L'arte del montaggio: storia, teoria e tecnica - Parte 2

Campo-controcampo, attacco sull'asse, sul movimento, montaggio alternato o parallelo, scopriamo le armi "concettuali" nella fondina del montatore.

L'arte del montaggio: storia, teoria e tecnica - Parte 2
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Dopo due mesi (ma anche quattro o sei) di riprese, durante i quali l'azione scenica è stata segmentata nelle singole inquadrature, il materiale arriva nelle mani del montatore: il suo compito è quello di riconnettere l'azione e creare un nuovo flusso significativo, per cui la nuova FORMA seguendo un RITMO si carica di SENSO, creando un TEMPO e uno SPAZIO esclusivi.
L'arte del montaggio è una mini-rubrica in tre articoli, che, non riservandosi il compito di esaudire l'intero argomento, intende esplorarlo lasciando brevi suggestioni basilari, al fine di stimolare la curiosità verso la storia, la teoria e la tecnica di questa popolare forma d'espressione e per garantirci, da spettatori, una migliore e consapevole fruizione dell'oggetto film.
In questo secondo articolo, facendoci aiutare dal Manuale del montaggio di Diego Cassani (acquisto consigliatissimo se si vuole approfondire l'argomento) analizzeremo gli strumenti "concettuali" che un montatore usa per rispettare la continuity e restituire l'illusione di realtà.

Teoria generale

Nell'articolo precedente abbiamo ripercorso la genesi del montaggio cinematografico, distinguendo in montaggio narrativo (o découpage classico) quello atto a creare l'illusione di una realtà immaginaria, nella quale lo spettatore riesce a immedesimarsi: questa funzione, chiamata anche montaggio invisibile, necessita di certe "condizioni di continuità", ovvero dovranno essere rispettati: direzione degli sguardi e dei movimenti e simmetria dei punti di ripresa.
Diversamente il montaggio connotativo (o intellettuale), sorvolando su qualsiasi norma di continuità, mira a costruire un rapporto metaforico tra le inquadrature in un flusso anti-narrativo. Il montaggio discontinuo, nato in seno alla scuola russa di inizio secolo e riutilizzato soprattutto negli anni Sessanta dalla Nouvelle Vague, ricorre a scavalcamenti di campo, inquadrature non diegetiche, jump cuts, mirando a una successione "disordinata" degli eventi, non nascondendosi dietro la finzione filmica, in cerca di nuove e più creative connessioni semantiche e proponendo un'esperienza spettatoriale estremamente più attiva.

A prescindere da quale funzione il montatore adotterà, ogni tipo di montaggio deve fare i conti con l'architettura di base che regge l'intero film che, sinteticamente, divideremo in due concetti: Microstruttura e Macrostruttura. Con il termine microstruttura s'intende l'organizzazione drammaturgica degli elementi più elementari del linguaggio cinematografico: inquadrature e scene.

Le inquadrature corrispondenti

All'interno dell'economia visiva di una scena, lo strumento principe per un'efficace continuity sono le inquadrature corrispondenti: poniamo il caso che dobbiate girare un dialogo tra due personaggi, due amici a cena: una volta determinate le inquadrature dedicate al protagonista e ripresa l'intera scena, basterà replicarle, con la camera a favore dell'interlocutore, prestando attenzione che l'angolo creato dall'asse di ripresa con la linea dello sguardo dell'attore sia della stessa ampiezza e simmetrico a quello della ripresa precedente. Comunemente, tale tecnica viene chiamata del campo-controcampo, ed è tra le più usate nel cinema e in televisione.
Questo strumento esige che debba essere rispettata una semplice regola fondamentale.
Ritorniamo ai nostri amici a cena: durante il dialogo, il protagonista interrompe il pasto e alza lo sguardo verso l'amico che, in risposta, fa lo stesso.

