La Bella e la Bestia: i 30 anni di un capolavoro senza tempo

Il 29 settembre 1991 veniva mostrato per la prima volta La Bella e la Bestia, uno dei classici Disney più audaci, innovativi e amati di sempre.

La Bella e la Bestia: i 30 anni di un capolavoro senza tempo
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Pochi film Disney sono amati come La Bella e La Bestia. Uscito nel 1991, tratto liberamente dal grande classico di Beaumont che aveva già ispirato numerose trasposizioni cinematografiche, diventò immediatamente una delle opere più iconiche della "Fabbrica dei Sogni". Animato in modo meraviglioso, con musiche diventate semplicemente leggenda, è uno di quei lungometraggi della Disney che con il tempo hanno acquisito sempre maggior attualità e importanza, in virtù di una sceneggiatura moderna e profonda.

Oggi 29 settembre 2021, nel 30° anniversario dell'uscita, è giusto guardarci indietro, soppesare l'influenza e il valore della favola su Belle e la Bestia, sul perché rimanga inimitabile per fascino, unica per espressività, tanto da aver generato uno dei live action degni di nota di questi anni, e infatti trovate al link seguente la recensione de La Bella e la Bestia.

La Bella e la Bestia: il riscatto della Fabbrica dei Sogni

Il Rinascimento Disney: così viene solitamente descritto il periodo che va dalla parte finale degli anni '80 fino al termine degli anni '90. La Disney arrancava, pareva aver perso la capacità di stregare l'infanzia e infiammare i cuori.

La crisi degli anni '80 era connessa alla separazione da Don Bluth, che aveva fondato la sua casa d'animazione e prodotto capolavori come Brisby e il Segreto del Nimh, Charlie - Anche i Cani Vanno in Paradiso, Fievel e la saga della Valle Incantata. Si trattava di film incredibilmente innovativi e affascinanti dal punto di vista visivo, ma anche profondi a livello tematico, in cui si parlava di razzismo, classismo, immigrazione, perdita e si affrontava a viso aperto il concetto di morte e di paura. Insomma, Bluth trattava da adulti i suoi spettatori, non li "proteggeva" da nulla.
La Disney dopo Red e Toby Nemici-Amici (qua il nostro speciale proprio su Red e Toby) si trovò in una crisi creativa senza precedenti, aggravata da tentativi di acquisizione da parte di oscuri personaggi e magnati, che destabilizzarono l'ambiente e costrinsero gli animatori Disney ad andare incontro a un periodo difficile. Il nuovo management dopo l'ennesimo insuccesso con Taron e la Pentola Magica pensò di puntare di più sui live-action.

Tuttavia, a dispetto della concorrenza di Fievel, Basil l'Investigatopo ebbe un buon successo, convincendo i vertici a investire in un rinnovamento tecnico e creativo degli Studios, prendendo spunto - da certi punti di vista - da ciò che Bluth stava facendo. Servivano storie più audaci e abbracciare le nuove tecnologie visive e computerizzate, ma soprattutto rilanciare la componente musicale, che negli ultimi anni era diventata davvero desueta. Oltre a ciò, grande ispirazione venne dal successo che un genio come Miyazaki stava riscuotendo in tutto il mondo con i suoi anime.

C'era bisogno di innovare, di smetterla di rimanere legati agli anni '70, il mondo era cambiato. Disney doveva cambiare. Un primo, forte segnale arrivò dal positivo risultato di Oliver & Company, ispirato al capolavoro di Dickens, che convinse la Disney a rilasciare un film all'anno: il primo grande centro fu una gemma come La Sirenetta. La musica calypso, il tema della non accettazione di se stessi, del sentirsi fuori posto declinato in salsa adolescenziale, uniti alla celebre fiaba di Andersen, alla mitologia norrena, si rivelò una combinazione perfetta.

Si capì che recuperando la grande narrativa, fondendola con tematiche e tecniche d'animazione moderne, vi erano possibilità espressive enormi, senza correre il rischio di lasciare perplesso il pubblico. La chiave era offrire dei personaggi che parlassero dei problemi adolescenziali ma anche sociali del mondo d'oggi, un approccio più audace e attuale. Fu l'inizio di un percorso che avrebbe portato la Disney a dominare in lungo e in largo gli anni '90, e di cui La Bella e la Bestia rimane una delle eredità più importanti.

