Black Lives Matter, modificare il passato aiuta a migliorare il futuro?

I nuovi movimenti per i diritti civili stanno spingendo Hollywood a dei radicali cambi d'immagine retroattivi, tra disclaimer, prese di posizione e scuse.

Black Lives Matter, modificare il passato aiuta a migliorare il futuro?
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L'omicidio di George Floyd ha riportato in essere il problema dei (mancati) diritti civili degli afroamericani. Un tema per cui le comunità direttamente interessate si stanno battendo da secoli, trovando di volta in volta davanti a loro un grande muro di ipocrisia e omertà. Per questo si è tornati a "combattere" lungo le strade degli Stati Uniti d'America, agendo in alcune circostanze con la stessa violenza a loro spesso riservata delle forze dell'ordine che dovrebbero invece proteggerli. Insieme alle minoranze, comunque, a manifestare sono stati questa volta anche moltissimi cittadini bianchi, diciamo anche la parte sana della maggioranza ormai stufa dei continui soprusi e abusi razzisti in quello che è ancora oggi considerato il Paese più potente del mondo. "Adesso è il turno dei bianchi" è uno dei leit motiv di queste nuove proteste, che non passano direttamente il testimone a chi effettivamente potrebbe (e dovrebbe) cambiare qualcosa, chiamando invece queste persone alla battaglia, a prendere posizione, schierarsi dalla parte delle vittime e provare insieme a loro a migliorare un Paese sconvolto sin dai tempi dello schiavismo da atteggiamenti e soprusi razzisti ormai inaccettabili.

Anche il cinema delle major e delle grandi produzioni, dello streaming e della new age della settima arte ha deciso di combattere queste ingiustizie, agendo in parte in modo sano e aprendo a una maggiore rappresentanza delle comunità afroamericane (ma non solo: il problema è più ampio), per ottimizzare la società del presente guardando a un futuro più inclusivo, rispettoso, culturalmente vario e accettabile. Dall'altra, purtroppo, la spinta emotiva data da un tema tanto caldo e importante ha convinto - se non costretto - major cinematografiche o produzioni televisive ad agire retroattivamente sul passato, aggiungendo disclaimer pre-visione o cancellando e modificando scene passabili di una sconclusionata lettura razzista per paura di forti ripercussioni socio-culturali. La domanda che ci siamo posti è allora la seguente: quanto aiuta effettivamente modificare il passato per levigare il presente e migliorare il futuro?

Il valore della negatività

Sta accadendo un po' ovunque, ed è come applicare una sorta di damnatio memoriae ridotta ai minimi termini a opere o personaggi televisivi o cinematografici. Anzi, meglio: la damnatio memoriae è forse la punizione a cui si potrebbe andare incontro se l'agire venisse giudicato mediaticamente o pubblicamente insufficiente, inadatto, inutile. Non c'è salvezza per gli ignavi civili: "Fare o non fare, non esiste provare", direbbe il Maestro Yoda, ed effettivamente il discorso è talmente estremizzato, e in qualche modo alieno alla ragione comune e sociale in senso ampio, che la battaglia intesa in questi termini è davvero stellare, fuori dal mondo.
Ci riferiamo ovviamente alla stralunata e modaiola tendenza di Hollywood di andare a revisionare prodotti come Via col vento, Community, Scrubs e tantissimi altri per eliminare ogni riferimento considerato razzista o fuori luogo, senza tenere minimamente conto del contesto storico e artistico del film o della serie. Per la pietra miliare del cinema diretta da Victor Fleming si è inizialmente parlato di cancellazione da HBO Max (in America, non nel resto del mondo o su altre piattaforme), salvo poi rientrare nei ranghi della logica comune e optare per l'aggiunta di un avviso pre-visione, come poi già accaduto in passato per molti altri film. L'intento (anche condivisibile) è quello di avvertire il pubblico di una rappresentazione razzista degli afroamericani figlia dei suoi tempi, dando per scontata in linea generale la scarsa capacità di giudizio e critica della "massa", che potrebbe sostanzialmente prendere in esempio quel modo di comportarsi e riversarlo di peso sulla società civile odierna.

Riflettendoci, dare torto a un ragionamento simile giustificherebbe molti degli atteggiamenti negativi che dilagano negli Stati Uniti d'America, i cui governi sono stati colpevoli di non aver mai agito con pugno duro contro questo tipo di soprusi.
Avvisare non guasta, dunque, ma l'idea che possa obiettivamente servire a migliorare il futuro è piuttosto idealista e superficiale, dato che il passato è definito tale in quanto passato per l'appunto. In termini di marketing, un disclaimer è l'opposto della pubblicità promozionale: l'intento è quello di avvisare il fruitore dei "pericoli" del prodotto che sta acquistando, sfruttando, vedendo. Considerando che John Ridley (12 anni schiavo) era proprio intenzionato a eliminare Via col vento da HBO Max, ancora più nel dettaglio il tentativo per una giusta sensibilizzazione è stato quello di cancellare definitivamente un prodotto immortale per una causa combattuta male, sicuramente sul campo di battaglia sbagliato.

Eliminare la storia, anche cinematografica, non è mai la soluzione, soprattutto perché nel film di Fleming (così come in molti altri) veniva dipinta la società dell'epoca con tutti i suoi vizi, da prendere invece così come sono - invecchiati, stanchi e ingiusti - come diretti esempi negativi da non imitare ma da superare. Deve pur esistere un metro di paragone dannoso, così da poter essere sorpassato. E no, l'esempio della statue abbattute o imbrattate in tutto il mondo, da quella di Colombo a quella di Montanelli, non è assolutamente la stessa cosa, perché in quei casi la statua è diretta esaltazione della figura rappresentata molto più del messaggio che vuole trasmettere, il che non le inquadra direttamente come storia. Non sono il Colosseo, non sono le Piramidi. Via col Vento, a paragone, è invece un monumento della settima arte.

