Frankenweenie nel 1984: la simpatica storia di un (in)successo

Frankenweenie di Tim Burton è un corto capace in pochi minuti di racchiudere perfettamente la poetica del regista: scopriamone insieme la storia.

Frankenweenie nel 1984: la simpatica storia di un (in)successo
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Halloween, la festa americana ampiamente celebrata in varie parti del mondo (anche e soprattutto per la sua dimensione prettamente commerciale/ludica) è ormai passata. Se l'anno scorso abbiamo voluto celebrarla con vari speciali tra cui quello dedicato a Nightmare Before Christmas, quest'oggi vi proponiamo invece uno speciale dedicato a Frankenweenie, il corto live action di Tim Burton del 1984 che, a quasi trent'anni di distanza, è stato oggetto di un remake da parte dallo stesso regista.
Forse non tutti sanno però l'interessante storia dietro al corto e, proprio per questo, oltre ad analizzare l'opera originale ci concentreremo anche nel riflettere sulle dinamiche che, a volte, portano un progetto a non vedere la luce per innumerevoli fattori.

Migliori amici

Frankenweenie narra la storia di Victor Frankenstein, un bambino allegro e spensierato che vuole molto bene al suo cane Sparky, con cui gioca spesso realizzando con lui anche dei cortometraggi.
A seguito di un tragico incidente però, Sparky muore investito da un'auto e il suo padroncino piomba in uno stato di grande tristezza. Data la sua grande determinazione, il protagonista - prendendo spunto da una dimostrazione scientifica vista a scuola - decide quindi di riportare in vita il proprio cane attraverso vari dispositivi elettronici sfruttando l'energia generata da un temporale.

L'esperimento, che riesce senza problemi, riporta così in vita Sparky, ora però in una versione leggermente diversa, particolare che porta Victor a vivere una serie di peripezie per salvaguardare l'incolumità del proprio animale domestico.
La storia, liberamente ispirata al romanzo Frankenstein o il moderno Prometeo di Mary Shelley, pubblicato per la prima volta nel 1818, contiene al suo interno tutte le tematiche stilistiche e concettuali tipiche dell'autore che, soprattutto nella prima metà della sua carriera, ha voluto focalizzarsi sul tema del diverso.
Dopo infatti il suo primo cortometraggio, Vincent, la Disney ha voluto dare fiducia al giovane creativo (allora ventiseienne) dandogli la possibilità di girare una nuova opera, Frankenweenie appunto.

Il tema dell'outsider, del diverso, dell'incompreso - che ritroveremo in seguito in alcune delle sue migliori creazioni, tra cui Edward mani di forbice, Nightmare Before Christmas e Big Fish - in Frankenweenie diventa preponderante ai fini della narrazione, rendendo di fatto Sparky e il suo travagliato rapporto con il vicinato l'emblema della paura generata dall'ignoto.
Il cane, infatti, nonostante presenti varie cuciture e pelli di altri animali attaccate sul proprio corpo, in realtà anche dopo il suo ritorno in vita rimane molto affettuoso, quasi incapace di rendersi conto della sua natura di non morto.
Allo stesso tempo, il suo padroncino Victor è l'unico che sembra riuscire ad andare oltre le apparenze grazie alla sua visione del mondo priva di pregiudizi o sovrastrutture morali imposte dall'alto, capace di dimostrarsi quindi molto più maturo di tutti gli adulti che lo circondano.

Ed è proprio il pregiudizio a essere preso maggiormente di mira dall'autore; quando infatti Sparky si ritrova a gironzolare libero per il quartiere, i numerosi vicini non possono fare altro che spaventarsi auto-convincendosi - a torto - di avere davanti una tremenda minaccia.
Tim Burton, qui in realtà ancora ai suoi esordi, dipinge il mondo degli umani, cioè il nostro, come un qualcosa di antico, stantio, troppo legato a una dimensione politicamente corretta in cui tutto deve risplendere e rispettare determinati canoni precostituiti, pena l'esclusione dalla comunità.
Ed è proprio il vicinato a riversare sul povero Sparky il proprio livore, colpevole solo di essere tornato in vita per via dell'affetto incondizionato che il suo giovane padrone prova per lui.

L'opera, pur trattando il tema della morte, risulta comunque adatta a tutti, grazie anche ad alcune divertenti trovate del regista - come nella scena in cui il protagonista guarda dalla finestra nel bel mezzo di un temporale - capaci di donare all'intero corto un tono dolceamaro in linea con la sua particolare visione stilistica.
Lo stesso finale riesce a rimettere ogni cosa al proprio posto, grazie a una presa di coscienza collettiva che rimette al centro numerosi valori fondamentali tra cui, su tutti, la lotta a ogni forma di pregiudizio e intolleranza.

Una questione di prospettiva

Seppur quindi il corto originale di Tim Burton rimanga, ancora oggi, come uno dei suoi lavori più riusciti - in grado di racchiudere tutta la sua poetica nell'arco di pochi minuti - alla Disney dell'epoca non piacque particolarmente, visto anche che l'azienda impose il divieto ai minori di tredici anni di visionare il corto.
Tim Burton venne così licenziato in tronco, colpevole di aver sprecato i soldi della compagnia per un'opera fallimentare, fuori dal loro target di riferimento e incapace di soddisfare i gusti del pubblico generalista di allora.
La vita del giovane creativo però, di lì a pochi anni sarebbe cambiata drasticamente, dato che dopo aver diretto il lungometraggio Pee-wee's Big Adventure la carriera del regista ha subito una vertiginosa impennata, grazie a una moltitudine di pellicole di successo tra cui Beetlejuice e Batman.
Poi, nel 2012, a distanza di quasi trent'anni dal corto originale, la Walt Disney Pictures ha voluto nuovamente credere nel progetto, dando così vita al lungometraggio in stop motion di Frankenweenie.
Il film d'animazione, pur risultando fedele al concept originale, appare paradossalmente inferiore al cortometraggio del 1984, proprio per via della sua struttura narrativa eccessivamente diluita; eppure, quel concept un tempo bocciato su tutti i fronti è stato in seguito riutilizzato dalla stessa azienda, sintomo del fatto che a volte determinate opere vengano scartate non tanto per presunti demeriti artistici, ma semplicemente per la poca presa che possono avere in quel determinato momento a livello di pubblico.

Seppur infatti il comportamento della Disney all'epoca non sia stato per niente ammirevole, bisogna comunque considerare il periodo storico d'uscita e tutte le altre numerose variabili che hanno portato gli studios a compiere una scelta tanto drastica.
Allo stesso modo, proprio Nightmare Before Christmas è stato per lungo tempo tenuto in pausa per poi essere riesumato una volta che Tim Burton ha acquisito il potere mediatico che gli mancava per realizzare le sue opere senza intromissioni.

La storia di Frankenweenie ci dimostra quindi come - a volte - la bocciatura di un'opera da parte di un qualsiasi studio di produzione sia in realtà legata a numerosissimi fattori - che però spesso esulano da quello più importante di tutti: il valore artistico.
Chissà come avrebbe reagito il Tim Burton del 1984, appena licenziato, se avesse saputo che trent'anni più tardi la stessa azienda che lo aveva cacciato malamente gli avrebbe fornito gli strumenti per realizzare su vasta scala quel progetto costatogli il posto di lavoro. Che dire, una vicenda talmente bizzarra da meritare un cortometraggio tutto suo. O perché no... un bel film.

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