Encanto: l'assenza di un villain è una scelta efficace?

Disney ha eliminato la presenza dei villain all'interno dei propri Classici, cambiando il concetto di conflitto: ripercorriamo le tappe di questa scelta

Encanto: l'assenza di un villain è una scelta efficace?
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Abbiamo inseguito per anni le classifiche e le graduatorie che fossero in grado di dirci chi è stato il più grande cattivo dei Classici Disney. Ci siamo avviluppati su dei rampicanti nel tentativo di raggiungere una soluzione oggettiva e unica, battagliando con chi ci proponeva Yzma nelle prime posizioni per la sua unica volontà di uccidere l'imperatore Kuzco, oppure ci siamo scagliati contro Edgar perché voleva far sparire i gatti di Madame Adelaide Bonfamille. Eppure, è innegabile che le disgrazie dinanzi alle quali ci hanno costretto a stare inermi e attoniti personaggi come Scar, il più subdolo dei personaggi Disney a tal punto da uccidere suo fratello, e Frollo, la perfetta versione animata di un Hitler del '400, siano scolpite nella pietra della nostra memoria.

Le generazioni, però, cambiano e le motivazioni anche: per questo Disney ha intrapreso un'altra strada, un conflitto diverso da mettere in piedi rispetto a quelli che in un primo momento sembravano essere in grado di conturbare gli animi dei suoi spettatori. Se, quindi, in Rapunzel c'era ancora la necessità di vincere il giogo malvagio di madre Gothel, come da favola originaria dei fratelli Grimm, e in Ralph Spaccatutto il glitch di Vanellope von Schweetz era controllato da Re Candito, nel 2013 tutto cambia, tutto si trasforma.

Frozen: il villain confuso

L'arrivo di Frozen al cinema ci ha permesso, per diversi anni e ancora oggi, di riflettere su quello che è stato un incasso epocale, battuto soltanto dal suo diretto sequel: all'interno del Classico numero 53 sono contenuti archetipi narrativi che, volenti o dolenti, hanno saputo conquistare una platea vastissima.

Da Olaf al rapporto tra Elsa e Anna, fino alla magia del regno di Arendelle stesso. All'interno di questa equazione, però, l'elisione di un vero villain ci porta a una riflessione, che però è preceduta da un'altra. È convenzione indicare come vero antagonista di Frozen il Principe Hans delle Isole del Sud: ultimo di dodici fratelli, arriva ad Arendelle con l'obiettivo di conquistare Anna, convincerla a sposarlo e ottenere, così, la possibilità di governare in quanto reggente sulla città. Il suo piano, vincente solo perché in grado di prendersi gioco dell'ingenua sorella di Elsa, viene miseramente smontato nella parte finale del film, che per schema narrativo è la risoluzione. Una presenza, quella di Hans, talmente volatile ed eterea che in molti, probabilmente, fanno fatica a ricordarsene all'interno di Frozen. Il Classico, in realtà, offre una lettura diversa, che parte dalle idee originali di Disney che vedevano in Elsa la villain di Frozen, con l'obiettivo di spingerla a maledire sua sorella Anna, gettare l'inverno sulla città di Arendelle in maniera volontaria e creare anche un esercito fatto di pupazzi di neve: tutte azioni che, sì, conoscete già, in qualche modo, anche se edulcorate.

Tutto, infatti, è stato mantenuto, ma raccontato in maniera diversa: l'inverno scatenato da Elsa e il fatto che Anna finisca ghiacciata sono eventi meramente incontrollati, perché la regina di Arendelle, semplicemente, non ha controllo sui propri poteri e ha paura di poter fare qualcosa di veramente malvagio.

Una decisione ponderata, sulla quale lo stesso Walt Disney ragionò già negli anni '40, quando volle realizzare l'adattamento de La regina delle nevi di Hans Christian Andersen: l'intenzione, però, era proprio quella di evitare di raccontare Elsa come un villain, cosa che invece accade nella favola originale. Per l'autore danese, infatti, la Regina rapisce un bambino al quale si raggela il cuore, a causa di una scheggia che lo colpisce in un occhio: a Burbank mancava, quindi, una motivazione plausibile affinché la regina potesse essere malvagia. La soluzione trovata nel 2013 ci lascia, quindi, dinanzi a una riflessione: Frozen ha in Hans il suo antagonista o in Elsa, che deve risolvere il proprio conflitto interno e ritrovare in se stessa l'albergo nel quale alloggia sia il bene che il male? Una scelta, in ogni caso, non necessariamente ponderata: si è tanto discusso, d'altronde, sul fatto che la protagonista viva uno stato d'ansia e di depressione, come spiegato dai produttori stessi, con nessuno che la aiuti a controllare i propri poteri, e cresciuta isolata dal mondo perché pericolosa. Allo stesso modo, il suo potrebbe essere un disturbo di personalità borderline causato dalla sensazione di essere fuori controllo, di farsi del male e il sentirsi tradita da una persona cara, in questo caso Anna.

