Cinema e Resistenza: i 10 migliori film sulla lotta per la Liberazione

In occasione del 25 Aprile, anniversario della Liberazione, ecco la classifica dei 10 migliori film sulla Resistenza.

Cinema e Resistenza: i 10 migliori film sulla lotta per la Liberazione
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La Resistenza e la nostra Guerra Civile sono state portate sul grande schermo da un cinema italiano che, mediante il racconto di esse, seppe rinnovare la settima arte in modo assoluto, farsi ambasciatore nell'immediato dopoguerra di una dimensione più umana, reale, staccata da ogni retorica. Ma anche nei decenni successivi non rinunciò a parlare di quei drammatici anni. Dal 1945 in poi il nostro cinema si è fatto conoscere nel mondo, diventando grande. E per l'occasione, per questo 25 Aprile 2020 e per la Festa della Liberazione, è giusto riscoprire i dieci film che meglio di tutti gli altri ci hanno parlato della tragedia che fu, di quell'Italia dopo l'8 Settembre.

Una questione privata

Ultimo film diretto dai fratelli Taviani, Una questione privata è tratto dall'omonimo libro di Beppe Fenoglio, forse la sua opera più enigmatica, particolare, personale e metaforica.
Protagonista è il partigiano Milton (Luca Marinelli) che cerca in tutti i modi di ritrovare l'amico Giorgio (Lorenzo Richelmy), che sospetta avere una storia con la bella Fulvia (Valentina Bellé), aggirandosi in una terra fatta di nebbia e montagna, teatro di una guerra che è descritta in modo diverso eppure uguale in ogni uomo o donna che incontra.
Le Langhe sono il teatro di un film dove la vicenda bellica è in sottofondo rispetto a quella privata, sposata a episodi chiave, simboli delle esistenze spezzate dal dramma bellico, della morte che avvolge e insegue tutto e tutti.
Una questione privata è magistrale nel parlarci dei giovani di entrambi i fronti, del dramma della loro speranza spazzata via, bruciata, di un mondo di sogni scomparso, di una fede nell'umanità inghiottita dalla morte.

La lunga notte del '43

Opera prima di Florestano Vancini, La Lunga Notte del '43 è tratto dall'omonimo racconto di Giorgio Bassani contenuto in Cinque Storie Ferraresi, e rappresenta una felice e indovinata commistione tra cinema italiano e francese, unendo realtà e finzione.
Film feroce, intimo, girato in modo perfetto, dove regna la dimensione personale più che quella storica; vive di simboli, dell'eterno conflitto tra verità e menzogna, dove i personaggi interpretati da Belinda Lee, Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno e Gino Cervi paiono fantasmi, avvolti da una nebbia che è anche dentro le loro vite.
L'opera ci mostra la realtà di un fascismo che riuscì comunque a sopravvivere alla punizione, beandosi della fame di vita, del desiderio di evasione e dell'egoismo di un paese abitato da vili, egoisti, incapaci di affrontare la realtà, il loro passato e le loro responsabilità.
Un film che più che celebrare la Resistenza, ce ne mostra la vittoria incompleta, il suo esser stato velo con cui un paese si auto-assolse.

La notte di San Lorenzo

Diretto dai Fratelli Taviani, sceneggiato assieme a Tonino Guerra e Giuliano G. De Negri, La notte di San Lorenzo, a metà tra realtà e finzione, si ispira alla terribile strage del Duomo di San Miniato, per anni attribuita ai tedeschi.
Oggi sappiamo che fu invece frutto di un errore durante un bombardamento americano, tuttavia il film rimane una potente opera cinematografica, che racconta una storia come tante, un massacro che non fu commeso dai nazisti.
Premiato a Cannes con il Grand Prix della Giuria, è un film che vive di allegorie, metafore, richiami alla tragedia greca e al folklore, mostra una violenza che è simbolo della crudeltà dei tempi e della Storia. È soprattutto un film sulla popolazione, sul dolore da essa sopportato durante una guerra civile avvolta da una natura bellissima.

