Oltre Encanto: i 5 cinque migliori Classici Disney dell'ultimo decennio

Da Rapunzel a oggi Disney ha pubblicato dieci Classici: andiamo alla scoperta dei migliori cinque a disposizione sul catalogo Disney+.

Oltre Encanto: i 5 cinque migliori Classici Disney dell'ultimo decennio
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L'uscita di Encanto (leggete qui la nostra recensione di Encanto) su Disney+ ha permesso a tutti di recuperare il 60esimo Classico realizzato dalla Walt Disney. Encanto è un film divisivo che non ha saputo convincere tutto il pubblico e la critica: un titolo che arriva a chiudere un percorso iniziato poco più di dieci anni fa con Rapunzel e che sembra esser arrivato adesso a compimento, in attesa di conoscere maggiori dettagli sul prossimo Classico Disney. Per provare a tracciare un bilancio sull'andamento dell'ultimo decennio di un'azienda che ha ceduto il passo a Sony nella realizzazione dei migliori film d'animazione, abbiamo scelto i cinque Classici imperdibili di questo decennio, ordinati in maniera del tutto casuale, con l'obiettivo di spingervi a partecipare al nostro dibattito e indicare quelli che, per voi, potrebbero rientrare in questa shortlist dei cinque migliori film d'animazione della Casa di Topolino dal 2010 a oggi.

Rapunzel - L'intreccio della torre

Rapunzel ha cambiato tanto in casa Disney. L'azienda di Burbank arrivava da una serie di prodotti incerti, che ancora non avevano ben preso una strada univoca. Figli di un periodo che ancora sposava la tecnica d'animazione tradizionale, con la CGI adoperata soltanto per oggetti o per le scenografie, nel 2005 avviene il passaggio definitivo alla computer grafica: lo abbiamo visto con Chicken Little, I Robinson e con Bolt, tutti e tre film che non si sono resi memorabili, se non per qualche trovata interessante.

Proprio con il cane supereroe Dan Fogelman, che tanto abbiamo imparato a conoscere per il dramma familiare di This is Us, fa le sue prime prove di commedia, di ironia. L'autore americano nel 2010, quindi, scrive Tangled, il più costoso dei Classici della storia della Disney, con un budget di 260 milioni di dollari e un incasso totale di 591 milioni, il settimo miglior risultato dei Walt Disney Animation Studios. Alla regia c'è Byron Howard, regista anche di Encanto, che acconsente a non chiamare il film Rapunzel, ma Tangled: una scelta nata dalla volontà di recuperare il flop realizzato con La principessa e il ranocchio e portare quante più persone possibile al cinema. Scelta vincente, ma che premia anche la qualità del film stesso. La scrittura di Fogelman, infatti, andò a cambiare una volta per tutte i rapporti cavallereschi e sentimentali che avevano caratterizzato i Classici Disney fino all'epoca del Rinascimento. La principessa era sì da salvare, ma non era più indifesa, anzi: il dualismo con Flynn Rider divenne ironico, divertente, sagace, scevro di particolarismi legati allo stereotipo della donzella in pericolo.

Il ritorno di Alan Menken alla colonna sonora rappresentò, poi, un'evocazione al passato, a quei momenti positivi vissuti dal 1989 al 2000 con nell'era Katzenberg. L'unica grande sfortuna di Rapunzel fu quella di esser arrivato al cinema nello stesso anno di Toy Story 3, che vinse l'Oscar, e di Dragon Trainer, che gli soffiò la nomination nel terzetto finale.

Oceania

Se con Rapunzel Disney aveva deciso di affidarsi a un nome non forte per la tradizione dell'animazione internazionale, con Oceania e il suo 56esimo Classico divenne necessario scegliere un tandem d'eccellenza.

Ron Clements e John Musker era stata la coppia che nel 1989 aveva risollevato l'azienda dalle ceneri inaugurando il Rinascimento con La Sirenetta, poi nel 1992 confezionarono Aladdin, per poi continuare con Hercules, non un successo al botteghino, e Il Pianeta del tesoro (qui trovate il nostro speciale su Il Pianeta del tesoro). Era necessario riprendersi dal fallimento legato a La principessa e il ranocchio e così arrivò il momento di Moana. Clements e Musker si confrontarono per la prima volta con l'animazione in CGI, mai adoperata prima di quel momento, affidando la prima stesura della sceneggiatura a Taika Waititi, salvo poi essere rivista da Aaron Kandell e suo fratello Jordan. Per la colonna sonora, invece, per la prima volta si scelse di affidare il lavoro a Lin-Manuel Miranda, lo stesso autore della colonna sonora di Encanto: fresco del successo ottenuto con Hamilton, l'autore si lasciò aiutare da Opetaia Foa'i, musicista saomano che supportò Miranda nella scelta di suoni e melodie tipiche del posto.

Al di là della grande capacità di replicare tradizioni e credenze tipiche del posto, Oceania riuscì a dimostrare quanto Disney fosse in grado di spingersi in là con le tecniche di animazione: l'utilizzo di un elemento così complesso da riprodurre come l'acqua, replicato nel miglior modo possibile, permise all'azienda di Burbank di tornare agli alti livelli sempre mantenuti dal punto di vista tecnico. Inoltre, l'intera storia aveva messo da parte le canoniche storie d'amore, sostituendole con un sentimento molto più aulico: il sogno della protagonista, Vaiana, di ridare vita al proprio paese, senza dover necessariamente rispondere al richiamo della principessa. Un'ode alla forza femminile.