Ora immaginiamo che l'ambiente filmico venga attraversato da una linea descritta dal contatto visivo dei due personaggi creando due spazi, detti campi: ancora prima dell'inquadratura iniziale, il nostro regista dovrà scegliere molto attentamente in quale campo mettere il punto macchina, perché non potrà più tradirlo per l'intero dialogo.
Nell'intento di aiutare lo spettatore nella costruzione mentale di uno spazio tridimensionale credibile, durante un campo-controcampo è buona norma evitare il cosiddetto scavalcamento di campo.

Esistono due sistemi sviluppati dai registi più abili per passare da un campo all'altro senza confondere la "mappa" dell'ambiente:
- scavalcamento per movimento del/dei soggetti o della macchina da presa, come per esempio un semplice carrello che passa dietro le spalle di un attore.
- scavalcamento per spostamento di sguardo, quando la macchina da presa indugia su un personaggio, grazie alla forza espansiva dell'inquadratura, lo spettatore riesce a intendere la posizione dell'altro soggetto fuori campo.

Come in ogni forma d'espressione, le regole vanno interpretate e, per contrastare un'inevitabile monotonia estetica, i bravi registi riescono a infrangerle riuscendo a caricarle di forza espressiva. Un esempio su tutti ce lo concede Stanley Kubrick, quando nella scena del "bagno rosso" in Shining (1980), durante il dialogo tra Jack Torrance e il maggiordomo Mr. Grady, monta il piano a due in figura intera con il mezzo busto dal versante opposto, andando a scavalcare nettamente il campo: un regista come Kubrick difficilmente avrebbe commesso un errore da manuale, infatti con questo semplice espediente, prova a suggerire allo spettatore come i due personaggi, da quel momento al finale, confonderanno le loro personalità.

Attacco sull'asse, attacco sul movimento e attacco di direzione

Oltre al campo-controcampo, l'economia visiva di una scena può essere organizzata mediante tre tipi di attacchi (o raccordi): l'attacco sull'asse, l'attacco sul movimento e quello di direzione.
L'attacco sull'asse è considerato uno dei primi strumenti di montaggio della storia del cinema: infatti, il semplice artificio cinematografico prevede l'unione di due inquadrature che siano l'una l'ingrandimento o la riduzione dell'altra, stando attenti a replicare, nel modo più fedele, le stesse linee prospettiche.
Se questo tipo d'attacco è stato diffusamente utilizzato nel cinema classico, il secondo ha rappresentato (insieme ad altri elementi, come il sonoro e la profondità di campo), il passaggio al cinema moderno.

L'attacco sul movimento si ottiene quando il passaggio da un'inquadratura alla successiva è disegnato dal completamento di un'azione. In questo modo il taglio s'alleggerisce e il montaggio si fa invisibile, aumentando la fluidità, il dinamismo e la continuità.
Oltre a questo, l'attacco sul movimento ha la funzione di aumentare la tridimensionalità, infatti lo si usa spesso correlato all'attacco sull'asse, ovviando in questo modo alla bidimensionalità che quest'ultimo, nella sua versione fissa, rischierebbe di accentuare.

Se vorrete ottenere un buon taglio sul movimento e semplificare il lavoro al vostro montatore, bisognerà rispettare semplici accortezze:
- l'abbiamo analizzata qualche riga più su, rispettare la regola delle inquadrature corrispondenti.
- le velocità dei movimenti che legano le inquadrature, dovranno essere il più possibile uniformi.
- Il movimento-ponte deve essere importante all'interno dell'azione scenica e deve ricadere nella stessa zona, porzione di spazio, in entrambe le composizioni delle inquadrature, per evitare che l'occhio dello spettatore, al momento del taglio, perda di vista il soggetto.

L'attacco di direzione è quello che si realizza raccordando due inquadrature che condividono uno stesso asse di ripresa parallelo a quello descritto dal movimento del soggetto; in questo modo si riesce facilmente a sintetizzare in pochi shot il percorso di un personaggio.

