Black Panther, perché il primo film è migliore di Wakanda Forever

Black Panther: Wakanda Forever deve raccogliere il pesante testimone del film che aveva Chadwick Boseman per protagonista, ma ne è all'altezza?

Black Panther, perché il primo film è migliore di Wakanda Forever
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Black Panther Wakanda Forever ha convinto la critica e il pubblico, come dimostrano un rating dell'87% su Rotten Tomatoes e uno degli incassi migliori di sempre per l'MCU in un weekend di debutto. Tuttavia, come vi abbiamo spiegato nella recensione di Black Panther: Wakanda Forever, la produzione firmata da Ryan Coogler non è perfetta: al contrario, Wakanda Forever ha alcuni problemi, specie dal punto di vista narrativo, con una sezione centrale piuttosto confusionaria e che potrebbe non piacere a tutti. D'altro canto, l'eredità del primo Black Panther, una delle pellicole unanimemente considerate tra le migliori dell'intero MCU, sarebbe stata un peso enorme sulle spalle di ciascun film, figuriamoci di uno sviluppato nelle particolari condizioni di Black Panther Wakanda Forever, che ha perso il suo protagonista a lavori già iniziati. Cerchiamo però di analizzare a freddo i due film sul Wakanda: quale capitolo della saga cinematografica di Pantera Nera è il migliore?

Un regno senza il suo Re

Inutile girarci intorno: il primo Black Panther funziona meglio di Wakanda Forever anche e soprattutto grazie alla presenza di un attore di enorme carisma come Chadwick Boseman. Sia ben chiaro, il film appena uscito fa tutto il possibile per onorare la memoria dell'attore, suscitando, soprattutto nei primi momenti e nella scena mid-credits, anche qualche lacrima tra i fan più accaniti.

Però Chadwick non c'è più, e il suo vuoto si sente: nessuno degli altri personaggi del film riesce ad elevarsi al livello della prima Pantera Nera, compresa l'eroina che ha il compito di succedergli. Prevedibile e anche giusto, questo è ovvio: l'epopea della prima Black Panther dell'MCU è finita troppo presto, e il personaggio di Shuri non era ancora pronto, anche in termini di costruzione narrativa, a ricevere il costume. Ovviamente Marvel ha dovuto fare di necessità virtù, e comunque non possiamo dire che la nuova Pantera Nera non convinca. Tuttavia, al confronto con T'Challa, la Black Panther di Shuri sfigura. Sembra anzi che la mancanza di un protagonista particolarmente carismatico abbia permesso ai personaggi "di contorno" come la Regina Ramonda e Namor (ma anche Nakia, Ironheart e Okoye) di imporsi al fianco di Shuri, ritagliandosi uno spazio che nella pellicola originale non avevano, perché era (quasi) tutto diviso tra i due personaggi di T'Challa e di Killmonger (la cui apparizione a sorpresa, non a caso, è uno dei momenti di maggiore impatto di tutto Wakanda Forever).

Lo ripetiamo: il fatto di far stare la nuova Black Panther "un passo indietro" è probabilmente voluto ed è una scelta che denota maturità e rispetto nei confronti di Chadwick Boseman. Dall'altra parte, però, tutto il cast di contorno della pellicola sembra non aver ricevuto una caratterizzazione così piena come il ruolo che ha dovuto assumere nel film imponeva: un problema quasi sicuramente dovuto alla logica seriale del MCU, che per esempio non ha permesso l'approfondimento dei personaggi di Namor, Ironheart e Okoye per lasciare spazio a futuri show che li avranno per protagonisti o co-protagonisti.

Non a caso, la serie su Ironheart è già stata annunciata, mentre pare che anche uno show sul Wakanda per Disney+ sia in lavorazione e, stando alle ultime sequenze di Wakanda Forever, anche Namor potrebbe ricevere un film standalone o almeno apparire in una futura pellicola Marvel. Al contrario, uno dei pregi di Killmonger in Wakanda Forever era proprio la sua parabola autoconclusiva, che ha permesso a Michael B. Jordan e a Ryan Coogler di sviluppare appieno il personaggio, rendendolo decisamente più iconico di qualsiasi eroe e villain apparso nella pellicola sequel.

Complessità contro semplicità

Accanto ai personaggi, uno dei nodi più problematici di Black Panther: Wakanda Forever è sicuramente quello della trama. Giudicata intricata e mal ritmata da alcuni critici, l'evoluzione della storia del film è il suo tasto dolente, specie nella fase centrale della narrazione, che dilata molto i tempi e talvolta finisce per perdersi su sé stessa (senza però rendere il film noioso, questo va detto).

Il primo film su Black Panther ha certamente il merito di mantenere una trama più lineare e semplice, che però fornisce la sponda per sequenze di azione più tese e combattimenti più spettacolari (e frequenti) di quelli visti in Wakanda Forever. Anche in questo caso, comunque, stiamo parlando di un fattore pienamente soggettivo: un cinecomic che vira più verso il drammatico potrebbe essere molto gradito da alcuni fan e odiato da altri (esattamente come successo per Eternals l'anno scorso). Molti potrebbero amare Black Panther: Wakanda Forever alla follia, riconoscendone il merito di tentare di "elevare", almeno per complessità narrativa, la classica trama di un cinefumetto, alzando l'asticella della componente drammatica a quasi da thriller a discapito di quella più squisitamente action. Altri, invece, rimarranno sicuramente contrariati da questa scelta, preferendo invece una pellicola più canonica come lo è stato il film che aveva per protagonista Chadwick Boseman.

Il discorso che abbiamo fatto per la trama si riflette direttamente sulla morale di Black Panther 2. Se il primo film sul Re del Wakanda metteva al centro le tematiche dell'emancipazione della comunità nera, specie negli Stati Uniti, contrapponendo due visioni opposte (una violenta e una pacifista) su come ottenerla e mostrando uno spaccato incredibilmente realistico della permanenza del razzismo in diversi contesti sociali americani, Wakanda Forever è una dura critica al colonialismo, tirando in ballo non solo le potenze storicamente associate all'imperialismo (per esempio la Francia), ma anche gli Stati Uniti, nuovamente bersagliati dalla critica di Ryan Coogler.

Anche in questo caso, Wakanda Forever cerca di fare l'unica cosa possibile per un sequel, decidendo di non battere sulle stesse corde del predecessore e innalzando a livello speculativo il proprio messaggio, che da sociale si fa politico. Il rischio è evidente: risultare meno diretto nei confronti dello spettatore. Mentre il primo Black Panther rappresentava, in alcuni casi, un vero e proprio pugno allo stomaco, specie per uno spettatore americano (e soprattutto in un contesto come l'America del 2018), il sequel è un film la cui morale si fa sì più elevata, ma anche più sfuggente, rivolgendosi ad un pubblico forse più "intellettuale" e meno universale della pellicola precedente, o forse semplicemente ad una nicchia più ricettiva di spettatori. Ciò non toglie che Wakanda Forever riesca a far passare un potente messaggio politico, seppur meno evidente e di facile comprensione per lo spettatore medio.

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