Signore e Signori, preparatevi a essere ricevuti dal Conte e dalla Contessa di Grantham per un evento del tutto eccezionale. Il 24 ottobre arriverà infatti nelle sale italiane il film della celebre serie tv britannica creata da Julian Fellowes, Downton Abbey, presentato in anteprima nel nostro Paese alla Festa del Cinema di Roma da cast, regista e produttori. In occasione della quattordicesima edizione delle kermesse cinematografica che ha luogo con cadenza annuale nella Capitale, Michael Engler (30 Rock, Six Feet Under), Jim Carter (Shakespeare in Love, Knightfall), Imelda Staunton (Harry Potter e L'Ordine della Fenice, Il Segreto di Vera Drake), Michelle Dockery (Anna Karenina, Defending Jacob), assieme a Gareth Neame (The Last Kingdom, The Hollow Crown) e Liz Trubridge (Tin Star, The Last Kingdom) hanno incontrato la stampa e i fan italiani durante la giornata del 19 ottobre, mentre figure appropriatamente abbigliate secondo lo stile anni '20 e '30 hanno popolato il tappeto rosso della prima serale del film, lo stesso calcato solo poco prima dalle star dello show.
Senza ulteriori indugi, torniamo a parlare della pellicola di Engler, scritta da Fellowes in persona, che trova le sue basi in un'abitudine effettivamente praticata dai reali d'Inghilterra, e particolarmente gradita da Re Giorgio V e dalla Regina Consorte, Maria di Teck; ovvero soggiornare dai più eminenti nobili del posto una volta intrapreso un lungo viaggio al di fuori del palazzo reale. Nel lungometraggio di Downton Abbey, l'incidente scatenante della storia è proprio la notizia dell'imminente arrivo della famiglia reale a Downton, e ciò porterà allo sviluppo di diverse storyline che si intrecceranno tra loro per tessere la (non eccessivamente complicata, a dire il vero) trama del lungometraggio.
Non solo fan della serie
Uno dei maggiori pregi di quello che al momento è visto come l'atto finale delle sei stagioni della serie televisiva di ITV e PBS è l'accessibilità. Chi scrive questo articolo aveva solo una conoscenza sommaria dell'argomento e dei personaggi protagonisti, avendo effettuato una visione parziale dello show ai tempi dell'uscita delle prime stagioni, e non serbava necessariamente memoria di quel (relativamente, ma realmente) poco che aveva visto. Eppure l'opera di Fellowes ed Engler non ha reso strettamente necessario l'essere fan di lunga data della serie per poter afferrare i punti principali, ma anche buona parte parte delle sottotrame più insidiose per uno spettatore novello, e ha fornito al pubblico più occasionale la possibilità di rimanere piacevolmente coinvolto nelle vicende dei Crawley per le due ore (e due minuti) della durata del film.
Certo, per gli appassionati sarà stata tutt'altra cosa riuscire a percepire la familiarità delle dinamiche e delle interazioni tra i personaggi, notare quel particolare dettaglio che richiama alla mente un determinato episodio nel passato dello show, o emozionarsi alla comparsa di un attore in scena piuttosto che un altro. Ciononostante, non viene impedito allo spettatore più ignaro di entusiasmarsi della visita dei reali assieme a Molesley, di preoccuparsi con Mary delle intenzioni di Tom, o di ridere di gusto a ogni battuta proferita dalla Lady Violet di Maggie Smith.
"Era importante per tutti noi realizzare qualcosa che potesse richiamare i fan e farli sentire di nuovo a casa, pur aggiungendo nuovi elementi; allo stesso modo, volevamo che le fidanzate e i fidanzati, i mariti e le mogli di tutti coloro che avessero trascinato i propri cari al cinema, senza che questi avessero mai visto lo show, potessero sentirsi come se non gli fosse negato l'accesso alla storia. E tutto ciò che c'è da sapere per comprendere questa storia, che può anche considerarsi uno standalone volendo, è stato spiegato. Abbiamo addirittura scoperto che in realtà si poteva sapere meno di quanto pensavamo potesse essere necessario, in ogni dramma familiare - o che riguardi l'ambiente lavorativo - si possono riconoscere una serie di archetipi: c'è il capo, c'è l'impiegato difficoltoso, quello ansioso, quello iperentusiasta, ci sono persone che trascinano sulle spalle un grande peso, altre che portano avanti tutto in funzione di uno scopo personale... Tutto questo è presente e facilmente afferrabile nella nostra storia, dunque abbiamo cercato di non appesantirla con un'eccessiva esposizione".
