Come annunciato dal direttore Alberto Ravaglioli durante la serata inaugurale, il Fantafestival, in occasione della sua trentesima edizione, ha omaggiato il grande effettista Ray Harryhausen con la più completa retrospettiva europea a lui dedicata. Infatti, chi - tra il 27 maggio e il 2 giugno 2010 - è approdato al Nuovo Cinema Aquila di Roma, ha avuto modo di vedere sul grande schermo (anche se proiettati in dvd e non in pellicola) non solo i titoli più noti tra quelli a cui ha preso parte l'insuperabile maestro della stop-motion oggi novantenne, ma anche la versione del fantascientifico La Terra contro i dischi volanti (1956) di Fred F. Sears colorizzata sotto la sua supervisione e il King Kong (1933) di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack - con effetti speciali a firma del suo compianto maestro Willis O'Brien, non accreditato - fornito di ricostruzione delle scene perdute. Oltre a una serie di documentari e making of posti in coda alle varie proiezioni.
Giasone e gli Argonauti
Diretto nel 1963 da Don Chaffey, Gli Argonauti (Jason and the Argonauts nella versione originale) è di sicuro il migliore dei film inclusi in questa retrospettiva, nonché una delle cose più riuscite tra quelle a cui ha preso parte Harryhausen. Protagonista della pellicola è Giasone, il quale, al comando di un gruppo di valorosi uomini chiamati Argonauti, si getta alla ricerca del magico Vello d’oro, tra creature alate, giganti di pietra e, soprattutto, un esercito di scheletri guerrieri che, quasi trent’anni dopo, ha finito per influenzare il Sam Raimi de L’armata delle tenebre.
Mostri contro alieni
Rimanendo in tema di scimmioni, uno dei primi titoli visionati è stato Il re dell'Africa (1949), il quale, sempre per mano dei già citati Schoedsack e Cooper (il primo firma la regia, il secondo solo la sceneggiatura, insieme a Ruth Rose), propone praticamente una sorta di rilettura per ragazzi di King Kong. Il film, infatti, oggetto anche del remake Il grande Joe (1998) di Ron Underwood, racconta del gorilla Joe che, cresciuto sotto la protezione della giovane Jane, viene scritturato insieme alla stessa per un sensazionale numero da mettere su in un atipico night club (l'ominide si trova anche sottoposto ad una bizzarra prova di forza con dieci forzutissimi uomini); fino al momento in cui, infastidito da alcuni spettatori ubriachi, fugge via furioso, ritrovandosi anche in mezzo all'incendio di un edificio con bambini dentro. Tutt'altra ambientazione, invece, per Il mostro dei mari (1955) di Robert Gordon e Base Luna chiama Terra (1964) di Nathan Juran: il primo vede il sottomarino del comandante Mathews imbattersi in una gigantesca piovra che, carica di radioattività, si appresta a raggiungere San Francisco per distruggerla, mentre il secondo, tra bruchi giganteschi e seleniti insettiformi, rievoca un fantomatico, inventato viaggio sulla luna risalente al XIX secolo. E, al di là del poco memorabile L'isola misteriosa (1951) di Cyril Enfield, trasposizione da Jules Verne con tanto di capitano Nemo e fauna di dimensioni accresciute, tra granchi, volatili e api, decisamente interessante si è rivelato Il mondo è meraviglioso, assemblaggio di filmati sperimentali e cortometraggi che, con interventi dello stesso Harryhausen (nella foto), convinto che oggi, nel cinema dominato dall'animazione digitale, vi sia ancora spazio per qualsiasi tecnica, va da progetti mai portati a termine (Ev olution, Il principe ranocchio, David e Golia e le avventure del clown Little Googie, tanto per citarne alcuni) a short educativi realizzati per l'esercito; senza dimenticare alcune favole (Raperonzolo, Hansel e Gretel e Cappuccetto rosso tra quelle mostrate) e la passione per i dinosauri.
