Black Widow: Scarlett Johansson contro Hollywood, tra cinema e streaming

La causa legale intentata da Scarlett Johansson è una bomba esplosa di colpo. Ma cosa comporterà nel mondo di Hollywood?

Black Widow: Scarlett Johansson contro Hollywood, tra cinema e streaming
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C'è una nuova battaglia da affrontare nella città degli angeli; una battaglia che vede il ritorno di Vedova Nera nella veste di protagonista. Ma questa volta davanti a lei non si ergono palazzi distrutti, esplosioni, o nemici da combattere. Ci sono sale di tribunali, pile di carte da compilare, orde di avvocati da ascoltare. Un universo più simile a quello immortalato da David Fincher nel suo The Social Network che dai fratelli Russo in Avengers.

Il caso è ormai di dominio pubblico. Dopo l'uscita di Black Widow con un anno di ritardo sia al cinema, che sulla piattaforma Disney+ con accesso VIP (di cui ancora ci si chiede quanto sia sostenibile come scelta), Scarlett Johansson ha deciso di intentare causa alla casa di Topolino, rea di non aver rispettato il contratto che prevedeva l'uscita esclusiva del film in sala, scelta che avrebbe costato alla star la perdita di tutta una serie di bonus economici che invece avrebbe ottenuto se Black Widow avesse superato determinate cifre al botteghino.

La nuova normalità di Black Widow

Quelli che stiamo vivendo non sono anni semplici; sono una nuova forma di normalità, tutta ancora da conoscere, affrontare, accettare.

E analizzando il caso in maniera del tutto obiettiva (non spetta certo a noi stabilire se tale scelta sia più o meno corretta), bisogna sottolineare quanto una release esclusiva al cinema non avrebbe riscosso lo stesso successo che avrebbe ottenuto in tempi normali.
La situazione attuale non lo permette, la speranza di Black Widow di eguagliare lo stesso successo dei precedenti film del MCU era una mera illusione prima ancora della sua uscita. Dietro pertanto la scelta dell'attrice di attaccare un colosso come la Disney, possiamo intravedere rivoluzioni e cambiamenti che potrebbero influenzare il mondo del cinema in futuro.

Cinema, TV e streaming

Siamo onesti: è già da qualche anno che lo sguardo del pubblico si sta pian piano abituando alle dimensioni di uno schermo televisivo. Forte dell'evoluzione qualitativa vantata da produzioni che hanno ormai raggiunto i livelli di quelle cinematografiche, l'attenzione si è sempre più orientata e limitata alla visione domestica.

Poi è arrivata l'era delle piattaforme streaming, e con esse anche i film si sono ridotti nelle loro dimensioni, adattandosi allo schermo di una TV. La pandemia ha fatto il resto, giocando un ruolo fondamentale in questo lento e doloroso allontanamento degli spettatori dalla sala cinematografica.
Non che il pubblico abbia disimparato ad andare al cinema. È troppo unica, irripetibile, l'esperienza cinematografica affinché la Settima Arte possa morire. Ma c'è un fattore inconscio, che sta intaccando il ritorno alle sale: la paura. Nonostante il cinema sia uno dei posti più sicuri al mondo, tra sale igienizzate e distanze sociali, la gente ha paura del contagio, e il ritorno è stato fortemente influenzato da questa fobia condivisa, depotenziando la bellezza e l'unicità della sala.

Una causa legale simbolo dei nostri tempi

Ed è partendo da questo presupposto che possiamo analizzare con maggior attenzione le due parti in causa. Come sottolineato anche da Matt Belloni (ex-direttore editoriale del The Hollywood Reporter) la causa legale intentata dalla Johansson rappresenta oggi tutto ciò che sta accadendo a Hollywood nel campo dello streaming.

Tale denuncia può essere inoltre interpretata simbolicamente come la speranza, quella che si celava nella riapertura della sala, di una normalità che pare essere ancora lontana. Il fatto è che il virus è ancora tra noi, ci cammina silente a fianco, a un passo di mascherina. Molte città, come Canberra, sono addirittura tornate in lockdown con tanto di cinema momentaneamente chiusi.

Una release destinata alla sala avrebbe pertanto comportato per la Disney una perdita in termini di profitti. La casa di Topolino è corsa dunque ai ripari, ritrovando nella già rodata formula della doppia uscita in sala e sulla piattaforma Disney+ (la stessa adottata per il comunque ottimo Crudelia) la perfetta soluzione al problema.

Ed è in tale scelta che ritroviamo il futuro del cinema. La settima arte continuerà a vivere, facendoci sognare a occhi aperti, seduti su delle poltrone e avvolti dal confortante buio delle sale cinematografiche.
Ma la nuova normalità vedrà, almeno nel medio-breve periodo, una release in sala affiancarsi a una domestica, in modo da preservare una fonte di guadagno per gli studios.
Il problema, inoltre, non è tanto da ricercare nella release sulle piattaforme, quanto in una nuova educazione spettatoriale: bisogna puntare su un senso di sicurezza da trasmettere alle persone che devono ora ristabilire un sistema di fiducia con la sala, luogo sicuro e non ambiente insito di paure e pericoli di contagio.

Se dunque la decisione della Disney riguarda il futuro, e quella della Johansson la speranza di un presente, tra gli inframezzi di questo caso vige una portata rivoluzionaria pronta a colpire il sistema hollywoodiano in termini di contratti legali e di maggior tutela per gli attori.

Johansson e Disney: Davide contro Golia

Che gli interpreti ricevano un bonus in base ai biglietti venduti al botteghino non deve di certo sorprendere. Vero che, se analizzata in un contesto delicato come quello odierno, la scelta della Johansson di far causa alla Disney per la mancanza di una parte di guadagni data dalla doppia release può far storcere il naso a molti.

Ma indagando più a fondo la questione, si potrebbe ritrovare nella scelta dell'attrice un modo per tutelare maggiormente la sua professione. Questo caso potrebbe pertanto rivelarsi come un unicum, la scintilla che fa esplodere la bomba, portando a una rivoluzione nel campo dei contratti che legheranno gli attori agli studios, soprattutto alla luce del dominio delle uscite in streaming.

Primi sintomi di questo cambiamento iniziavano a farsi largo già nell'universo Warner Bros, quando la release di Wonder Woman 1984 su HBO Max ha dato il via a una lunga e tesa trattativa tra lo studio, l'attrice Gal Gadot e la regista Patty Jenkins, diatriba conclusasi con il pagamento di 10 milioni di dollari di bonus a entrambe le parti.
Data la sempre più inevitabile doppia release, è giusto che anche le grandi produzioni e case di distribuzione corrano ai ripari, prevedendo nei contratti con registi e interpreti la clausola che concepisca la possibilità di un ulteriore voce di introito: non solo quello base, al momento dell'assunzione, ma anche quello ricavato dai biglietti venduti al cinema e dai guadagni ottenuti dalle sottoscrizioni e abbonamenti alle piattaforme, e/o agli acquisti del singolo film in streaming.

Un caso nodoso, cavilloso, quello di Scarlett Johansson, un iceberg legale che rivela quanto a volte la superficie di un evento nasconda al suo interno un problema più profondo. Un attacco a suon di denunce, e risvolti giudiziari, della stessa potenza dei calci sferrati da Natasha Romanoff, vendicatrice della professionalità degli attori e dei loro contratti.
Non ci resta dunque che aspettare e intanto, chissà, tornare a immergerci nel buio della sala per ricominciare a sognare.

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