L'arte del montaggio: storia, teoria e tecnica - Parte 3

Dopo aver percorso la storia e stimolato la curiosità con la teoria del montaggio, entriamo nel merito della tecnica analizzando i ferri del mestiere.

L'arte del montaggio: storia, teoria e tecnica - Parte 3
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Dopo avervi affascinato con la storia e stimolato la curiosità attraverso il racconto della teoria, siamo arrivati all'ultima parte di questa mini-rubrica L'arte del montaggio: storia, teoria e tecnica. Se risulta importante conoscere le lezioni dei maestri e capire bene quali sono le norme che reggono il "gioco", fondamentale è saper utilizzare gli strumenti, i ferri del mestiere, tramite i quali è possibile realizzare il nostro progetto.
Con il medesimo presupposto che ha retto la stesura degli articoli precedenti, il pezzo che state per leggere non vuole essere un report dettagliato sulle funzionalità e le possibilità che garantiscono i software di montaggio, ma una breve panoramica su ciò che offre l'attuale mercato.

Montaggio lineare e non-lineare

Fondamentalmente la storia tecnologica del montaggio audiovisivo si divide in due periodi, contraddistinti da forme diverse di concepire il lavoro.
Durante la prima fase, quella del montaggio analogico, che più o meno va dalle origini fino agli anni ‘80, le console di montaggio venivano costruite secondo un sistema detto lineare: il materiale che veniva artigianalmente manipolato durante il lavoro era quello originale, ovvero la pellicola impressionata durante le riprese.
Con l'avvento del montaggio digitale e lo sviluppo di software per l'editing, si è passati a un sistema non-lineare: il materiale originale, ovvero le clip, rimangono inalterate nel loro contenuto e quelle manipolate durante il montaggio sono solo copie; ciò rende il montaggio più libero, garantendo ampio spazio a eventuali ripensamenti.

Montaggio analogico

Prima di passare al succo dell'articolo, procediamo ancora con un po' di storia. Nel periodo del montaggio lineare erano due le grandi "filosofie" che distinguevano il cinema americano e quello europeo. Il primo, grazie all'invenzione di un ingegnere olandese Iwan Serrurier, prediligeva utilizzare la moviola verticale.
Inventata nel 1917, fu il primo tipo di moviola a entrare in commercio, originariamente pensata come proiettore destinato all'intrattenimento domestico. Assecondando l'intuizione di un montatore dei Douglas Fairbanks Studios, e considerato il netto insuccesso commerciale, il dispositivo venne modificato per il montaggio cinematografico. La moviola permise agli artisti di curare il materiale frame per frame, agevolando la precisione nei punti di taglio. La moviola verticale ha rappresentato lo standard per tutte le produzioni statunitensi fino agli ultimi decenni del XX secolo, quando a questa tecnologia è stata preferita la console prediletta dai registi europei: la moviola orizzontale.

Il primo brevetto fu depositato da un ingegnere italiano, Attilio Prevost, che riuscì a costruire un dispositivo che prevedeva due importanti differenze rispetto a quello hollywoodiano: un sistema di scorrimento a moto costante e un prisma a compensazione ottica per la proiezione della pellicola, invece che un gruppo a "Croce di Malta". In questo modo, scontando un abbassamento di nitidezza, si riduce il rumore grafico e l'usura del materiale, potendo finanche lavorare a velocità superiori fino a dieci volte quella nominale.

Oltre a questo, la moviola orizzontale (tra cui possiamo inserire la Intercine italiana, l'Atlas francese e la Steenbeck tedesca) conservava il vantaggio di poter lavorare sia con pellicole 16mm che 35mm e, grazie alla sua velocità, la possibilità di manipolare metraggi fino a venticinque minuti, rispetto ai 13 minuti (circa 300 metri di pellicola) che poteva accogliere la controparte americana.

Montaggio digitale

Oltre a nuove possibilità creative, il montaggio digitale ha portato con sé anche un nuovo vocabolario tecnico. Nella prima parte di questa rubrica il cinema è stato definito un'arte temporale, poiché esiste solo in funzione di un cambiamento (o movimento) nel tempo; a ragione di ciò l'area più importante di un software NLE (non-linear editing) è la timeline, ovvero la rappresentazione grafica della successione temporale di immagini, suoni, effetti speciali e grafici, che rimangono indipendenti gli uni dagli altri permettendo innumerevoli variazioni.

Oltre a ciò, le differenze più cruciali rispetto alle tecnologie analogiche riguardano l'ultima fase del lavoro: il rendering, ovvero l'elaborazione grafica, la cui efficacia dipende dalle performance dell'hardware, e l'esportazione , che consiste nella conversione del materiale ultimato tramite dei codec lossless (H.264 o H.265, MOV, AVI, MPEG), algoritmi che permettono di ottenere file relativamente leggeri pur conservando un elevato numero di informazioni.

Il mercato informatico contemporaneo offre diversi prodotti che possono soddisfare un ampio panorama di richieste. Per chi si affaccia per la prima volta alla materia, non ha grandi pretese e si dedica al video come hobby, per chi non ha un soldo bucato da poter investire per una licenza (e non vuole fare il cattivo pirata), il sottobosco dei software open-source e "freemium" offre programmi assolutamente all'altezza, strumenti ideali per risvegliare il Walter Murch che è in voi. Ne abbiamo selezionati tre che non hanno quasi nulla da invidiare ai loro costosi fratelloni.