I risvegli dei dinosauri
Passione, quest'ultima, testimoniata da diverse delle pellicole visionate presso il festival; al di là di Un milione di anni fa (1966) di Don Chaffey, produzione Hammer che, forse, rimane nella memoria più grazie alle forme della cavernicola protagonista Raquel Welch che per le creature preistoriche che la popolano. Come non parlare, a tal proposito, di A 30 milioni di km dalla Terra (1957), il quale, diretto dal succitato Nathan Juran, vede protagonista la grossa creatura rettiliforme Ymir che, pur provenendo da Venere e trasportata a Roma (dove si arrampica perfino sul Colosseo), presenta fattezze decisamente più vicine a quelle dei dinosauri che all'aspetto di esseri di un altro pianeta? Sicuramente una delle prove più felici della lunga carriera di Harryhausen, come pure gli effetti realizzati per gli ottimi Il risveglio del dinosauro (1953) di Eugène Lourié e La vendetta di Gwangi (1969, nella foto) di Jim O'Connolly. Precursore del giapponese Godzilla, realizzato nel 1954 da Ishiro Honda, il primo, che vede nel cast anche un giovane Lee Van Cleef pre-Sergio Leone nei panni di un tiratore scelto, narra di un redosauro che, risvegliato da un esperimento nucleare presso una base americana al Polo Nord, attacca New York in una sequenza d'antologia piuttosto violenta per l'epoca (abbiamo gente schiacciata dalle macerie e un poliziotto che viene afferrato per la testa con i denti); per poi culminare nella bella parte finale ambientata tra le montagne russe di un luna park. Il secondo, invece, porta il tirannosauro del titolo in territorio western, dove, un po' come King Kong, fugge dalla gabbia del circo in cui è stato rinchiuso per seminare caos e terrore.
I viaggi fantastici di Sinbad
Altro fondamentale appuntamento della retrospettiva, che ha incluso anche I viaggi di Gulliver (1960) di Jack Sher, è stato quello rappresentato dalla trilogia - costituita in realtà da tre film dalle trame del tutto slegate tra loro - di Sinbad, l'avventuroso marinaio de Le mille e una notte. Diretto dal solito Juran, il primo, Il settimo viaggio di Sinbad (1958), vede il protagonista, interpretato da Kerwin Mathews, alle prese con il mago Sokurah, tra creature mostruose di ogni tipo, un gigantesco ciclope e perfino un duello con uno scheletro che sembra anticipare una delle memorabili sequenze de Gli Argonauti (vedi boxino in alto). E' invece l'ex Diabolik dello schermo John Phillip Law a concedergli anima e corpo ne Il viaggio fantastico di Sinbad (1974) di Gordon Hessler, il quale ha offerto ad Harryhausen l'occasione di sbizzarrirsi con effetti Dynamation nella vicenda ambientata sull'isola di Lemuria, in mezzo a maghi, mostri e il perfido Koura. Mentre Patrick Wayne è il protagonista di Sinbad e l'occhio della tigre (1977, nella foto) di Sam Wanamaker, nel quale, tra scontri con un colosso di bronzo, una tigre dai denti a sciabola e un enorme troglodita, viene mostrata la lunga impresa per poter restituire le proprie sembianze ad un principe trasformato in babbuino dalla magica Zenobia.
Scontri di titani
Infine, non sono mancati né Scontro di titani (1981) di Desmond Davis, né il suo recente e fedele rifacimento Scontro tra titani (2010) di Louis Leterrier, il quale, anziché l'originale Harry Hamlin, ha posto il Sam Worthington di Avatar nei panni di Perseo, figlio di Zeus, a capo di una missione volta a sconfiggere il malvagio dio dell'oltretomba Ade, prima che s'impadronisca del potere del dio degli dei per scatenare l'inferno sulla Terra. E, forse, è proprio il confronto tra le due pellicole (entrambi senza infamia e senza lode) a fornirci il perché di tutta la retrospettiva harryhauseniana. Infatti, mentre il film di Leterrier, tra battaglie contro demoni, scorpioni giganti e la pietrificante Medusa, rilegge a dovere le spettacolari sequenze del lungometraggio originale facendo ampio ricorso ad effetti digitali e ricordando in particolar modo ambientazioni e messa in scena de Il Signore degli Anelli, quello diretto da Davis individua tutto il suo fascino proprio nelle animazioni in stop-motion di Harryhausen, le quali, sorpassate già per l'epoca di uscita nelle sale, rimandavano in maniera nostalgica ai suoi precedenti lavori. Lavori che, appunto, questa trentesima edizione del Fantafestival ci ha dato modo di rivedere con piacere, permettendoci di constatare che i vari Gwangi e Sinbad, in tutta la loro artigianalità, sono ancora oggi capaci di conferire un brivido allo spettatore, più di recenti derivati ultratecnologici come il Godzilla (1998) di Roland Emmerich.
