Dalle lobby al ritorno dei Ghostbusters: il cinema di Jason Reitman

Dopo la recente uscita di The Front-Runner, ripercorriamo la carriera di un figlio d'arte di talento, destinato ad acchiappare fantasmi.

Dalle lobby al ritorno dei Ghostbusters: il cinema di Jason Reitman
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"Sarà una lettera d'amore nei confronti dei Ghostbusters. Adoro il franchise. Sono cresciuto guardandolo. Mi considero il primo fan dei Ghostbusters. Avevo sette anni quando è uscito il primo film e l'ho amato, ora voglio farne uno per tutti i fan là fuori". Con queste parole Jason Reitman è tornato a parlare in questi giorni del secondo sequel di Ghostbusters, terzo film della saga originale iniziata nel 1984 con Ghostbusters - Acchiappafantasmi e proseguita nel 1989 con Ghostbusters II. La frase di Reitman, la ‘lettera d'amore verso i fan della saga', non ha mancato di generare qualche polemica, risultando come una critica alla versione femminile del 2016 firmata Paul Feig. Polemiche che hanno costretto Reitman a specificare di provare ‘ammirazione per Paul, Leslie, Kate, Melissa e Kristen e il loro coraggio nel portare al cinema Ghostbusters nel 2016'.
Al di là di queste futili "accuse", da qualche settimana Reitman è ufficialmente il regista designato a raccogliere l'eredità di papà Ivan, che diresse i primi due cult e che ha commentato così, qualche tempo fa, l'ufficialità di suo figlio come regista del terzo capitolo: "Ha lavorato duramente per essere un regista indipendente e ha intrapreso una splendida carriera".
Ed è proprio così. Perché Jason Reitman dalla metà degli anni 2000 ha costruito un solido percorso, plasmando da un film all'altro un'identità ben precisa, sfruttando un tipo di cinema indipendente capace di mantenere comunque un'aura commerciale in grado di raggiungere un vasto pubblico.
Ultimo lavoro di questo filone è The Front Runner - Il vizio del potere, la storia del politico americano Gary Hart - impegnativa e del tutto riuscita prova per Hugh Jackman - costretto a fare i conti con le speculazioni sulla sua vita privata che hanno minacciato la sua corsa alle presidenziali. Un cinema differente da quello a cui Jason Reitman ci ha abituati ma equilibrato e scrupoloso, che ci permette di approfondire la carriera del prossimo regista di Ghostbusters III.

Debutto al tabacco

Cresciuto a pane e pellicola, Jason Reitman inizia a fare capolino inizialmente come baby attore, in brevissime apparizioni. Molti di voi ricorderanno il pestifero ragazzino che all'inizio di Ghostbusters II ‘offende' Ray (Dan Aykroyd) nel corso di una festa per bambini. Pochi però sanno che si tratta proprio del piccolo Jason, che sotto la supervisione del padre Ivan prende i primi contatti con quel mondo che diventerà anche il suo, seppur dietro la macchina da presa.
Tuttavia passeranno sedici anni prima che Reitman Jr. battezzi il suo esordio da regista: nel 2005, a soli 28 anni, Jason Reitman gira il suo primo film dal romanzo di Christopher Buckley, Thank You for Smoking.
Un esordio grintoso e originale, che rifugge il politically correct ed entra a gamba tesa sul potere delle lobby e delle multinazionali del tabacco. L'originalità risiede soprattutto nello sguardo che Reitman propone allo spettatore: quello del lobbista Nick Naylor (Aaron Eckhart), simbolo di una società senza alcun senso della morale e dell'etica, che vive nel nome del Dio denaro a discapito della vita delle persone. Naylor è soltanto il primo di una serie di personaggi che ritorneranno in altre occasioni nella filmografia di Jason Reitman.