Shotcut

Software open-source multipiattaforma (Linux, MacOs, Windows), offre agli utenti Windows una versione portable, utile quando non si lavora con una postazione fissa. L'approccio iniziale risulta poco intuitivo ma l'interfaccia modulare permette una certa libertà del workflow. Forte di una buona libreria di effetti audio e video, offre un buon rapporto di potenza e facilità d'uso, raro per un software gratuito. Pecca nella quasi assente assistenza tecnica, alla quale va ad aggiungersi un'insufficiente documentazione web e una troppo esigua community.

Lightworks

Molto apprezzato negli States, è stato pubblicato negli anni '90 ed è stato utilizzato in produzioni dal budget importante, come Pulp Fiction, The Departed, Batman di Tim Burton e Avatar. Seguendo l'esempio di altre software house, è possibile scaricare Lightworks nella sua versione free dopo aver completato la registrazione al sito www.lwks.com. Fondamentalmente, la più grave differenza con la sua versione PRO (dal costo di circa 50€ l'anno) sta nell'impossibilità di poter esportare il girato in molti codec professionali (la versione gratuita permette di esportare in H.264 e MPG-4). L'interfaccia è solida e intuitiva ma, rispetto a soluzioni come Premier Pro o Final Cut, Lightworks non è adatto per editing veloci, la sua struttura non è pensata per il frenetico "drag and drop".
Dialoga perfettamente con programmi di compositing come After Effects e supporta la vasta gamma dei plugin Red Giant. Pur avendo ormai vent'anni, questo software conserva feature che ancora oggi alcuni software non hanno implementato: tra le tante, la riproduzione multi canale sincronizzata e un'interfaccia di programmazione object-oriented.

Black Magic DaVinci Resolve

Conosciuto soprattutto per essere il miglior software per la color correction e il color grading, nelle ultime versioni è stato dotato di una buonissima sezione per il video e l'audio editing, diventando così il software gratuito (e non) più completo del mercato. Ha un'architettura molto esclusiva e poco intuitiva, non adatto ai montaggi dell'ultimo secondo, e per poterlo sfruttare al meglio è necessario essere in possesso di una macchina dotata di una grande potenza di RAM (almeno 16 GB).

I programmi gratuiti sono un ottimo compromesso per chi è agli inizi o ha deciso che non vuole fare sul serio. Per tutti gli altri, quelli che vogliono fare del montaggio la propria professione ed entrare a far parte dell'industria cinematografica, che hanno le giuste risorse per affrontare il peso economico delle loro licenze, vi presentiamo (anche se di presentazioni non ne avrebbero bisogno) i più celebri e diffusi software di montaggio a pagamento.

Adobe Premiere Pro

È il software più diffuso negli ambienti professionali, soprattutto negli studi creativi che si dedicano al videomaking. Multipiattaforma (MacOs, Windows) ha un'interfaccia dinamica e intuitiva, apprezzato per la velocità del suo workflow, è adattissimo per montaggi che richiedono tempi stretti, come videoclip, spot e social video.
Garantisce un'elevata precisione di taglio e offre una discreta libreria d'effetti, potendo comunicare facilmente con tutti i software presenti nell'ambiente Adobe (After Effects e Audition).

L'importazione del materiale prevede la creazione di un link diretto con la cartella sorgente, aspetto che limita e appesantisce il lavoro, portando il software a soffrire di instabilità, a cui si aggiunge una difficoltosa gestione delle risorse (soprattutto quando si lavora con girati molto pesati, come clip in 4k), e la riproposizione di crash imprevedibili. Nonostante questi problemi facilmente risolvibili, Premiere Pro è un'assoluta certezza nell'industria cinematografica.

Final Cut

È la controparte per Mac di Premiere Pro. Molto simile a quest'ultimo ma con la possibilità di lavorare con un codec proprietario, ProRes, dall'importante valore compressivo, in grado di conservare un'elevata qualità.
Il ricco comparto effettistico amplia le possibilità del programma, ma si riscontra, rispetto al software Adobe, una ridotta precisione del taglio e una più difficoltosa gestione della timeline. Anche Final Cut è ampliamente utilizzato in produzioni video ad alto budget e dall'industria cinematografica.


Sony Vegas Pro

Esclusiva Windows, è un software che non richiede elevate risorse hardware, riuscendo a fare il suo lavoro egregiamente anche grazie all'interfaccia super intuitiva. Gli effetti integrati sono di alta qualità ma supporta anche plug-in esterni, come quelli della Red Giant, oltre a poter confidare su una solida community che ha creato numerosi plug-in gratuiti e a pagamento.

Oltre a questo, la documentazione web è molto ricca e i tutorial che si possono facilmente trovare, sono sufficienti per imparare a controllare al meglio il software. A causa del suo elevato prezzo, forse non rappresenta un valido rapporto qualità/prezzo, soprattutto se lo si confronta con il suo diretto competitor Premiere Pro.

Avid Media Composer

Fin dalla sua pubblicazione, avvenuta ormai trent'anni fa, Media Composer ha rappresentato l'istituzione nell'ambito del montaggio non-lineare e ancora oggi è utilizzato nelle più importanti produzioni cinematografiche. È un software meno intuitivo ma più sicuro, infatti il programma ha un workflow del tutto esclusivo, molto diverso da Premiere Pro e Final Cut, che lo fa essere poco adatto per montaggi flash.

Oltre a questo, la differenza più decisiva la si riscontra nel sistema di import dei file, infatti Media Composer a ogni importazione innesca una procedura di transcodifica che salva le clip in file .MXF, raccogliendoli in cartelle dedicate (bin) in modo tale da non gravare eccessivamente sulle risorse hardware (a differenza di Premiere Pro e Final Cut che linkano i file nativi) e mettendo in sicurezza l'ambiente dal rischio di crash imprevisti.