Speciale Diario dalla laguna - Speciale Leone del 75°

La mostra premia Bertolucci, scoprite perché in questa retrospettiva

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Caro Diario...

Settantacinque anni sono un bel traguardo. Soprattutto per una manifestazione artistica che ha attraversato quasi indenne la guerra, la controcultura, la crisi di Hollywood e l'attuale pochezza del cinema italiano. Il comitato della Biennale, dunque, per celebrare l'evento ha decretato la nascita di un premio speciale, il Leone del 75°, che sarà conferito in pompa magna proprio oggi, 6 settembre, a Bernardo Bertolucci, il regista che forse molto più di altri incarna in sé tutto quello che il cinema italiano è stato ed è diventato negli ultimi cinquant'anni.
Figlio del poeta Attilio Bertolucci, Bernardo (classe 1940), si interessa ben presto alla settima arte girando alcuni corti autoprodotti di ambientazione emiliana; sarà però nel 1961 che il giovane imboccherà con decisione la via professionale abbandonando l'università (era iscritto a lettere moderne) e facendo da assistente a Pasolini durante le riprese del primo film diretto dal grande umanista friulano, Accattone. L'incontro con l'autore di Ragazzi di Vita sarà fondamentale per la crescita di Bertolucci che l'ha sempre considerato un padre spirituale prima ancora che lavorativo. Dopo la collaborazione con Pasolini l'esordiente regista parmense ha la possibilità di farsi conoscere nell'allora vivo panorama cinematografico italiano, dirigendo opere dall'alto valore artistico (Il conformista, Strategia del Ragno e Prima della Rivoluzione) ma dallo scarso, se non nullo, successo di pubblico. Tuttavia queste opere, ancora forse immature ma già molto affascinanti, Bertolucci comincia a definire la sua poetica ed in particolare la tematica della "modificazione violenta dello status quo", che diventerà il motivo principale di buona parte della sua ricerca personale ed artistica (politicamente il regista è sempre stato attivo a sinistra firmando addirittura, agli albori della notte della repubblica, la famosa lettera di protesta contro i metodi del commissario Calabresi). Saranno gli anni '70 a conferire a Bertolucci quella notorietà internazionale tanto bramata: nel 1972, infatti sarà (con grande scandalo della chiesa che per l'occasione rispolvererà l'inquisizione, invocando censure e scomuniche) sugli schermi italiani Ultimo Tango a Parigi. La storia d'amore e sesso (principalmente di sesso) fra Paul, un bell'americano trasferitosi a Parigi, interpretato da un grandioso Marlon Brando, e Jeanne (Maria Schneider), giovane ed innocente parisien, segnerà un'epoca ma costerà caro allo stesso regista che subì prima il sequestro dei negativi e poi la perdita dei diritti civili per cinque anni, in conseguenza alla violazione del "comune senso del pudore". Solamente nel 1988 al film saranno tolti i sigilli, ma tutt'ora non viene trasmesso in televisione e l'edizione originale è disponibile solo in DvD. Ultimo Tango a Parigi, al di là dei suoi contenuti "sconvolgenti" (che oggi non sconvolgono più nessuno), è ancora una grande opera in grado di parlarci della distanza fra i sessi e della solitudine cronica che avvolge la società cosiddetta moderna.
L'exploit di Ultimo Tango non resterà però isolato: con le sue opere successive Bertolucci

