Detective Pikachu, l'analisi del primo trailer ufficiale

Il live-action prodotto dalla Warner Bros e diretto da Rob Letterman si mostra in una veste elettrizzante e forse inaspettata.

Detective Pikachu, l'analisi del primo trailer ufficiale
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"Benvenuti a Ryme City, la celebrazione dell'armonia vivente tra umani e Pokémon". Si apre così il primo, elettrizzante teaser trailer ufficiale di Detective Pikachu, preceduto nel titolo da Pokémon, magari a indicare che si tratta solo di un primo adattamento a cui seguiranno forse storie diverse. E perché no, in fondo? Quello dedicato alle creature ideate da mamma Nintendo è un vasto, vastissimo universo che comprende - a oggi - più di 751 "mostri tascabili" sparsi tra videogiochi, manga, carte collezionabili, serie tv e film animati per il cinema.
Quella di Detective Pikachu è insomma solo una delle tante storie che in 22 anni di onorata carriera il franchise ha regalato ai suoi affezionati fan, probabilmente la più stramba, sicuramente tra le meno riuscite in termini videoludici, ma adatta a trasformarsi nel primo live-action di co-produzione giappo-americana a portare sul grande schermo i Pokémon come non si erano mai visti prima.
Sotto le mani della Legendary Pictures, coadiuvata dalla The Pokémon Company (dietro al successo di Pokémon GO per smartphone) e dalla Warner Bros, la ben più nota avventura di Ash e del suo Pikachu - un road trip tra palestre e team Rocket - è stata infatti accantonata per questioni di adattamento e ridondanza tematica, lasciando spazio alla più interessante Detective Comedy. Ma andiamo con ordine.


Elementare, Tim!

Questo Detective Pikachu non solo differisce da qualsiasi altro prodotto a marchio Pokémon apparso finora, si discosta nelle atmosfere e nei toni persino dal videogioco da cui è tratto, mostrandosi in termini stilistici come una libera trasposizione dell'opera originale. I personaggi sono però gli stessi, così come la trama, che vede al centro dell'azione Tim Goodman (Justice Smith), un ragazzo appena giunto a Ryme City per indagare sul padre scomparso, il Detective Henry Goodman.

La città è immensa ed è letteralmente invasa dai Pokémon, essendo la coabitazione tra umani e mostri il perno centrale di questa gigantesca metropoli. Tim si ritrova da solo in una città che non conosce, finendo per sistemarsi nello studio privato del padre, dove fa inaspettatamente la conoscenza del collega di Henry, un Pikachu con velleità da indagatore alla Sherlock Holmes e... parlante. Ebbene sì: niente pika pika qua, pika pika là, ma cose tipo "ehi amico, posa quella spillatrice o ti fulmino con una scarica" pronunciate in inglese dalla voce di Ryan Reynolds, che crea un contrasto interessate tra caratura fisica del personaggio e profondità espressiva. Perché sì, sarà anche un "detective da paura" - come dice lui -, ma quelle guanciotte rosse e quegli occhioni luminosi tipici della sua specie non glieli toglie nessuno, neanche un'animazione in CGI iper realistica. E qui arrivano i due pezzi forti di questa breve analisi, che sono le atmosfere e il rendering dei Pokémon in live-action.
Sorvolando infatti sulla trama - sulla quale non riveleremo nulla, se simile nello sviluppo al videogioco - a sorprendere in questo primo teaser trailer sono in particolar modo le atmosfere ricercate del film, le tonalità cromatiche su cui lavora, che, in contrasto con l'anima whodunit? portante, ricordano da vicino quelle dell'Hard Boiled e della fantascienza alla Blade Runner, con tutti quei neon accessi a illuminare la notte, quei fumi nelle strade affollate di banchetti e persone. Tutto ci saremmo aspettati da Detective Pikachu, tranne una visione simile, perché poi nella sostanza diverge dall'ambientazione del gioco, che è tipicamente giapponese con qualche contaminazione di stampo americano, esattamente come la maggior parte delle città apparse nel franchise.
C'è da dire che queste atmosfere mettono a fuoco il genere, inquadrandolo senza errori e dando al progetto un taglio visivo preciso che si estende poi anche alla storia, dove si incontrano con venature commediate tanto care ai blockbuster hollywoodiani.
Niente male, insomma. Se in aggiunta ci mettiamo anche lo stratosferico look dei Pokémon, abbiamo tra le mani un titolo d'intrattenimento assolutamente vincente. La carta del rendering dei mostri tascabili era infatti la più difficile da giocare, perché i Pokémon sono sopravvissuti a quasi 25 anni di vita grazie alla loro caratterizzazione immutabile: cartooneschi, animati e spesso caricaturali.
In una parola: strani - o forse anche diversi -, sicuramente qualcosa di non accostabile alla realtà (o meglio difficilmente accostabile al vero), eppure la mossa della produzione di Detective Pikachu è stata proprio quella di dare un look iper realistico ai mostri della Nintendo, prendendosi molti rischi. Risultato? A sei mesi dall'uscita nelle sale, con un lavoro di post-produzione ancora in atto - quindi migliorabile - gli amati Pokémon in live-action sembrano assolutamente fenomenali, partendo anche dal fatto che probabilmente non c'era altro modo di adattarli in "carne e ossa".

Lo sappiamo: a dicembre uscirà Il ritorno di Mary Poppins, in cui l'animazione tradizionale sarà mescolata al live-action, esattamente come fu nel 1964 e poi nel 1988 per Chi ha incastrato Roger Rabbit? di Robert Zemeckis, forse l'apice massimo di tale commistione. Per quanto riguarda i Pokémon e l'idea alla base dell'adattamento, però, siamo certi che la mossa "tradizionale" non avrebbe funzionato, anzi, avrebbe persino potuto stonare.
A differenza dell'ambientazione poliziesca anni '50 del film con Bob Hoskins, infatti, qui siamo su livelli più futuristici, con una fotografia differente. La scelta del realismo spinto ma curato - per intenderci, non alla maniera giapponese tout court come per L'attacco dei Giganti o Bleach - è funzionale e adatta, anche se siamo consci del fatto che i fan della prima ora dei Pokémon e quelli più affezionati la detesteranno senza riserve.
È giusto anche così, però. Non c'è franchise tanto amato che non generi screzi all'interno del fandom. È soltanto un altro modo di sottolinearne la portata culturale e decretarne ancora di più il successo commerciale.

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