Daredevil con Ben Affleck, era davvero così brutto?

Nel 2003 Ben Affleck veste i panni del diavolo rosso di casa Marvel in un cinecomic volenteroso ma poco riuscito.

Daredevil con Ben Affleck, era davvero così brutto?
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"Hell's Kitchen è il mio quartiere. Di notte mi aggiro sui tetti e tra i vicoli, e vigilo nell'oscurità. Per sempre nell'oscurità. Un Diavolo Custode!"

Solitario nella notte va, ma non è né l'uomo tigre e neanche Batman, bensì uno sfortunato supereroe di casa Marvel. Sfortunato non solo per la cecità che lo affligge fin da quando era bambino, ma anche per essere stato protagonista agli inizi del nuovo millennio di uno dei cinecomic più bistrattati di sempre. Stiamo naturalmente parlando di Daredevil, che nel 2003 ha trovato la via del grande schermo con i panni di Ben Affleck nell'omonimo live-action firmato da Mark Steven Johnson.

Un film schiavo dei suoi tempi e, salvo rare eccezioni, di quella concezione approssimativa con la quale spesso ci si approcciava ad opere tratte dai fumetti. Ma come suggerisce il titolo di quest'articolo, il film era davvero così brutto oppure vi è ad oggi qualcosa da rivalutare, in un'epoca dove il genere ormai domina il box-office - solo qualche giorno fa Thor Love and Thunder era ancora in testa alle classifiche - e quando qualcuno decide di uscire fuori dal coro rischia la gogna da parte del fandome? (Ri)scopriamo insieme pregi e difetti di un'operazione sicuramente controversa.

Io sono vendetta

Dal voice-over che accompagna costantemente le gesta di questo diavolo rosso che si aggira di notte per i vicoli di Hell's Kitchen, aprendo e chiudendo a cesello di narrazione, si intuisce sin da subito come qualcosa sia andato storto. L'anima dark che infatti si vorrebbe far emergere a tratti anche proprio dai suddetti dialoghi viene in più occasioni diluita da un approccio pop e kitsch, che rischia di tradire le origini di uno dei personaggi più affascinanti della Casa delle Idee. Rivissuto in un'amata serie televisiva prossima a rinascere con Daredevil Born Again, dove a prestargli corpo e volto sarà ancora Charlie Cox, il Diavolo di Hell's Kitchen può approcciarsi parzialmente come esperienze personali e vissuto al vigilante noir per eccellenza, ossia il collega Bruce Wayne/Batman. Per ironia della sorte Affleck ha finito per rivestire entrambi i ruoli, tanto che Affleck tornerà nei panni di Batman anche in Aquaman 2.

Ed è un peccato che le molteplici sfumature insite in Matt Murdock, avvocato cieco con il vizio di portare la giustizia nelle strade, siano state svilite in favore di una sceneggiatura superficiale, dove lo stesso rapporto con Elektra risulta ricco di forzature e privo del necessario impatto emotivo anche nelle fasi più drammatiche del racconto. La sexy eroina si guadagnerà uno spin-off tutto suo due anni dopo, anche lì con risultati non propriamente memorabili come potete leggere nella nostra recensione di Elektra.

Luci e ombre

Il regista è alla costante ricerca di un equilibrio tra l'anima più action e una verve ironica, ma nel corso dei cento minuti di visione si respira una mancanza d'omogeneità che rischia di seppellire i pur numerosi personaggi introdotti. Non fa meglio nemmeno la director's cut, che pur con una mezzora non aggiunge nulla di effettivamente significativo ai fini degli eventi e si limita a sviluppare un ulteriore sottotrama, inutile al completamento del quadro generale, e ad approfondire in ottica leggermente più matura certi passaggi. E pensare che la sceneggiatura fu addirittura elogiata da Kevin Feige, che ai tempi la definì come la migliore mai arrivata nei Marvel Studios.

L'impianto ludico è appena discreto, ma tra pose plastiche e sequenze gratuite che sembrano succubi di un'ottica da videoclip, con tanto di famosissima hit degli Evanescence che fa capolino qua e là, l'impatto visivo risulta ben presto stancante e gli effetti speciali senza infamia e senza lode non aggiungono il necessario pepe allo spettacolo estetico. A livello di cast funziona più l'Elektra di Jennifer Garner che il Murdock di Affleck - sul set nacque l'amore tra i due - mentre tra i cattivi spicca il pur caricaturale Kingpin del compianto Michael Clarke Duncan rispetto ad un Colin Farrell che arranca vistosamente nei panni dell'instabile Bullseye.

Un film poco ispirato

Il tentativo di infondere maggior cupezza tramite le scelte fotografiche, con l'ambientazione piovosa e notturna che caratterizza buona parte del film, finisce per appiattire l'intero insieme e un paio di frasi fatte ad hoc, nel tentativo di esaltare le doti da vendicatore mascherato del Nostro, non fanno altro che confermare questa sensazione di scelte quasi obbligate, nel tentativo di sopperire con soluzioni mirate alla monotonia generale d'insieme. Il senso di confusione diventa ben presto opprimente, sia per via dei numerosi contendenti in campo che per colpa di uno script che corre senza approfondire il dovuto le relative storyline, consegnando di fatto la storia e i suoi personaggi ad un'incessante tour de force per giungere all'epilogo. Si percepisce quanto l'introspezione sia cercata, esasperata ma al contempo vittima di una frenesia che gira a vuoto.

Il divertimento potenziale emerge a fiammate, con una manciata di sequenze che possono anche essere gradevoli nella loro sfacciataggine, guardante ad un'ottica blockbuster più affine al decennio precedente e ben lontana dalle elucubrazioni che il filone ha trovato in produzioni più autoriali. Se è vero che anche oggi certi cinecomic possono dirsi tutto tranne che opere artistiche, pur con alcune efficaci eccezioni, questo Daredevil era ancora troppo acerbo per competere con i cult allora contemporanei - come gli Spider-Man di Raimi o gli X-Men di Singer - o con icone passate quali il Batman burtoniano - e ad oggi non a caso è ricordato più come scult che come cult, con tutte le dovizie del caso.

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