Babylon: cosa rappresenta il finale del film di Damien Chazelle?

Un puzzle rimesso insieme in chiusura di Babylon, imprevisto e magnifico, nella ri-scrittura di Damien Chazelle della Storia del Cinema.

Babylon: cosa rappresenta il finale del film di Damien Chazelle?
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Il finale di Babylon è la grande partita a Cluedo del suo regista e sceneggiatore Damien Chazelle (qui la recensione di Babylon). È un puzzle in cui ogni tassello viene messo al suo posto, costruendo qualcosa di più grande, di cui non si aveva nemmeno l'idea che potesse celare un mosaico ricostruito con i pezzi di vita dei personaggi del film, incastrati alla perfezione e rimessi insieme come un agente con la propria indagine. Quella che effettivamente ha proposto Chazelle con la sua pellicola. Che mostra come tutto il suo Babylon sia la copia non-carbone di un classico della Storia del Cinema, che l'autore ha voluto riscrivere e raccontare a proprio modo - non perdete il film tra i titoli al cinema di questo gennaio 2023.

Teorie del cinema e amore cinefilo

È indubbio che lo studio e le teorie sul cinema hanno contributo a generare un'influenza ingente nella rielaborazione di un capolavoro quale Cantando sotto la pioggia e ancor più che Damien Chazelle lo abbia tenuto a mente per tutta la stesura del film su cui è andato poi ricalcando Babylon.

La pellicola ha infatti lo spirito da studente appena uscito da un'aula universitaria, quel infervorato livore di quando, da giovanissimi (e Damien Chazelle lo è perfettamente nei termini del "maestro" cinematografico), si ha voglia di prendere il cinema, di stracciare il cinema, di fare cinema. È così che l'autore, record per il suo Oscar alla regia a soli trentadue anni per La La Land, continua a raccontare di come Hollywood costruisce i sogni, di come li calpesti, di come ci strappi il cuore anche se continua comunque a farci tuffare dentro le sue storie. Le nostre storie. È proprio la sua, quella di Manny, che il personaggio rivede in chiusura, sancendo definitivamente il contatto tra il protagonista di Diego Calva e lo spettatore, che per tutto il tempo si è affidato ai suoi occhi. È stata la figura con cui immedesimarsi, colui che da esterno è poi entrato nella rete del mondo del cinema, diventando da semplice soggetto osservante a vera e propria pedina del sistema. È il suo sguardo a esprimere quella genuinità che è poi è anche la nostra, a rappresentare la posizione di qualsiasi cinefilo: "Che bello vedere i film!".

Rivedersi nel cinema

E quando il personaggio si reca dopo quasi trent'anni di nuovo in una sala cinematografica, sorpresa, lui è diventato film. Quello che ha vissuto, le persone che ha conosciuto, le esperienze che ha affrontato. Nella proposta del passaggio dal muto al sonoro di Cantando sotto la pioggia, Damien Chazelle ri-propone lo stesso tema e lo fa in forma di tesina cinematografica. Di espediente teorico. Di analisi del film sopra cui fare un'analisi del film - che è quella che poi noi, adesso, e qualsiasi altro spettatore, continuiamo e continueremo ad avanzare dopo la fine di Babylon.

Un seminare per tutta la pellicola frammenti di concetti filosofici e esistenzialisti sulle trattazioni legate alla settima arte. Mettendo a paragone l'amore del personaggio di Brad Pitt per il cinema con quello del suo amico George per le donne, conducendoli inevitabilmente alla stessa fine. Come la previsione di Nelly Leroy che desidera rimanere fedele a se stessa, così "quando sarà il momento, svanirò nel buio", esattamente dove il personaggio andrà a perdersi e sparire.

Passato e futuro in un solo finale

Perciò, non avendo lasciato nessun indizio al caso, Chazelle sul suo finale tratteggia quello che è stato e quello che sarà del cinema, vedendo quanto sia riportabile a ciò che vive l'essere umano e di come rimarrà pervasivo, stimolante e fisso nel futuro.

Quell'immaginario di cui parla la giornalista scandalistica di Jane Smart a Brad Pitt e riserva al suo Jack Conrad, come al resto dei divi passati e presenti di Hollywood, la promessa dell'eternità. L'abitare di angeli e fantasmi che Manny vede volteggiare sullo schermo. Sono i Gene Kelly e Debbie Reynolds di Stanley Donen. Sono i primi scatti messi in movimento di Eadweard Muybridge, che sempre nel 2022 la pellicola Nope aveva omaggiato. Sono le sperimentazioni di Luis Buñuel, la Nouvelle Vague di Godard, la digitalizzazione di Matrix. È l'accostamento Avatar di James Cameron e Persona di Ingmar Bergman, che contrapposti l'un l'altro amplificano il messaggio trasmesso dalla conclusione di Babylon. Sono anche solamente i colori a emozionare. Le tinte che Damien Chazelle spara, mescola, diluisce. È tutta la creatività del cinema racchiusa nelle mani di uno dei giovani registi più canonici se lo si pone sotto lo sguardo della sua narrativa classica, eppure così meravigliosamente e sfrontatamente contemporaneo. È un finale che ci tramortisce, come tutto Babylon. È la nuova vecchia Storia del Cinema.

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