Black Panther: Wakanda Forever, il “nuovo” Namor funziona?

Namor è sicuramente tra i personaggi più controversi introdotti da Black Panther: Wakanda Forever. Ma il Sub-Mariner funziona nel film?

Black Panther: Wakanda Forever, il “nuovo” Namor funziona?
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Black Panther Wakanda Forever è uno dei migliori esordi del MCU. Eppure, come ormai avviene sempre più di frequente per i cinecomics Marvel, molti elementi della pellicola hanno già spaccato in due i fan della Casa delle Idee. Questa volta, a scatenare i "puristi" dei fumetti è stata la revisione del personaggio di Namor, interpretato da un ottimo Tenoch Huerta (La Notte del Giudizio per Sempre, Narcos: Mexico).

Ormai lo sappiamo da tempo: le origini di Namor sono profondamente cambiate con il salto verso l'MCU, poiché l'Atlantideo è stato trasformato nel passaggio al grande schermo nel sovrano della città sommersa di Talokan, le cui origini sono legate alle civiltà precolombiane del Centroamerica. Incredibilmente, però, lo stravolgimento delle origini di Namor in Black Panther: Wakanda Forever è riuscito a creare un personaggio estremamente coerente, ispirato e persino moderno, risultando decisamente più interessante di quanto non lo sarebbe stata una blanda trasposizione della controparte fumettistica al cinema.

Una backstory "politica"

Prima di continuare, vi ricordiamo che questo articolo contiene spoiler sul personaggio di Namor e sulla trama di Black Panther: Wakanda Forever. Se non avete già visto il film, insomma, leggete a vostro rischio e pericolo.

Nei fumetti, Namor è il figlio della principessa atlantidea Fen e di Leonard McKenzie, il capitano della nave rompighiacci Oracle: Fen, inviata dal padre Thakorr in superficie a spiare gli esseri umani, finisce per innamorarsi di Leonard e concepire un figlio insieme a lui. Vedendo Fen non fare ritorno ad Atlantide, Thakorr decide di attaccare la Oracle, uccidendo Leonard. La backstory di Namor presentata in Black Panther: Wakanda Forever non potrebbe essere più diversa di così: Namor è il sovrano di Talokan, città creata sotto le acque dell'Atlantico da un popolo mesoamericano in fuga dai colonizzatori spagnoli a inizio Cinquecento. Nello specifico, l'anti-eroe è il primo essere umano (o meglio, mutante) a nascere sott'acqua: questo spiega anche perché, a differenza degli altri talokani, egli mantiene la pelle rosa e ha dei superpoteri aggiuntivi, come la capacità di volare grazie alle ali che presenta sui piedi e quella di "respirare" anche in superficie senza alcuna riserva d'acqua. In più, il Namor cinematografico è molto più "anziano" della controparte a fumetti, poiché ha un'età di più di mezzo secolo.

La backstory di Namor, da sola, non funziona né più né meno bene di quella del personaggio a fumetti: nel contesto del Marvel Cinematic Universe, e soprattutto in quello di Black Panther: Wakanda Forever, però, essa assume enorme senso. In particolare, la vicenda personale dell'Atlantideo serve per unire Talokan al Wakanda in una comune lotta contro gli atteggiamenti predatori e imperialisti del resto del mondo.

Vi è un parallelo fortissimo, che sta al contro del messaggio politico stesso di Wakanda Forever, tra la ferocia e la violenza dei conquistadores spagnoli contro le popolazioni precolombiane, di cui lo stesso Namor fa esperienza, e l'atteggiamento delle potenze globali contro il Wakanda, definite "colonizzatrici" senza mezzi termini in più parti del film (nonché da più personaggi diversi, sia wakandiani che non). Il colonialismo è così presente e totalizzante nel vissuto personale del sovrano di Talokan che il suo stesso nome deriva da due parole spagnole, "sin amor", pronunciate proprio da un prete spagnolo, che definisce Namor (o meglio, Namòr) "el nino sin amor", il "bambino senza amore". Anche la scelta di far pronunciare tali parole ad un membro del clero cattolico, simbolo per eccellenza della conversione religiosa e culturale dell'America del centro-sud portata avanti da spagnoli e portoghesi, nonché dell'abbandono forzato dei culti e delle tradizioni precolombiane, è sicuramente voluta: lo stesso Namor, dopo un incontro solo indiretto con i colonizzatori, abbandona (almeno in parte) il proprio nome talokano, Kul'kul'kan. Un simbolo di come il colonialismo permanga anche nella mente di chi vi si oppone, radicandosi come un'esperienza totalizzante che finisce per condizionare a vita chi lo subisce.

Stare al passo con i tempi

Tuttavia, dire che la modifica della storia di Namor risponda solo ad esigenze metanarrative limitate a Black Panther: Wakanda Forever sarebbe riduttivo. Da una parte, la riproposizione della storia di Fen e del capitano McKenzie sarebbe oggi impossibile, e verrebbe additata da molti (specie tra chi non conosce i fumetti Marvel) come una semplice revisione in chiave "dark" della favola della Sirenetta, resa peraltro famosa proprio dalla stessa Disney (non esattamente una bella pubblicità per il remake live-action della Sirenetta in arrivo nel 2023). Dall'altra parte, la storia stessa delle origini del Sub-Mariner non è più al passo con i tempi: il debutto editoriale di Namor risale al 1939, e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta.

La sotto-trama utilizzata da Ryan Coogler e soci non è solo in linea con il messaggio di base di Wakanda Forever, ma anche con le esigenze di credibilità e che un personaggio cinematografico moderno richiede, ancor di più quando bisogna mettere in scena un villain complesso e con cui il pubblico deve entrare in empatia, o quantomeno con dei motivi di base condivisibili dallo spettatore medio. D'altro canto, l'odio di Namor per il mondo superficiale, che lo porta quasi a dichiarare guerra a tutte le "terre asciutte", andava spiegato in qualche modo, e l'espediente (se così lo si vuole chiamare) del colonialismo riesce ad attualizzare una backstory che altrimenti farebbe acqua da tutte le parti e renderebbe il personaggio di Namor decisamente poco profondo e realistico.

Inoltre, il nuovo background culturale e identitario dell'Atlantideo ha senso per un altro motivo: la serie di Black Panther è la più "inclusiva" del MCU, specie dal punto di vista etnico. Benché i problemi degli afroamericani siano stati toccati più volte nel Marvel Cinematic Universe (basti pensare alla presenza di Isaiah Bradley in Falcon and the Winter Soldier), è evidente che il primo Black Panther sia stato pensato appositamente per garantire una rappresentanza nell'MCU alla comunità nera americana.

Ovviamente, Black Panther: Wakanda Forever riparte da queste stesse basi, mutuando l'iconografia e lo stile del predecessore, insieme ad un cast di attori in larga parte afroamericani, ma va anche oltre: se da una parte il film non si crea problemi a mostrare personaggi chiaramente appartenenti alla comunità LGBTQAI+ (motivo per cui Black Panther: Wakanda Forever non uscirà in Cina, tra l'altro), dall'altra parte è evidente che con Namor e con il suo popolo Disney stia cercando di innestare l'iconografia e la cultura mesoamericana e sudamericana, ovviamente di stampo precolombiano, nel Marvel Cinematic Universe. Si tratta in questo caso di un riconoscimento dovuto (e forse persino tardivo) ad una comunità che ormai da anni, specie negli Stati Uniti, si batte per il recupero della propria identità tradizionale, criticando apertamente le retoriche storico-culturali eurocentriche e coloniali.

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