Un iter produttivo rischioso e complesso

La Sirenetta stupì il mondo per la bellissima colonna sonora, ancora oggi tra le più amate, per il ritmo, la fluidità dell'animazione, il doppiaggio e il giusto mix di ironia e spavento.

Bianca e Bernie nella terra dei Canguri da questo punto di vista rappresentò un passo indietro, fu un tentativo da parte dei vertici più conservativi di riconnettersi al passato Disney. Fiasco al botteghino, aprì ancora più le porte al recupero del progetto inerente La Bella e la Bestia, che era stato pensato subito dopo Biancaneve e i Sette Nani, prima di essere accantonato.
La regia fu il problema principale, connessa alla volontà di avere una sceneggiatura originale e non derivata dal lavoro creato dallo studio di animazione, che di solito influenzava l'iter narrativo. Linda Woolverton fu deputata a tale ambito, mentre la direzione si rivelò molto più complicata, con tanti nomi che vennero presi in considerazione solo per essere licenziati o per rifiutare l'incarico. Non si credeva molto in un'operazione così ambiziosa, che tra l'altro fin da subito decise di connettersi al film di Cocteau del 1946, giudicato da molti troppo "serio". Tuttavia la lavorazione non si rivelò semplice.

Jeffrey Katzenberg, Presidente della Disney, non fu soddisfatto delle prime bobine introduttive, ordinò perentoriamente che tutto venisse rielaborato dal principio, cambiando la squadra di regia. Ciò determinò l'arrivo di Gary Trousdale e Kirk Wise, di Howard Ashman e Alan Menken per la parte musicale, visto lo straordinario successo ottenuto con la colonna sonora de La Sirenetta.

Il lavoro si mostrò titanico, soprattutto perché concentrato in due anni invece dei soliti quattro. Per la prima volta, fu utilizzata la computer grafica in modo massiccio per strutturare l'animazione. Si trattava di qualcosa di rischioso e mai sperimentato. La Bella e la Bestia può essere quindi indicato come il film d'animazione ibrido per eccellenza, il trait d'union tra la tradizione e la modernità che poi avrebbe visto negli anni '90 il progressivo imperare della computer grafica. In quel momento però l'animazione era ancora connessa al classicismo: ci furono ben sei diversi animatori per Belle e ulteriori sei per la Bestia, più un team gigantesco al servizio di un'opera che per impatto visivo e dinamismo aveva ben pochi precedenti.

La più grande sfida riguardò il reparto musicale. Ashman era malato di AIDS, male che lo avrebbe portato alla morte sei mesi prima dell'uscita del film, ma riuscì a dare un grandioso contributo a una delle colonne sonore più iconiche. Pensata come connessa al rock, fu profondamente cambiata durante l'iter produttivo, influenzando e complicando il lavoro dell'animazione. Molti pezzi furono esclusi dalla versione finale ma vennero recuperati per il musical. Lo stesso tema diventò una delle hit più famose della carriera di Celine Dion, prima del successo mondiale ottenuto con Titanic.

Un simbolo di emancipazione e indipendenza femminile

La Bella e la Bestia ebbe un impatto incredibile presso il pubblico e la critica. L'atmosfera squisitamente gotica, la magnificenza visiva unita a una colonna sonora semplicemente straordinaria, decretarono il successo del film oltre ogni rosea aspettativa.

A fronte di 25 milioni di budget, ne incassò qualcosa come 331, ma soprattutto fu premiato ai Golden Globe come Miglior Film, e venne inserito dalla Academy nella stessa categoria. Non era mai successo prima. La Bella e la Bestia era incredibilmente moderno e innovativo, non solo nella componente tecnica, ma in quella semiotica. La stessa protagonista, Belle, era una giovane donna, non più la classica bambina o ragazzina come in quasi tutti gli altri Disney.
La sua essenza era quella di un'anima solitaria per necessità, più che per scelta. Pochissimi film hanno portato il tema dell'emancipazione femminile così in alto come La Bella e la Bestia, soprattutto perché vedendo Belle lottare per la propria indipendenza di azione e pensiero la trovavamo calata nella quotidianità di tutti i giorni. Fin dal pezzo iniziale, la sua era la vita di una ragazza stritolata dalla provincia, da un clima bigotto e conservatore, un paesino francese abitato da persone sostanzialmente chiuse di mente e di cuore, dove per la donna l'unico ruolo era quello di subalterna dell'uomo, di madre, fidanzata o lavoratrice.