Il partigiano Johnny

Film dotato di una potenza ed espressività uniche nel suo genere, Il partigiano Johnny è tratto dal capolavoro di Beppe Fenoglio, diretto da Guido Chiesa, con un intenso e appassionato Stefano Dionisi nei panni di Johnny, studente universitario che all'indomani dell'8 settembre 1943 diserta e ritorna nella sua Alba, vicino a Cuneo, dove si unirà ai primi nuclei della Resistenza.
Con un cast che comprende Fabrizio Gifuni, Claudio Amendola, Giuseppe Cederna, Andrea Prodan, Umberto Orsini e una sceneggiatura che armonizza molto bene testo d'origine (incompiuto) e Storia, Il partigiano Johnny è un film duro, angosciante, anti-retorico e sovente aulico.
Ne esce l'immagine di una Resistenza fatta di fame, paura, generosità e morte, in cui la realtà schiaccia la nobiltà degli intenti e dove combattere talvolta è fine più che mezzo, ma mai slegato dall'essere simbolo del risveglio morale di una generazione.

Le quattro giornate di Napoli

Dal libro di Aldo De Jaco, sui drammatici eventi che videro la rivolta della città partenopea dal 27 al 30 settembre 1943, Nanni Loy trasse ispirazione per uno dei film più belli e sinceri su quell'Italia massacrata da fame, povertà, abbandonata a sé stessa dal fascismo e sottoposta a bombardamenti alleati e angherie di ogni genere da parte dei tedeschi.
Film corale, con un cast di grande livello che annovera Gian Maria Volonté (nei panni di Vincenzo Stimolo), Luigi De Filippo, Enzo Cannavale, Pupella Maggio, Regina Bianchi, Aldo Giuffré, Curt Lowens e Lea Massari, Le quattro giornate di Napoli è un appassionante dramma sui terribili giorni che videro la popolazione napoletana sola contro 8.000 tedeschi armati fino ai denti.
Elogio della resistenza spontanea (anche non violenta), dell'amore per l'uomo e l'umanità del popolo partenopeo, è forse il film che più onestamente ci ricorda come la storia sia fatta da persone qualunque, e in quali miserevoli condizioni il regime fascista e la monarchia avessero lasciato il popolo italiano.

L'uomo che verrà

Scritto e diretto da Giorgio Diritti, L'uomo che verrà è un intenso tributo alle vittime della strage di Marzabotto, vissuto attraverso gli occhi della piccola Martina (Greta Zuccheri Montanari), chiusa in un mutismo che però non le impedisce di cogliere ogni piccolo frammento di verità della vita che le sta attorno, del dramma che di lì a poco si consumerà.
Film tra i più premiati presenti in questa lista, L'uomo che verrà è una splendida e terribile cronaca di un crimine di guerra, di una tragedia che ha segnato per sempre questo Paese. Ricreata senza indugiare nell'orrore visivo, quanto piuttosto offrendo il punto di vista dei civili, degli inermi, di chi senza difesa finì vittima di quella ferocia nazista che in realtà già si era manifestata in Est Europa, Francia e Jugoslavia.
Straordinario nella regia, nella fotografia, nell'evitare la facile retorica o commozione, L'uomo che verrà è un feroce quadro storico, e mette lo spettatore come non mai di fronte alla realtà di ciò che fu l'occupazione tedesca per il nostro popolo.

Il generale Della Rovere

Protagonista del film di Roberto Rossellini è Emanuele Bardone (un grande Vittorio De Sica), truffatore incallito e senza vergogna, che sopravvive ingannando i parenti dei detenuti politici, millantando conoscenze che non ha per intascarne soldi e viveri.
Scoperto, accetta, per salvarsi la vita, di collaborare con il Colonnello Muller (Hannes Messemer), assumendo l'identità del generale Della Rovere, ucciso dai tedeschi per errore.
Il suo compito sarà quello di carpire la fiducia dei detenuti a San Vittore e arrivare a scoprire i capi della Resistenza.
Film potente, individualista, per quanto a tratti forse retorico, incentrato più che sul contesto storico sulla realtà umana di quella guerra, sulla tragedia che furono le prigioni. Il generale Della Rovere deve molto alla sceneggiatura di Indro Montanelli, Sergio Amidei e Diego Fabbri, capace di approfondire personaggi e motivazioni in modo perfetto.
Alla base, vi è il metaforico racconto di quell'Italia che si scoprì coraggiosa, capace di ritrovare una dignità, fino all'estremo sacrificio, senza farsi comprare o corrompere dall'invasore, accettando la prigione e le torture.