Encanto l'annullamento dell'antagonista

Un percorso di annullamento dell'antagonista lo aveva tentato anche Oceania, con Musker e Clements che volevano tentare di staccarsi da quanto fatto con Rattigat, Ursula, Jafar e Ade (qui trovate il nostra analisi di Ade), perseguendo quello stile di villain da riabilitare già visto, invece, ne Il Pianeta del Tesoro con la figura di John Silver: la presenza di Te Ka in sostituzione di Te Fiti, d'altronde, è solo una raffigurazione della stessa entità però spogliata della sua entità benevola.

Un ulteriore passo in avanti, però, lo ha compiuto adesso Encanto, che ci ha portato a un livello di annullamento del villain ancora più importante: nel film di Byron Howard, infatti, di antagonisti non ce ne sono (ne abbiamo scritto anche nella nostra recensione di Encanto). Pensare, in un primo momento, che l'intera responsabilità del villain possa cadere sulle spalle di Bruno, lo zio scomparso che non si può nominare, è un espediente affascinante, soprattutto nel momento in cui ci ritroviamo a notare che è nel personaggio doppiato da Zingaretti che troviamo, invece, la linea comica del Classico. In secondo luogo, si è potuto ragionare sul fatto che il vero villain della vicenda raccontata sia Abuela Alma Madrigal, la nonna di Mirabel. Matriarca austera dell'intera famiglia, l'unica, insieme alla protagonista, a non avere un talento, è la custode della magia della casa, la candela dalla fiamma perenne: la sua lettura come antagonista deriva da ciò che si attende da tutte le sue nipoti e figlie, dal suo essere calcolatrice e attenta programmatrice del futuro della casa.

Il suo aver vissuto una tragedia che l'ha costretta a un comportamento ruvido, però, non deve farcela confondere con un personaggio malvagio: diventa antagonista nel momento in cui si trova ad andare in conflitto con la nipote, ma identificarla come tale per l'intera narrazione diventa eccessivo. È solo una perfezionista.

Ecco, quindi, che il conflitto dinanzi al quale viene posta Mirabel è quello con se stessa, con la ricerca del suo vero talento: spogliata dal sogno di riceverne uno come le sorelle, la madre e gli zii, deve compiere il viaggio che la porterà a diventare la vera erede di sua nonna, la designata della famiglia a tenere in vita proprio questo concetto di legame e di forza, ricordando qual è il vero talento dei Madrigal.

Nella risoluzione finale di quello scontro generazionale che si ha tra Abuela e Mirabel, la nonna è portata ad ammettere che la fine della magia è causata dal suo essersi dimenticata il valore della famiglia stessa, concentrandosi sulle individualità della magia in sé, ma è nella forza di Mirabel di andare a ricostruire la casa che si compie il vero talento della protagonista. Risolto il conflitto con se stessa, trovato il proprio talento, messasi alle spalle il disagio di non aver avuto una porta, la designata erede di Alma riesce, aggiungendo il pomello alla porta, a far riapparire quella che doveva essere la sua porta, quella sparita quand'era bambina, e a ridare vitalità alla casa e alla magia dei Madrigal. Ancora una volta, quindi, il conflitto alberga all'interno di Mirabel: nel suo avere delle visioni che annullano il momento di festa per Antonio, nel suo spingere le sorelle Isabela e Luisa a dubitare delle loro qualità, nel maldestro tentativo di salvare la candela e ridurre le crepe della casa, nel recuperare la profezia di Bruno, si riscontrano qui tutte le sue problematiche acuite da un rapporto non facile con l'intera famiglia, risolte nel momento in cui Mirabel acquisisce consapevolezza in se stessa e sboccia come un fiore per riportare la serenità nella casita.

Non c'è nessun cattivo da sconfiggere, c'è finalmente la trasformazione dello storytelling Disney: in Frozen 2 un primo tentativo era legato all'individuazione del villain negli spiriti della natura, in Ralph Spacca-Internet un virus replicante, ma niente di così forte da creare una spaccatura reale con gli 80 anni precedenti. Encanto riesce ad avere successo là dove gli altri Classici Disney senza villain avevano fallito e questo successo arriva proprio dal fallimento stesso di Mirabel. Adesso la direzione è tracciata: non resta che seguirla e svilupparla.

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