La cultura, i libri, la fantasia, vengono prese come stravaganze che fanno di lei una paria, una sorta di bizzarra creatura slegata dal mondo reale e concreto. Belle non era una principessa, era la figlia di uno squattrinato inventore, si intuiva che era orfana di madre, eppure nonostante questo non era affatto debole o insicura.

Belle era cosciente del clima perplesso e vagamente sospettoso che la circondava, ne soffriva, ma non per questo era disposta a omologarsi, o smetteva di dire che le sarebbe piaciuto "vivere di avventura". Infine l'avventura arriva, e Belle senza pozioni magiche, senza aiutanti o altro, si trova a che fare con un mostro di cui però intuisce il dramma, dimostrando una maturità e un'empatia sorprendenti.

In quasi tutti i classici Disney, era la "bella" a essere salvata da una qualche "Bestia", da un aitante principe o simili. Qui invece fu la Bestia a essere salvata da una ragazza, capace di andare oltre le apparenze, di tirare fuori il meglio da un essere tenebroso e per nulla abituato alle emozioni, migliorandolo.

Un cattivo unico nel suo genere

Per fare un grande racconto ci vuole un grande cattivo. Per molto tempo La Bella e la Bestia è stato sottovalutato da questo punto di vista. Eravamo abituati a streghe di vario tipo, mostri, demoni, vili traditori o simili. Il film sembrava avere il nemico soprattutto nell'ostilità del suo selvaggio protagonista, nella Rosa e la sua magia o nella paura del popolino.

Invece in quel 1991 ci trovammo di fronte a un villain che, come la protagonista, portava con sé una certa visione del mondo, della società, del rapporto tra i sessi.
Gaston fu modellato unendo le caratteristiche di Splendore, nemesi nel film del 1946, a quelle di Brom Bromes di La leggenda della valle addormentata. Per molto tempo, la potenza semiotica che egli portava con sé è stata quasi dimenticata. Gaston era in tutto e per tutto il simbolo del machismo del decennio appena conclusosi, del maschio alfa muscolare e narcisista. A conti fatti, appariva un mix tra uno Stallone, uno Schwarzenegger e un Alain Delon. Prima di lui, di "cattivi" belli, sensuali e ammirati da tutti non ce n'erano. Con lui, vedemmo una nemesi che non era emarginata o odiata dalla società come una Malefica o una Ursula, ma anzi esaltata a modello da imitare, l'uomo a cui ogni altro doveva cercare di assomigliare. Gaston è idolatrato dalle donne, dagli abitanti, il suo "aiutante" Le Tont prova per lui una chiara attrazione erotica (sessualità che poi verrà palesata nel live action de La Bella e la Bestia) e ne tesse le lodi sulle sue abilità di cacciatore, atleta e spaccone.

Eppure la verità è che Gaston è uno dei cattivi più profondi, concreti e realistici che la Disney abbia mai creato. In lui rivediamo i maschi manipolatori, violenti e possessivi, i narcisisti tossici che ancora oggi rendono la vita terribile a moltissime donne e ragazze, cercando di plagiarle, di possederle e farne un oggetto in cui specchiarsi.

Per costoro non esiste un "no" come risposta, e lo stesso succede a Belle, che si trova prima avvicinata in malo modo, poi molestata, infine ricattata da questo individuo viscido, narcisista patologico e ignorante. Ciò che rende Gaston terrificante è la totale mancanza di empatia, il modificare la realtà e la verità in base al proprio tornaconto, infischiandosene delle conseguenze verso gli altri. La Bella e la Bestia sostituì la dimensione estetica a quella interiore come specchio dell'anima. Gaston, Bronzo di Riace transalpino, era il vero mostro del film.

Lui e la Bestia erano l'uno il contrario dell'altro, ma anche legati da un iter esistenziale e simbolico grazie al quale emergevano accenni alla psicanalisi, al concetto di drago di Jung, alla visione del sesso come potere di Freud. Gaston è la vera bestia, è ciò che Adam era prima di venire punito dalla fata, di imparare sulla sua pelle che non conta ciò che sembri ma ciò che sei dentro.

In fin dei conti, il vero segreto del successo di questo film è tutto qui. La Bella e la Bestia, al di là dell'incredibile raffinatezza estetica, della sua essenza di musical di Broadway animato, era una fiaba mitologica e in quanto tale aveva la metafora della contemporaneità, l'insegnamento nascosto dietro la sua storia di amore e redenzione, di incanto e sentimento: l'essenziale è invisibile agli occhi.

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