Aspettando Joker: le migliori interpretazioni di Joaquin Phoenix

In attesa di vederlo nelle sale italiane nei panni di Joker, ripercorriamo la carriera di Joaquin Phoenix attraverso cinque ruoli chiave.

Aspettando Joker: le migliori interpretazioni di Joaquin Phoenix
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L'eternamente nominato ma quasi mai vero vincitore di premi importanti Joaquin Phoenix potrebbe essere finalmente giunto al momento cruciale della sua carriera, quel famoso spartiacque nella vita professionale di un attore meglio conosciuto come Premio Oscar: grazie alla sua interpretazione nei panni di Arthur Fleck in Joker di Todd Phillips, infatti, la star a oggi è considerata la scelta numero uno per alzare l'ambita statuetta nel corso della novantaduesima edizione degli Academy Awards, prevista per l'8 febbraio prossimo.
Sarebbe una vittoria letteralmente epocale, dato che gli unici due attori ad aver vinto un premio Oscar per l'interpretazione dello stesso personaggio sono Marlon Brando e Robert De Niro, che hanno impersonato il malavitoso Vito Corleone rispettivamente ne Il Padrino e Il Padrino - Parte II, e Phoenix potrebbe metaforicamente prendere per mano il compianto collega Heath Ledger e spingerlo verso un ulteriore record. Mancano ancora diverse settimane all'evento, che potrebbe rappresentare l'anno della svolta per il cinecomic con la Disney che molto probabilmente spingerà tantissimo per il campione d'incassi Avengers: Endgame nella categoria Best Movie (già c'è chi sogna un duello Phoenix vs Robert Downey Jr. per la corsa a Best Actor), per ingannare l'attesa però abbiamo deciso di volgere lo sguardo alla filmografia del nuovo Joker per rivivere le sue passate cinque migliori interpretazioni.

Dopo le prime esperienze con Ron Howard (Parenti, amici e tanti guai, 1989), Oliver Stone (U-Turn, 1997) e Joel Schumacher (8mm - Delitto a luci rosse), passando per la rivelazione mondiale grazie a Ridley Scott (Il Gladiatore, 2000) e l'inizio della collaborazione con James Gray (The Yards, sempre nel 2000), Joaquin Phoenix sarebbe cresciuto fino a diventare il più grande attore della sua generazione. Vediamo quali sono state le principali tappe della sua carriera.

Quando l'Amore Brucia l'Anima - Walk the Line, di James Mangold (2005)

Nell'immensa dipendenza da droghe e alcol, sostanze delle quali abusa nel corso di tutto il film a causa della storia d'amore dannata con June (Reese Witherspoon), il Johnny Cash di Joaquin Phoenix è un eroe da tragedia greca che più si avvicina al sole, più rischia di bruciarsi. La fama crescente porta a demoni sempre più grandi e il circolo vizioso che intrappola il personaggio è infuocato dalla performance energica dell'attore, che trascende le differenze fisiche col vero Cash puntando tutto sulla cadenza e l'intensità dello sguardo. Alla fine della visione si ha la sensazione di aver assistito a una delle migliori performance di sempre nella storia dei biopic, musicali e non.

Two Lovers, di James Gray (2008)

Con Walk the Line Phoenix aveva stabilito quanto fosse perfetto nella parte dell'uomo tormentato, del personaggio dilaniato da conflitti interiori, una maschera che avrebbe indossato spesso e volentieri nel corso della sua carriera (e che lo avrebbe portato, quasi per destino, al ruolo del Joker), maschera che tre anni dopo sfoggia nuovamente per la sua terza collaborazione col regista James Gray, che ritrova appena un anno dopo il dramma poliziesco I Padroni della Notte (2007). Tutta la depressione e il rimorso che affannano l'anima dello schivo e romantico Leonard Kraditor Phoenix le trasmette fin dal primo fotogramma, alternando costantemente da lì alla fine del film speranza, paura, ottimismo e rimorso.

The Master, di Paul Thomas Anderson (2012)

Vero e proprio tour-de-force attoriale in cui Joaquin Phoenix si contrappone a Philip Seymour Hoffman, The Master ha rappresentato all'epoca della sua uscita il punto più alto della carriera della star, che a Venezia è stato premiato con la prestigiosa Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile. Al di là della celebre scena dell'intervista, durante la quale Phoenix recita con l'obbligo - imposto dal personaggio di Seymour Hoffman - di non sbattere mai le palpebre (una delle sequenze di recitazione più estreme del decennio), è nei piccoli gesti e nelle improvvise esplosioni di dolcezza che l'attore costruisce il suo indimenticabile personaggio, rendendolo il punto di forza di un'opera già di per sé indimenticabile.

Vizio di Forma, di Paul Thomas Anderson (2014)

La seconda collaborazione fra Joaquin Phoenix e Paul Thomas Anderson è un capolavoro del noir che del noir ha la sostanza ma mai la forma: arriva al nocciolo di questo particolarissimo filone cinematografico (che alcuni studiosi amano definire più una sensazione, un sentimento che un vero e proprio genere) senza vestirne mai completamente i panni, fin troppo estroversi, soleggiati, hippy e strafatti per essere davvero noir.
Il detective privato Doc Sportello è l'incarnazione di questa doppia anima che Anderson conferisce al suo film, e Phoenix è letteralmente indimenticabile coi suoi bigodini, i basettoni e gli sguardi allucinati e insieme romantici coi quali studia il mondo e rivive i suoi ricordi.

A Beautiful Day - You Were Never Really Here, di Lynne Ramsay (2017)

A pensarci bene una sorta di remake di Taxi Driver (leggi: Everycult su Taxi Driver) Joaquin Phoenix lo aveva già fatto prima che Todd Phillips pensasse al suo Joker (che cita espressamente proprio i lavori di Martin Scorsese): presentato nel 2017 a Cannes (dove Phoenix vinse il premio per il miglior attore) col titolo di You Were Never Really Here e arrivato in Italia nel 2018 con quello di A Beautiful Day, in qualunque modo vogliate chiamarlo il film di Lynne Ramsay si scollega dalle sozzure urbane del film cui chiaramente si ispira grazie a una regia meno sanguigna, meno ruvida rispetto a quella scorsesiana. Psicoanalitico e surreale, il lungometraggio diventa un trampolino di lancio per la bravura di Phoenix, che introietta le paure e le follie del protagonista per rappresentarle sullo schermo attraverso una performance tragica e spettrale, con ogni singolo sguardo che cela un qualcosa di represso, che sia follia o rabbia.

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