Decisioni e scelte tra emozioni, etichette, protocolli e sentimenti
Detto questo, anche noi che avevamo dei ricordi piuttosto effimeri dei primi episodi, non abbiamo potuto fare a meno di notare il parallelo, in apertura, con il pilot della serie: quel messaggio, quella lettera che viene recapitata ai Crawley dopo essere inevitabilmente passata di mano in mano nella catena gerarchica che contraddistingueva periodo e casta sociale, come a voler chiudere simbolicamente quel cerchio narrativo iniziato ormai nove anni fa, quando ci erano stati presentati per la prima volta i residenti e lo staff di Downton Abbey.
E tutto - comportamenti, dinamiche, atteggiamenti, eventi, persino i costumi (come ci spiegano i produttori in sede di conferenza stampa) - è stato adattato per il grande schermo, pur mostrando un'evidente continuità con la serie - e nella fluidità dello sviluppo di storia e personaggi intrinseca nella sceneggiatura, nell'aver effettuato scelte mirate, ad esempio in ambito di regia (Engler aveva già diretto 4 episodi dello show) o fotografia (di contro, è stato scelto Ben Smithard, più avvezzo al grande schermo, anche se non estraneo al mondo televisivo) affinché lo scarto tra televisione e cinema non venisse avvertito in negativo, ma fossero percepiti unicamente i pregi di questo passaggio mediale. Indossate dunque i vostri abiti (e cappelli, non sia mai che vi dimentichiate i cappelli!) migliori, chiamate il cocchiere al vostro servizio e dirigetevi al cinema per gustarvi un ultimo episodio formato film di Downton Abbey.
Downton Abbey - Il Film, un progetto fan service o per tutti?
Il film di Downton Abbey, la celebre serie televisiva britannica, arriva finalmente al cinema: possono vederlo solo i fan o chiunque voglia?
Signore e Signori, preparatevi a essere ricevuti dal Conte e dalla Contessa di Grantham per un evento del tutto eccezionale. Il 24 ottobre arriverà infatti nelle sale italiane il film della celebre serie tv britannica creata da Julian Fellowes, Downton Abbey, presentato in anteprima nel nostro Paese alla Festa del Cinema di Roma da cast, regista e produttori. In occasione della quattordicesima edizione delle kermesse cinematografica che ha luogo con cadenza annuale nella Capitale, Michael Engler (30 Rock, Six Feet Under), Jim Carter (Shakespeare in Love, Knightfall), Imelda Staunton (Harry Potter e L'Ordine della Fenice, Il Segreto di Vera Drake), Michelle Dockery (Anna Karenina, Defending Jacob), assieme a Gareth Neame (The Last Kingdom, The Hollow Crown) e Liz Trubridge (Tin Star, The Last Kingdom) hanno incontrato la stampa e i fan italiani durante la giornata del 19 ottobre, mentre figure appropriatamente abbigliate secondo lo stile anni '20 e '30 hanno popolato il tappeto rosso della prima serale del film, lo stesso calcato solo poco prima dalle star dello show.
Senza ulteriori indugi, torniamo a parlare della pellicola di Engler, scritta da Fellowes in persona, che trova le sue basi in un'abitudine effettivamente praticata dai reali d'Inghilterra, e particolarmente gradita da Re Giorgio V e dalla Regina Consorte, Maria di Teck; ovvero soggiornare dai più eminenti nobili del posto una volta intrapreso un lungo viaggio al di fuori del palazzo reale. Nel lungometraggio di Downton Abbey, l'incidente scatenante della storia è proprio la notizia dell'imminente arrivo della famiglia reale a Downton, e ciò porterà allo sviluppo di diverse storyline che si intrecceranno tra loro per tessere la (non eccessivamente complicata, a dire il vero) trama del lungometraggio.