Tutti a casa

Film testamento di Luigi Comencini, basato su una sceneggiatura fantastica di Age & Scarpelli e Marcello Fondato, Tutti a casa ha come protagonista il sottotenente Alberto Innocenzi (Alberto Sordi), ufficiale un po' ridicolo che, come migliaia di altri, l'8 settembre 1943 si trova a fare i conti con un armistizio che sostanzialmente lo lascia in balia della sorte.
Il suo ritorno a casa con alcuni commilitoni, la fame, l'anarchia e la miseria umana con cui farà i conti, i drammi a cui assisterà, lo porteranno infine a scuotersi, a risvegliarsi dal torpore, a reagire in nome di una ritrovata dignità.
Tragico, sovente comico ma sempre onesto ritratto di quegli infernali giorni di settembre e del crollo morale e materiale dell'Italia, Tutti a casa è un road movie a metà tra neorealismo e commedia all'italiana, dove dimensione collettiva e privata si uniscono perfettamente.
Dominato da un Sordi d'antologia, più che un film sulla Resistenza è una pellicola che ci mostra perché si arrivò alla Resistenza, perché fu importante farlo, perché non si poteva restare a guardare.

Paisà

Altro film corale, altro capolavoro del cinema italiano, diretto da Roberto Rossellini, scritto assieme a Federico Fellini e Sergio Amidei, diviso in sei episodi, ma capace di dare un'immagine unica, triste e terribilmente reale di quella tragedia che fu la Guerra Civile.
Preti, ragazze di vita, soldati stranieri e bambini morti di fame abitano i 124 minuti di questo racconto di un'umanità disperata, in cui la Resistenza ha la faccia dei patrioti che a Firenze si immolarono per non far distruggere la città, dei poveri disperati che nel Polesine cercarono di fermare la ferocia nazista.
La resistenza mostrata in Paisà è lotta impari, disperata, coraggioso vaso di coccio tra quelli di ferro degli eserciti contrapposti, ma anche per questo inestimabile, per quanto costi la vita di innumerevoli trucidati, parte di un finale tremendo, drammatico, assolutamente scevro da ogni retorica.
Un film di potente verità, di grande bellezza, che Rossellini rende simbolo di un'epoca, ritratto di una condizione umana, tributo alla sofferenza degli italiani.

Roma città aperta

Film tra i più importanti della storia, pietra miliare della settima arte, creato già pochi mesi dopo la liberazione della capitale a inizio 1944, Roma città aperta a tanti anni di distanza rappresenta senza ombra di dubbio non solo il film per eccellenza su quel periodo storico, ma il simbolo stesso del neorealismo e del cinema italiano in generale.
Sceneggiato da Sergio Amidei, Federico Fellini, Ferruccio Disnan, Celeste Negarville oltre che dal regista Roberto Rossellini, è ancora oggi insuperato nel mostrarci il dramma della popolazione schiacciata da miseria, terrore e morte, così come il coraggio di coloro i quali cercavano di rompere il giogo nazi-fascista.
La corsa disperata di Pina, le torture subite da Manfredi, la fucilazione di Don Pietro, tutto questo diventò simbolo cinematografico della tragedia, prova di un cinema che si legava alla realtà, senza regole, che non poteva né voleva sposare la retorica della finzione o dell'evasione, quanto piuttosto far sì che la memoria non fosse più solo appannaggio di pochi ma patrimonio dell'uomo.

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