Speciale Fantafestival-Omaggio a Ray Harryhausen
Speciale sull'omaggio a Ray Harryhausen tenutosi presso il XXX Fantafestival
Come annunciato dal direttore Alberto Ravaglioli durante la serata inaugurale, il Fantafestival, in occasione della sua trentesima edizione, ha omaggiato il grande effettista Ray Harryhausen con la più completa retrospettiva europea a lui dedicata. Infatti, chi - tra il 27 maggio e il 2 giugno 2010 - è approdato al Nuovo Cinema Aquila di Roma, ha avuto modo di vedere sul grande schermo (anche se proiettati in dvd e non in pellicola) non solo i titoli più noti tra quelli a cui ha preso parte l'insuperabile maestro della stop-motion oggi novantenne, ma anche la versione del fantascientifico La Terra contro i dischi volanti (1956) di Fred F. Sears colorizzata sotto la sua supervisione e il King Kong (1933) di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack - con effetti speciali a firma del suo compianto maestro Willis O'Brien, non accreditato - fornito di ricostruzione delle scene perdute.
Oltre a una serie di documentari e making of posti in coda alle varie proiezioni.
Diretto nel 1963 da Don Chaffey, Gli Argonauti (Jason and the Argonauts nella versione originale) è di sicuro il migliore dei film inclusi in questa retrospettiva, nonché una delle cose più riuscite tra quelle a cui ha preso parte Harryhausen. Protagonista della pellicola è Giasone, il quale, al comando di un gruppo di valorosi uomini chiamati Argonauti, si getta alla ricerca del magico Vello d’oro, tra creature alate, giganti di pietra e, soprattutto, un esercito di scheletri guerrieri che, quasi trent’anni dopo, ha finito per influenzare il Sam Raimi de L’armata delle tenebre.
Mostri contro alieni
Rimanendo in tema di scimmioni, uno dei primi titoli visionati è stato Il re dell'Africa (1949), il quale, sempre per mano dei già citati Schoedsack e Cooper (il primo firma la regia, il secondo solo la sceneggiatura, insieme a Ruth Rose), propone praticamente una sorta di rilettura per ragazzi di King Kong. Il film, infatti, oggetto anche del remake Il grande Joe (1998) di Ron Underwood, racconta del gorilla Joe che, cresciuto sotto la protezione della giovane Jane, viene scritturato insieme alla stessa per un sensazionale numero da mettere su in un atipico night club (l'ominide si trova anche sottoposto ad una bizzarra prova di forza con dieci forzutissimi uomini); fino al momento in cui, infastidito da alcuni spettatori ubriachi, fugge via furioso, ritrovandosi anche in mezzo all'incendio di un edificio con bambini dentro.
Tutt'altra ambientazione, invece, per Il mostro dei mari (1955) di Robert Gordon e Base Luna chiama Terra (1964) di Nathan Juran: il primo vede il sottomarino del comandante Mathews imbattersi in una gigantesca piovra che, carica di radioattività, si appresta a raggiungere San Francisco per distruggerla, mentre il secondo, tra bruchi giganteschi e seleniti insettiformi, rievoca un fantomatico, inventato viaggio sulla luna risalente al XIX secolo.
E, al di là del poco memorabile L'isola misteriosa (1951) di Cyril Enfield, trasposizione da Jules Verne con tanto di capitano Nemo e fauna di dimensioni accresciute, tra granchi, volatili e api, decisamente interessante si è rivelato Il mondo è meraviglioso, assemblaggio di filmati sperimentali e cortometraggi che, con interventi dello stesso Harryhausen (nella foto), convinto che oggi, nel cinema dominato dall'animazione digitale, vi sia ancora spazio per qualsiasi tecnica, va da progetti mai portati a termine (Ev olution, Il principe ranocchio, David e Golia e le avventure del clown Little Googie, tanto per citarne alcuni) a short educativi realizzati per l'esercito; senza dimenticare alcune favole (Raperonzolo, Hansel e Gretel e Cappuccetto rosso tra quelle mostrate) e la passione per i dinosauri.
I risvegli dei dinosauri
Passione, quest'ultima, testimoniata da diverse delle pellicole visionate presso il festival; al di là di Un milione di anni fa (1966) di Don Chaffey, produzione Hammer che, forse, rimane nella memoria più grazie alle forme della cavernicola protagonista Raquel Welch che per le creature preistoriche che la popolano.
