzo - se ciò fosse voluto. Mi rispose che tutto ciò che stavamo vedendo in questa stanza erano elementi di pre-visualizzazione e che potrebbero esser mutati anche completamente nella realizzazione finale del film. Digrignai un "thank you so much"... ne sapevo quanto prima!

...ben nascosti!

L'ultima parete era invece riferita alla parte contemporanea del film, mostrava marines abbigliati in maniera assolutamente moderna lanciarsi dagli aerei militari in città distrutte e cose del genere. Il lead character della parte contemporanea sembrava essere il militare interpretato da Aaron Taylor Johnson, Ford, e, dalla vista di alcune scene schizzate a matita, sembrava che anche lui avrebbe rischiato di perdere la famiglia a causa di Godzilla.
Inutile negare che in tutto questo, l'elemento in assoluto più intrigante erano un paio di disegni a colori e ben particolareggiati in cui Godzilla, stavolta visibile e meno "mammifero" dell'immagine sull'altra parete, confrontava altri mostri suoi pari, uno addirittura munito di lunghi tentacoli. Alla vista di queste due singole immagini mi sembrò chiaro che il film non ci avrebbe mostrato solo umani contro mostri ma anche mostri contro mostri. Il che mi sembrò, al tempo, molto eccitante e molto sensato nel voler riprodurre il Godzilla classico, che ha recitato "in solitario" solo nel primo film di Ishiro Honda, e sin dal sequel è stato affiancato o attaccato da altre creature.
Chiesi al tipo distinto dell'art department se questi mostri erano versioni "rebooted" di classiche icone della Toho, come Angilas o Baragon, o se erano mostri creati appositamente per la nuova pellicola. Chiesi anche se avevano la stessa origine di Godzilla (cioè l'atomica iniziale) o se il film avrebbe mostrato più origini dei vari mostri. Chiesi, poi, se Godzilla, confrontandoli, sarebbe assurto a una sorta di personaggio eroico come nella serie classica. Il tipo distinto mi guardò con lo sguardo di un papà paziente di fronte al bimbo che in macchina chiede ripetutamente "siamo già arrivati? siamo già arrivati?", fece un mezzo sorriso, e mi rispose "you gotta wait to watch the movie".
Dannati Hollywoodiani, sanno come tenere un segreto.


Godzilla e Piccion

Mauro Antonini, giornalista crossmediale, scrittore ed autore, nonché nostro inviato sul set di Godzilla, è anche autore di PiccionCinema, la popolare webseries che oggi, in esclusiva per Everyeye, presenta le prime inedite e richiestissime vignette dedicate al film di Gareth Edwards.

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