Non solo fan della serie
Uno dei maggiori pregi di quello che al momento è visto come l'atto finale delle sei stagioni della serie televisiva di ITV e PBS è l'accessibilità. Chi scrive questo articolo aveva solo una conoscenza sommaria dell'argomento e dei personaggi protagonisti, avendo effettuato una visione parziale dello show ai tempi dell'uscita delle prime stagioni, e non serbava necessariamente memoria di quel (relativamente, ma realmente) poco che aveva visto. Eppure l'opera di Fellowes ed Engler non ha reso strettamente necessario l'essere fan di lunga data della serie per poter afferrare i punti principali, ma anche buona parte parte delle sottotrame più insidiose per uno spettatore novello, e ha fornito al pubblico più occasionale la possibilità di rimanere piacevolmente coinvolto nelle vicende dei Crawley per le due ore (e due minuti) della durata del film.
Certo, per gli appassionati sarà stata tutt'altra cosa riuscire a percepire la familiarità delle dinamiche e delle interazioni tra i personaggi, notare quel particolare dettaglio che richiama alla mente un determinato episodio nel passato dello show, o emozionarsi alla comparsa di un attore in scena piuttosto che un altro. Ciononostante, non viene impedito allo spettatore più ignaro di entusiasmarsi della visita dei reali assieme a Molesley, di preoccuparsi con Mary delle intenzioni di Tom, o di ridere di gusto a ogni battuta proferita dalla Lady Violet di Maggie Smith.
"Era importante per tutti noi realizzare qualcosa che potesse richiamare i fan e farli sentire di nuovo a casa, pur aggiungendo nuovi elementi; allo stesso modo, volevamo che le fidanzate e i fidanzati, i mariti e le mogli di tutti coloro che avessero trascinato i propri cari al cinema, senza che questi avessero mai visto lo show, potessero sentirsi come se non gli fosse negato l'accesso alla storia. E tutto ciò che c'è da sapere per comprendere questa storia, che può anche considerarsi uno standalone volendo, è stato spiegato. Abbiamo addirittura scoperto che in realtà si poteva sapere meno di quanto pensavamo potesse essere necessario, in ogni dramma familiare - o che riguardi l'ambiente lavorativo - si possono riconoscere una serie di archetipi: c'è il capo, c'è l'impiegato difficoltoso, quello ansioso, quello iperentusiasta, ci sono persone che trascinano sulle spalle un grande peso, altre che portano avanti tutto in funzione di uno scopo personale... Tutto questo è presente e facilmente afferrabile nella nostra storia, dunque abbiamo cercato di non appesantirla con un'eccessiva esposizione".
Decisioni e scelte tra emozioni, etichette, protocolli e sentimenti
Detto questo, anche noi che avevamo dei ricordi piuttosto effimeri dei primi episodi, non abbiamo potuto fare a meno di notare il parallelo, in apertura, con il pilot della serie: quel messaggio, quella lettera che viene recapitata ai Crawley dopo essere inevitabilmente passata di mano in mano nella catena gerarchica che contraddistingueva periodo e casta sociale, come a voler chiudere simbolicamente quel cerchio narrativo iniziato ormai nove anni fa, quando ci erano stati presentati per la prima volta i residenti e lo staff di Downton Abbey.
E tutto - comportamenti, dinamiche, atteggiamenti, eventi, persino i costumi (come ci spiegano i produttori in sede di conferenza stampa) - è stato adattato per il grande schermo, pur mostrando un'evidente continuità con la serie - e nella fluidità dello sviluppo di storia e personaggi intrinseca nella sceneggiatura, nell'aver effettuato scelte mirate, ad esempio in ambito di regia (Engler aveva già diretto 4 episodi dello show) o fotografia (di contro, è stato scelto Ben Smithard, più avvezzo al grande schermo, anche se non estraneo al mondo televisivo) affinché lo scarto tra televisione e cinema non venisse avvertito in negativo, ma fossero percepiti unicamente i pregi di questo passaggio mediale.
Indossate dunque i vostri abiti (e cappelli, non sia mai che vi dimentichiate i cappelli!) migliori, chiamate il cocchiere al vostro servizio e dirigetevi al cinema per gustarvi un ultimo episodio formato film di Downton Abbey.
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