Aspettando Ghost of Tsushima: i migliori film sui samurai

Amanti di videogame e giovani cinefili, seguiteci in questo excursus alla scoperta dei migliori film sui samurai da vedere in attesa di Ghost of Tsushima.

Aspettando Ghost of Tsushima: i migliori film sui samurai
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L'estate degli appassionati di videogiochi lettori di Everyeye sarà resa infuocata dall'uscita dell'attesissimo Ghost of Tsushima, nuovo open world ambientato nell'era del Giappone feudale che promette ore e ore di sano divertimento e insani mutilamenti armati di katana.
Per alleggerire l'attesa, noi cugini della Sezione Cinema abbiamo pensato di proporvi per i giorni che restano al countdown una dieta ferrea a base di film di samurai, di ogni salsa, epoca ed epica.
Per stessa ammissione degli sviluppatori di Sucker Punch, infatti, Ghost of Tsutshima sarà un discendente diretto dall'immaginario visivo costruito a suon di katanate dal cinema orientale, soprattutto giapponese ma non solo. Dunque andare alla scoperta (o ripassare) alcuni dei maggiori capolavori di questa determinata corrente della settima arte non potrà che far comodo ai fan del genere, che siano essi cinefili, videogiocatori o spettatori casuali pronti a scoprire questi titoli proprio grazie all'imminente avventura digitale per Playstation 4. Mettetevi comodi, dunque, versatevi un po' di sakè e godetevi questo excursus sul cinema jidai-geki.

I sette samurai di Akira Kurosawa (1954)

È il film che tutti avrebbero voluto fare e quello che molti hanno rifatto, dal western in poi, sempre alla ricerca di questi stessi standard di gloria, di immensa precisione, di gigantismo. Praticamente un'arca dell'alleanza per il kolossal moderno e i suoi comandamenti (Avengers già uniti) e, ben al di là dei gusti personali, fra i quattro-cinque film più belli e importanti della Storia del Cinema.
Certo per Akira Kurosawa e i samurai la storia non si ferma, e tra i titoli da citare ce ne sarebbero tanti altri, ma intanto partite da qui: oltre che un grande culmine, è anche il punto di inizio perfetto.

Lone Wolf and Cub: Sword of Vengeance di Kenji Misumi (1972)

Si tratta del primo di una serie di sei film, tutti con protagonista Tomisaburo Wakayama nei panni di Ogami Itto, un ronin errante che dona la sua spada al miglior offerente e che si fa accompagnare nelle sue avventure dal figlio, il giovane Daigoro.
Dall'efferato franchise di Misumi il regista Robert Houston nel 1980 avrebbe tratto il suo Shogun Assassin, una sorta di remake delle prime due opere.
Inoltre, sempre a Misumi, famoso per aver effettivamente consacrato la sua carriera al cinema dei samurai, dobbiamo la celebre saga di Zatoichi, riproposta ed omaggiata dal grande Takeshi Kitano col suo acclamato samurai-movie Zatoichi, che gli valse il premio per la miglior regia a Venezia.

13 assassini di Takashi Miike (2010)

Il revisionismo spasmodico di Takashi Miike abbraccia anche i film di samurai con 13 assassini, remake dell'omonimo classico di Eichi Kudo uscito nel 1963.
Meno ispirato dal contesto socio-politico ma molto più interessato alla fotografia dei corpi che danzano per martoriarsi, Miike sfrutta un budget molto più ampio del precedessore e, confezionando tutta la violenza per cui è celebre all'interno di meravigliosi set d'epoca, firma uno dei rari remake che possono vantarsi di aver superato l'opera originale.

Harakiri di Masaki Kobayashi (1962)

La parabola di un giovane samurai ancora aggrappato alla vita che viene obbligato, in nome del dovere e dell'onore, a commettere il celebre suicidio rituale.
C'è una critica verso le tradizioni dell'epoca feudale giapponese fortemente ancorata alla rigidità dello sguardo in bianco e nero di Kobayashi, in grado di restituire e immortalare in maniera magistrale tutta l'oppressione che attanaglia il protagonista.

Il crepuscolo del samurai di Yoji Yamada (2002)

Anti-climatico, dolce e disciplinato come un samurai, un film che è una carezza sia che si sussurri un amore covato per anni sia che si debba tagliare una gola.
Ogni dialogo e ogni smorfia dicono qualcosa in più sui personaggi, ogni inquadratura trasmette un'emozione o un pensiero.
Niente epica, solo quella del quotidiano e delle sue fatiche, gioie e rimpianti. È il secondo film più premiato di sempre ai Japanese Academy Awards. con ben dodici statuette, ed è anche il primo capitolo di una trilogia tematica di Yamada, che avrebbe continuato a esplorare la "fine della via del samurai".

Samurai Assassin di Kihachi Okamoto (1965)

Col grande Toshiro Mifune nei panni del samurai ronin figlio illegittimo di un potente nobile, il film di Kihachi Okamoto rimane ancora oggi uno dei grandi esempi del genere, denso di dettagli e complesso tanto a livello tematico quanto a livello narrativo.
Sequenza cult e mitologica quella del climax, una battaglia finale sotto una tempesta di neve al Castello di Edo, che rifulge della fotografia in bianco e nero di Hiroshi Murai e viene scandita dal ritmo martellante dei tamburi della colonna sonora e dai fendenti della katana. Da recuperare, sempre firmato Okamoto, anche i seguenti The Sword of Doom (1966) e Kill! (1968).

The Assassin di Hou Hsiao-hsien (2015)

Non ci sono esattamente samurai e a dire il vero non siamo neppure in Giappone, ma Ghost of Tsushima dei ragazzi di Sucker Punch promette anche approcci stealth e tutte le movenze silenti dei ninja, quindi è impossibile non ritagliare un minimo di spazio al capolavoro del maestro taiwanese Hou Hsiao-hsien.
Vincitore del premio per la miglior regia al Festival di Cannes, The Assassin vanta un lavoro sull'immagine e sul sound design indelebile: colore, bianco e nero, grana mutevole, rapporto di forma sempre diverso, e poi i suoni, naturali, in alternanza con questa musica gloriosa e poetica, fino a formare un tutt'uno.
Si mette in scena il fumo dei ricordi e la storia in confronto è così esile che la si dimentica dopo ogni visione.

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