Zootropolis

Se Oceania non riuscì a trionfare agli Oscar fu solo perché Byron Howard con Zootropolis aveva sbaragliato la concorrenza. Un film coraggioso, in grado di tornare alle origini: per Clark Spencer - che venne anche a Milano a presentare le prime scene della pellicola in un'anteprima di Zootropolis - era un ritorno al Libro della giungla, per lo stesso Howard era un omaggio a Robin Hood.

Era a tutti gli effetti un voler ridare vita agli animali antropomorfi, un'idea che in casa Disney si era percorsa solo, per l'appunto, con le gesta del ladro che rubava ai ricchi per dare ai poveri (a tal proposito leggete il nostro speciale sulle prime volte di Zootropolis). In aggiunta a tutto questo, Howard riuscì a ricreare un ecosistema che si basava tutto sull'uguaglianza, in grado di supportare sia gli animali di grossa stazza che quelli più piccoli: indimenticabile è la sequenza che guida Judy Hopps, l'audace coniglietta che sogna di diventare una poliziotta, nella città di Zootropolis, un incrocio di mezzi di trasporto che conduce a una città amministrata con la sapienza di una democrazia reale. Un'utopia animalesca a tutti gli effetti. Di grande successo, poi, anche l'umorismo usato per la rappresentazione dei bradipi, con una delle scene comiche meglio realizzate nell'animazione Disney degli ultimi dieci anni: Flash e l'ironia della lentezza della motorizzazione è uno stereotipo internazionale, che stupisce noi italiani, ma che riprende un linguaggio universale, aperto a tutti.

Accanto a Judy, poi, Nicholas Wilde, una scaltra volpe rossa, pieno di tutti gli elementi necessari per essere un vero mattatore delle scene: sagace, sarcastico, scaltro e dedito a tutte le truffe possibili di questo mondo, compie il cammino dell'eroe che lo conduce a diventare uno dei buoni, esaltando tutta la bontà della scrittura di Jared Bush, sceneggiatore anche di Encanto. Un Oscar più che meritato.

Frozen - Il regno di ghiaccio

E parlando di Oscar non si può non inserire in questa breve cinquina anche Frozen. Forse il film più divisivo degli ultimi dieci anni della Disney, probabilmente il più intriso di un marketing pensato per riavvicinare un pubblico il più giovane possibile.

Per Walt Disney non si trattava di cartoni animati, ma solo di un mezzo per raccontare qualcosa a lui caro: con Frozen, invece, Chris Buck e Jennifer Lee confezionano un'opera dal successo abbacinante, che crede nel cartone animato come veicolo di messaggi per i bambini. Battendo ogni possibile record, Frozen, fino all'uscita del suo sequel, si impose come film d'animazione con il maggior incasso nella storia del cinema, vincendo due Oscar, tra cui quello per la miglior canzone, Let It Go. La rielaborazione della favola di Andersen, che aveva già prestato un nuovo grande inizio alla Disney con La Sirenetta nel 1989, non colpì gli eredi dell'autore danese, ma tutto il mondo invece sì. Il vero amore, all'improvviso, in simbiosi con quanto stava accadendo per Maleficient, non era più quello tra uomo e donna, ma universale: se per la temuta strega e Aurora era stato quello di una madre putativa con una figlia, per Elsa e Anna è quello fraterno, tra due sorelle che creano un legame indissolubile, che va oltre qualsiasi dichiarazione d'amore.

Allo stesso modo, l'annullamento del villain all'interno della storia porta la Disney a creare un personaggio, quello di Elsa, in grado di albergare dentro di sé tutti i sentimenti necessari per creare il conflitto. Una vicenda che ha deflagrato in un merchandising sfrenato, che ha riportato la Disney a dominare anche su marchi come Barbie e Hello Kitty, facendo delle due sorelle di Arendelle le nuove eroine mondiali dei giocattoli, capaci di scalzare anche le licenze di Star Wars e di Ninja Turtles.

Ralph Spaccatutto

A chiusura di questa cinquina, che quindi tiene fuori dalla lista Big Hero 6, Ralph Spacca Internet, Frozen II e Winnie the Pooh - Nuove avventure nel Bosco dei 100 Acri, troviamo Ralph Spaccatutto.

Un piacevolissimo esperimento firmato da Rich Moore, uno degli autori a cui si deve la rivoluzione avvenuta negli anni Novanta nella serie de I Simpson, oltre a esser stato supervisore dell'intera serie di Futurama. Per chi mastica il mondo dei videogiochi come se fosse pane a pranzo, Ralph Spaccatutto fu la manifestazione di un fenomeno che portava i personaggi del mercato videoludico sul grande schermo, senza alternarne la loro funzione. Nessun tie-in, nessuna storia parallela, nessun esperimento: semplicemente quello che facevano nella vita reale, continuarono a farlo nel Classico Disney. Se Toy Story aveva dato vita ai giocattoli, Rich Moore aveva dato vita a Sonic, Pac Man, Q*Bert, Frogger, Altered Beast, oltre a una rievocazione di quello che era Donkey Kong, con Felix nei panni di Mario e Ralph in quelle dello scimmione che distrugge tutto. Tra i punti esclamativi di Metal Gear, il nome di Aerith nel Game Central e la citazione a Sheng Long, il pesce d'aprile di Street Fighter II, Ralph riuscì a ricreare un mondo che per la prima volta ci portava all'interno di un cabinato arcade, per raccontarci la storia di un antagonista stufo di essere riconosciuto come il cattivo. Tra glitch, bug e una storia di rivalsa, il fenomeno di Ralph conquistò tutti, tanto da arrivare a realizzare anche un sequel, dalla potenza meno significativa, ma non per questo meno sagace della pellicola originale.

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