confermerà infatti il suo talento, a partire da Novecento (1976), un epico affresco delle lotte contadine nell'Emilia da inizio secolo fino agli albori del secondo conflitto mondiale. Il film, lunghissimo e recitato da un grande cast internazionale (di cui fanno parte, fra gli altri, Robert de Niro, Burt Lancaster e Gerard Depardieu), sarà presentato in due parti da 159 minuti l'una e riscuoterà un enorme successo di pubblico soprattutto fra gli italiani, che vedono nell'opera uno specchio della loro nazione in quegli anni, insanguinata da lotte estremiste e sull'orlo di una, fortunatamente mai scoppiata, guerra civile.
Dopo le grandi tematiche politico-sociali di Novecento, Bertolucci tornerà, per un breve periodo, a girare film d'introspezione, cercando, senza successo, di recuperare le atmosfere che avevano reso grande Ultimo Tango a Parigi. Le pellicole di questo periodo saranno due, La Luna, girata negli Stati Uniti, in cui affronta il tema dell'incesto e La Tragedia di un Uomo Ridicolo, con Ugo Tognazzi.Gli anni '80 saranno il vero punto di svolta nella carriera del nostro regista, che emigra all'estero creando opere di straordinaria potenza visiva, a partire da L'Ultimo Imperatore, che gli frutterà ben nove oscar, fra qui quelli per il miglior film e per la migliore regia. Il film racconta la storia, vera, di Pu Yi, ultimo regnante dell'impero di mezzo che a soli nove anni sarà detronizzato dall'invasore nipponico prima e dalla rivoluzione culturale di Mao Zedong dopo, finendo i suoi giorni come giardiniere nella sua reggia, ormai diventata un'attrazione turistica. Tutta l'opera è centrata sulla figura del giovane imperatore, travolto dalla storia e dalla sua immaturità, configurandosi così come un kolossal intimista, molto diverso dai trend che allora inzuppavano Hollywood e buona parte del cinema anglosassone. Dopo questa pellicola sarà la volta di Té nel Deserto, adattamento, poco riuscito, di un romanzo di Paul Bowles da cui Bertolucci recupera le atmosfere esotiche, ma del quale non riesce a rendere altrettanto bene gli sconfinati paesaggi e la conturbante atmosfera del deserto, ridotta nel film a qualche inquadratura patinata da depliant turistico.
L'ultimo film del ciclo "estero" del nostro sarà Piccolo Buddha, interpretato da Keanu Reeves e girato fra gli U.S.A ed il Nepal, un'opera straordinaria in cui Bertolucci riesce a raccontare, con la leggerezza di una favola, il percorso di illuminazione ed accettazione della morte che vedrà protagonista un bambino americano c

onsiderato la reincarnazione di un Lama. In questo lungometraggio il regista appare in stato di grazia, coniugando con cristallina precisione il meglio delle produzioni d'oltreoceano (l'uso degli effetti speciali, le grandi scene di massa, i budget stratosferici...) e quell'atmosfera un po' nostalgica che ha sempre contraddistinto il cinema europeo. Inutile dire che Piccolo Buddha sarà un successo sia di critica che di pubblico. Bertolucci, con l'uscita di questo film, considererà chiuso il suo periodo estero e tornerà a girare in Italia, con risultati altalenanti, sia di critica che di pubblico: il primo film di questa nuova fase sarà Io Ballo da Sola, con un'esordiente Liv Tyler (la Arwen del Signore degli Anelli) nel ruolo di un'adolescente americana che arrivando in Toscana vivrà la sua iniziazione sentimentale. Pur essendo un film "piccolo" rispetto ai kolossal precedenti, Io ballo da sola coglie ancora una volta nel segno, riuscendo a raccontare con insospettabile leggerezza "la commedia umana degli ultimi tre decenni", per dirla con le parole di Mereghetti. Dopo l'ennesimo successo con questo film Bertolucci tornerà dietro alla macchina da presa ancora due volte, una prima con L'Assedio e nel 2003 con il nostalgico The Dreamers, un, invero insipido, ritratto della gioventù borghese che prese parte al maggio parigino, reso più torbido da una storia d'amore fra fratello e sorella.
Siamo dunque di fronte ad un cineasta che nella sua carriera, distesa su mezzo secolo di storia, ha saputo, come pochi altri, affrontare la gran varietà di generi e mezzi che il cinema offre mantenendo sempre una cifra stilistica forse talora troppo derivatativa ed intellettualistica, ma sempre personale, destreggiandosi bene sia in patria che, cosa difficilissima per un professionista italiano, all'estero giungendo la maggior parte delle volte a risultati estremamente raffinati. Ad oggi Bertolucci è praticamente l'unico regista italiano in attività che abbia saputo integrarsi nel sistema degli studios americani, traendone il meglio, ovvero grandi budget e competenza tecnica. Quanto dovremo aspettare prima di trovare il suo degno successore?