Black humor

Procedendo oltre, la battaglia del Black Lives Matter sta dando del filo da torcere anche e soprattutto a diverse commedie o serie televisive degli anni '10 (del 2000). La loro colpa è quella di aver deriso volontariamente e con fare razzista gli afroamericani, prendendone in giro cultura o atteggiamenti. Gli esempi che ci vengono subito in mente sono quelli che stanno facendo più discutere negli ultimi giorni, relativi a Community e Scrubs. Da entrambe le serie sono stati rimossi alcuni episodi colpevoli di un dipinto sbagliato e foriero di letture razziste delle persone di colore. Nella serie di Dan Harmon, Mr. Chang (Ken Jeong) si dipingeva la faccia di nero, in Scrubs più di un personaggio faceva la stessa identica cosa.
Mentre per la medical comedy era stato lo stesso creatore, Bill Lawrence, ad ammettere l'inappropriato contenuto di alcune scene, scusandosi per le stesse, nell'episodio di Community il gioco era direttamente voluto per parodiare alcuni atteggiamenti estremisti delle comunità afroamericane, dato che Chang era travestito in verità da Elfo Oscuro, come poi evidente dai capelli argentati e dalle orecchi e punta.
Ci viene in mente anche il Kirk Lazarus di Robert Downey Jr. in Tropic Thunder, personaggio creato proprio per criticare in qualche modo un razzismo neanche così tanto sopito di Hollywood, oltre che l'esagerazione degli attori più estroversi e del loro metodo interpretativo. In entrambi i casi, è dunque interessante constatare come molte persone vedano solo ciò che vogliono vedere, spaventate da letture superficiali esterne che potrebbero essere facilmente ribattute senza troppe ripercussioni.

In entrambi i casi, comunque, si tratta di sagace black humor - in tutti i sensi - che non è mai andato a intaccare in alcun modo la rappresentanza mirata di altre culture oltre a quella bianca e occidentale, pensando ad esempio al ruolo di Turk, a quello di Carla o anche di Laverne. In Community il discorso sarebbe molto più ampio e si potrebbero in realtà attaccare - volendo - molte altre sequenze, ma il semplice fatto che Netflix e Hulu abbiano cancellato l'episodio con Chang vestito da Elfo Oscuro dà in solitaria la misura della superficialità della scelta, mirata solo a coprire l'apparenza e accontentare chi la battaglia per i diritti civili degli afroamericani la sta spingendo fuori dai propri e giusti binari.

Azioni di questo tipo, volte con una certa ipocrisia a una revisione retroattiva, inutile e inadatta del passato, hanno purtroppo lo stesso valore di un divieto sociale del tutto superfluo, spingendo dunque il popolo dell'entertainment che si vorrebbe sensibilizzare dal lato opposto della barricata. Non si tratta nemmeno di coercizione ma di pura e semplice cecità davanti a un problema da affrontare di petto nelle aule del potere, nei tribunali, con validi rappresentanti tanto afroamericani quanto bianchi, interessati davvero a preservare il presente e migliorare il futuro. Nel piccolo del cinema, inoltre, non è il passato che deve essere cambiato - al massimo spiegato meglio - ma il presente che va totalmente ripensato per adattarsi a standard socio-civili adeguati a ogni minoranza.

Sotto questo punto di vista, è tanto giusta la scelta di far doppiare o interpretare un personaggio afro o asioamericano a un esponente della stessa comunità, quanto assolutamente non richieste le scuse delle star bianche scelte negli anni passati per doppiare protagonisti di etnie differenti. È pura ostentazione di una coscienza civile che dovrebbe invece concretizzarsi nei fatti, nella decisione di non interpretare più personaggi che non è corretto rappresentare, dando modo ad attori e attrici multietnici meno conosciuti ma ugualmente validi di emergere. In quest'ottica, ci pare altrettanto valida la verità di Anthony Mackie sui Marvel Studios, che soprattutto nelle retrovie hanno fatto spesso distinzione tra maestranze bianche e afroamericane, scegliendo un parterre di tecnici, creativi e interpreti tutti di colore per un film come Black Panther e poi quasi tutti bianchi per gli altri.

Si dovrebbe invece scegliere la persona giusta per quel tipo di lavoro, a prescindere dal resto, e non averlo fatto fino a pochi anni fa è di per sé emblematico di un problema da risolvere nel presente, non nel passato. Dai vecchi film, da battute un tempo considerate accettabili e oggi inopportune, dagli errori di una figura come John Wayne e in generale dalla storia si dovrebbe imparare. A non commettere le stesse superficialità. A essere più aperti al prossimo e dunque a rispettarlo. Anche a parlare di star e titoli del tempo della segregazione razziale con fare più critico, spiegando al pubblico di oggi le criticità di un dipinto sballato fatto "dal vincitore" di una società in verità più complessa, difficile, dolorosa. Gli strumenti per apprendere sono tutti lì, a portata di mano o di click. Toglierli dal tavolo, nasconderli o plasmarli per renderli ciò che non sono inficia solo ed esclusivamente la capacità di giudizio dello spettatore, rendendo completamente inefficace la costruzione di un edificio critico che possa aiutarlo e aiutare tutti noi a plasmare un futuro più diversificato, aperto, tollerante, meno rabbioso e consapevole del caleidoscopio di culture e minoranze esistenti. Il passato va preservato, in tutte le sue sfumature, da difendere o criticare aspramente. L'ironia e le intenzioni della stessa vanno difese. Il raziocinio viene prima della pancia, o quello che rimarrà sarà soltanto un assalto alla gola reciproco, un bagno di sangue e poi la fine.

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