Tra adolescenza e young adult

Il primo grande successo internazionale arriva due anni più tardi. Lasciando le redini del soggetto e della sceneggiatura all'astro nascente Diablo Cody, Jason Reitman permette che in Juno parli soprattutto la macchina da presa.
Giocando con un genere eclettico come la commedia agrodolce, la coppia Cody-Reitman mescola riflessioni profonde a una forma scanzonata e sarcastica propria del personaggio che domina la scena, interpretato dalla bravissima Ellen Page. Juno è una sedicenne che rimane incinta e che, tra alti e bassi, vive la gravidanza come un percorso di formazione sull'amore, il sesso e l'amicizia.
Quattro nomination agli Oscar e una statuetta per la miglior sceneggiatura originale lanciano la carriera di Diablo Cody e confermano il talento di Jason Reitman nello scovare storie apparentemente semplici ma ricche di argomentazioni. In questo caso un altro personaggio si ritrova a vivere un percorso complicato, nel quale conosce la solitudine e il bisogno di dover accelerare i tempi della propria crescita.
Una solitudine diversa è invece quella che vive Ryan Bingham. Con Tra le nuvole, Jason Reitman prosegue il suo percorso legato a personaggi in qualche modo isolati. Quello di Ryan Bingham è un isolamento coccolato, ricercato, amato. Difeso. George Clooney si cala in uno dei ruoli più convincenti e interessanti della sua carriera; costantemente in viaggio per lavoro, tra aeroporti e alberghi, carte fedeltà e miglia aeree da accumulare. Un uomo dedito costantemente al proprio lavoro. Un lavoro odioso, cinico e ridondante. Un meccanismo rodato nel quale s'inserisce la giovane e acerba Natalie (Anna Kendrick), convinta di poter togliere la polvere alla routine di Ryan per innovare e riequilibrare l'azienda.

Un film amaro che tratteggia personalità sole che si scontrano, dove l'affetto appare per brevi istanti e poi scompare e ti lascia lì, pronto a prendere nuovamente il volo. E poi Mavis. Il ritorno in coppia con Diablo Cody partorisce una storia che si concentra sul disagio di una ghostwriter per una collana di young adult - da qui il titolo del film - che ribalta tutto ciò che la penna di Cody e la regia di Reitman hanno affrontato nella precedente collaborazione.
Dall'adolescente costretta a vivere un presente da adulta alla donna matura che conduce una vita sregolata, anch'essa piena di solitudine condita dai fumi dell'alcol. Mavis Gary trova in Charlize Theron un'ottima interprete, capace di trasmettere il vuoto e il patetismo di una vita ferma ormai da qualche decennio. Juno, Ryan e Mavis. Tre espressioni dell'insolenza della vita, dove l'amore si palesa attraverso attimi, intensi e fugaci.

La maturità con Tully

Il mondo femminile è centrale nella filmografia di Jason Reitman. Dopo la deviazione poco fortunata del thriller Un giorno come tanti - anche in questo caso il personaggio di Kate Winslet, Adele Wheeler, è una donna sofferente, sola, con un figlio a carico e agorafobica - e il poco chiacchierato Men, Women & Children, Jason Reitman mette a lucido il proprio talento al fianco di Diablo Cody concludendo idealmente quella che sembra una trilogia di figure femminili in qualche modo disperate: la Marlo di Charlize Theron in Tully sembra un mix delle Juno e Mavis conosciute nei film antecedenti, una donna matura che si ritrova a vivere una nuova gravidanza per nulla desiderata.

Sulla carta Tully sembra l'ennesimo personaggio dalle caratteristiche tutt'altro che piacevoli della filmografia di Jason Reitman. In realtà quello che ne esce è un racconto maggiormente permeato di speranza, di sostegno e affetto. Proprio grazie al personaggio che dà il nome al film, Tully (Mackenzie Davis), Marlo ritrova il valore dell'amicizia, attraverso un'evoluzione narrativa che scopre uno sguardo più consapevole e speranzoso. Non si scade mai nell'accomodante, la durezza sullo sfondo rimane e si esprime attraverso il corpo e lo stato d'animo di Marlo, ma sullo sfondo un barlume di luce pare vedersi, finalmente.

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