Speciale Diario dalla laguna - Parte III

Tonfi e trionfi, la delusione italiana e l'orgoglio anglossassone...

Speciale Diario dalla laguna - Parte III
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Caro diario...

Tonfi (italiani) e trionfi (anglosassioni). Questo potrebbe essere il leit motiv della giornata festivaliera di ieri; l'attesissimo Nessuna Qualità agli Eroi riceve tiepidi applausi alla proiezione per la critica e stenta a conquistare la platea "popolare" della Sala Grande e del PalaBiennale, complice probabilmente la superbia del regista e degli attori che, fin dalla conferenza stampa preliminare, non hanno perso occasione per lanciare frecciate alla critica e al pubblico che "si interessano solo delle scene di nudità esteriore". Sta di fatto che il film di Franchi, oltre all'ormai famigerata scena della masturbazione, promette molto ma conclude poco, perdendosi in un intellettualismo fin troppo di maniera e commettendo l'errore di molte altre opere italiane: curare più la confezione (bellissima, con lunghi piani sequenza e una splendida fotografia) che il contenuto. L'estetica vince troppo spesso sulla sostanza.

Paul Haggins: l'Iraq visto da chi è rimasto a casa

Se l'Italia delude, fortunatamente il mondo anglosassone sa ancora come fare film: In the Valley of Elah, con un bravissimo Tommy Lee Jones e una altrettanto brava Charlize Theron, si presenta come un buon thriller, non privo di contenuti di protesta politica, e conferma il talento di Paul Haggis che, dopo l'exploit con Crash - Contatto Fisico, emerge sempre più come uno degli esordienti da tenere sott'occhio per il futuro. La storia prende le mosse dal rientro di un giovane soldato dall'Iraq che, però, decide di non tornare a casa dai suoi genitori, costringendo suo padre (Jones), un agente della polizia militare in pensione, a imbarcarsi in una lunga indagine che lo porterà a scoprire cose terribili su suo figlio, sulla guerra e sull'esercito. Un altro film in cui l'Iraq la fa da padrone, dunque, tuttavia, rispetto all'opera di De Palma, In the Valley of Elah appare più cinematografico: laddove Redacted si presenta quasi come un mock - up di scene davvero girate al fronte, Haggis sceglie un approccio completamente opposto impostando una regia forte e decisa grazie alla quale la macchina da presa si muove con autorità intorno a Jones e alla Theron sottolineandone ogni emozione, ogni tic, ogni movimento, costruendo ritratti credibili di due persone in lotta contro un Golia, forse molto più vicino di quanto non immaginino.
L'unico problema di questo film è che in alcuni momenti calca troppo la mano sul sentimentale (praticamente in tutte le scene dove appare Susan Sarandon che interpreta, bene, il piccolo ruolo della moglie), perdendo quella tensione che si impegna tanto a costruire. Complessivamente comunque siamo davanti ad un'ottima opera, che non mancherà di piacere alla sua uscita nelle sale, ma che, purtroppo, non crediamo potrà ambire al Leone d'Oro.

Ken Loach ed il precariato: umano, troppo umano

Il secondo film della giornata segna, invece, un altro centro nella carriera iridata di Ken Loach: It's a Free World... è un lucido e splendido atto d'accusa non tanto a chi il lavoro precario lo sfrutta (la protagonista passa da vittima a carnefice, perdendo la sua umanità ma non risulta mai completamente "cattiva", tranne che nel finale), ma al sistema che ha permesso la nascita di questi "schiavi moderni" che lavorano a giorni, a volte anche ad ore, per pochi soldi e senza alcun tipo di copertura sindacale o sanitaria. La regia di Loach è asciutta e, come sempre, l'occhio della cinepresa non dà mai giudizi di merito sulle persone, ma si limita a fotografare una situazione chiaramente fittizia ma talmente realistica da apparire drammaticamente verosimile, in cui la scelta si riduce a subire o essere sfruttatori e le uniche voci di protesta che si levano sono quelle del padre della protagonista (che incarna l'ideologia propria del regista) e di Karol, il giovane operaio polacco con cui la bella protagonista ha una liason e che, in altre condizioni (ma sarebbe meglio dire in un altro mondo) avrebbe potuto darle l'amore che cerca. Grande cinema dunque e grande lezione di umiltà da parte di Loach che, durante la rituale passeggiata sul red carpet, ha rifiutato ogni divismo (difetto che non l'ha mai neppure scalfito) ed ha passato più tempo possibile a firmare autografi e a farsi fotografare con i suoi tanti fan accorsi in laguna, che l'hanno poi ricambiato con un lungo e sentito applauso alla fine della proiezione, condiviso anche dalla critica.

Brad Pitt e Woody Allen, i due volti del cinema americano

Per quanto riguarda la giornata di oggi invece c'è fermento per la prima del film di Chabrol e per l'arrivo al Lido della famiglia Pitt per presentare il curioso The Assassination of Jesse James, un western che pare recuperare le atmosfere dei film d'annata. Tuttavia la star più attesa, almeno dai cinefili, oggi è Woody Allen che porterà a Venezia l'ultima parte della sua trilogia londinese (dopo Match Point e Scoop): Cassandra's Dream ma che, ricordiamo, non potremo vedere data la discutibile decisione della Filmauro di mostrare il film solo ad una ristretta cerchia di super-critici, per paura della pirateria informatica. Vi promettiamo comunque che faremo di tutto per ottenere un accredito, nonostante le evidenti difficoltà.
Alla prossima.