Come non parlare, a tal proposito, di A 30 milioni di km dalla Terra (1957), il quale, diretto dal succitato Nathan Juran, vede protagonista la grossa creatura rettiliforme Ymir che, pur provenendo da Venere e trasportata a Roma (dove si arrampica perfino sul Colosseo), presenta fattezze decisamente più vicine a quelle dei dinosauri che all'aspetto di esseri di un altro pianeta?
Sicuramente una delle prove più felici della lunga carriera di Harryhausen, come pure gli effetti realizzati per gli ottimi Il risveglio del dinosauro (1953) di Eugène Lourié e La vendetta di Gwangi (1969, nella foto) di Jim O'Connolly.
Precursore del giapponese Godzilla, realizzato nel 1954 da Ishiro Honda, il primo, che vede nel cast anche un giovane Lee Van Cleef pre-Sergio Leone nei panni di un tiratore scelto, narra di un redosauro che, risvegliato da un esperimento nucleare presso una base americana al Polo Nord, attacca New York in una sequenza d'antologia piuttosto violenta per l'epoca (abbiamo gente schiacciata dalle macerie e un poliziotto che viene afferrato per la testa con i denti); per poi culminare nella bella parte finale ambientata tra le montagne russe di un luna park.
Il secondo, invece, porta il tirannosauro del titolo in territorio western, dove, un po' come King Kong, fugge dalla gabbia del circo in cui è stato rinchiuso per seminare caos e terrore.
I viaggi fantastici di Sinbad
Altro fondamentale appuntamento della retrospettiva, che ha incluso anche I viaggi di Gulliver (1960) di Jack Sher, è stato quello rappresentato dalla trilogia - costituita in realtà da tre film dalle trame del tutto slegate tra loro - di Sinbad, l'avventuroso marinaio de Le mille e una notte.
Diretto dal solito Juran, il primo, Il settimo viaggio di Sinbad (1958), vede il protagonista, interpretato da Kerwin Mathews, alle prese con il mago Sokurah, tra creature mostruose di ogni tipo, un gigantesco ciclope e perfino un duello con uno scheletro che sembra anticipare una delle memorabili sequenze de Gli Argonauti (vedi boxino in alto).
E' invece l'ex Diabolik dello schermo John Phillip Law a concedergli anima e corpo ne Il viaggio fantastico di Sinbad (1974) di Gordon Hessler, il quale ha offerto ad Harryhausen l'occasione di sbizzarrirsi con effetti Dynamation nella vicenda ambientata sull'isola di Lemuria, in mezzo a maghi, mostri e il perfido Koura.
Mentre Patrick Wayne è il protagonista di Sinbad e l'occhio della tigre (1977, nella foto) di Sam Wanamaker, nel quale, tra scontri con un colosso di bronzo, una tigre dai denti a sciabola e un enorme troglodita, viene mostrata la lunga impresa per poter restituire le proprie sembianze ad un principe trasformato in babbuino dalla magica Zenobia.
Scontri di titani
Infine, non sono mancati né Scontro di titani (1981) di Desmond Davis, né il suo recente e fedele rifacimento Scontro tra titani (2010) di Louis Leterrier, il quale, anziché l'originale Harry Hamlin, ha posto il Sam Worthington di Avatar nei panni di Perseo, figlio di Zeus, a capo di una missione volta a sconfiggere il malvagio dio dell'oltretomba Ade, prima che s'impadronisca del potere del dio degli dei per scatenare l'inferno sulla Terra.
E, forse, è proprio il confronto tra le due pellicole (entrambi senza infamia e senza lode) a fornirci il perché di tutta la retrospettiva harryhauseniana.
Infatti, mentre il film di Leterrier, tra battaglie contro demoni, scorpioni giganti e la pietrificante Medusa, rilegge a dovere le spettacolari sequenze del lungometraggio originale facendo ampio ricorso ad effetti digitali e ricordando in particolar modo ambientazioni e messa in scena de Il Signore degli Anelli, quello diretto da Davis individua tutto il suo fascino proprio nelle animazioni in stop-motion di Harryhausen, le quali, sorpassate già per l'epoca di uscita nelle sale, rimandavano in maniera nostalgica ai suoi precedenti lavori. Lavori che, appunto, questa trentesima edizione del Fantafestival ci ha dato modo di rivedere con piacere, permettendoci di constatare che i vari Gwangi e Sinbad, in tutta la loro artigianalità, sono ancora oggi capaci di conferire un brivido allo spettatore, più di recenti derivati ultratecnologici come il Godzilla (1998) di Roland Emmerich.
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