Ellisse

Terzo tipo di raccordo importante da segnalare rappresenta lo strumento, non esclusivamente ma più di altri, che incide sul "tempo cinematografico". L'ellisse temporale è un attacco che mette in comunicazione concettuale elementi eterogenei e lontani, sia coinvolgendo l'organizzazione della microstruttura, sia arrivando a riscrivere la narrazione del film condizionando profondamente la macrostruttura.

Queste due funzioni si rivelano in due tipologie diverse di ellisse:
- la microellisse punta a eliminare piccole porzioni di movimento che potrebbero inficiare il ritmo della scena: esempio radicale lo troviamo in Fino all'ultimo respiro (1960) di J.L. Godard, oppure nei film degli anni novanta che rientrano nel Dogma 95 come Festen - Festa in famiglia (1998) di T. Vinterberg o Idioti (1999) di L. Von Trier, che ne fecero chiave stilistico-espressiva del movimento.
- la macroellisse, è utilizzata per ridurre in una sola scena (o addirittura in un unico taglio) un lungo periodo di tempo; per favorire l'illusione della continuità, è buona pratica che l'intera scena venga sorretta da una colonna sonora omogenea (spesso viene usato una canzone o un brano unico) e che sia costruita intorno a un nucleo tematico: l'evoluzione di un personaggio o del rapporto tra più personaggi, lo sviluppo di un'azione precisa, si può prendere ad esempio la sequenza di Kill Bill: Volume 2 (2004) in cui Beatrix si sottopone al duro allenamento del maestro Pai Mei, oppure il celeberrimo taglio in 2001: Odissea nello spazio (1968) dove il dettaglio di un osso in volo si raccorda sul movimento con una navicella spaziale in orbita, collegando la sequenza iniziale (prologo) ambientata in età preistorica con il primo atto della vicenda, un salto di milioni di anni nel futuro. Con il termine macrostruttura si intende l'organizzazione drammaturgica degli elementi più complessi del linguaggio cinematografico: sequenze e atti.


Alternato e parallelo

Così come accade per la macroellisse, con questi due nuovi strumenti ci allontaniamo dalla microstruttura, avvicinandoci a una sfera drammaturgica diversa: il montaggio alternato e parallelo, sono utilizzati nella successione narrativa di sequenze e atti.
Questi strumenti permettono al montatore di avere un'incidenza talmente profonda sul prodotto finale che, in certi casi, arriva a "svalicare" nel campo dello sceneggiatore, permettendosi l'onere di far procedere la narrazione secondo un binario diverso: non pochi registi, tra cui il romano Matteo Garrone, spesso hanno ribadito che in fin dei conti la sceneggiatura si chiude al montaggio.

Spesso questi due "modi" possono essere confusi tra di loro:
- con montaggio alternato s'intende la giustapposizione di scene legate tra di loro da una stretta relazione di contemporaneità: un esempio su tutti, l'agguato fallito da parte dei Nazgul alla locanda del Puledro Impennato ne Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell'Anello (2001) di P. Jackson.
- con montaggio parallelo, diversamente, si prevede una giustapposizione di scene non necessariamente legate da relazioni di contemporaneità: come accade nella

sequenza di Snatch - Lo strappo (2000) con la quale Guy Ritchie presenta i suoi personaggi.
Come si è accennato nel precedente articolo, gli storici sono propensi ad attribuire il merito di aver concepito e perfezionato questi "modi" a W.D. Griffith che, già dal suo esordio Le avventure di Dollie (1908), li ha utilizzati quali strumenti di suspense per articolare la narrazione.
Il montaggio alternato e parallelo sono "armi" molto potenti a disposizione del montatore:
- perché garantiscono la sintesi, ogni taglio può portare a ellissi di vario genere, svincolandosi dalla durata reale delle scene senza perdere di verosimiglianza;
- l'accostamento tra diverse scene non si risolve in una semplice somma ma realizza un impatto emotivo superiore a quello che risulterebbe dalla visione delle singole scene;
- aumentano il valore di suspense, creando nello spettatore l'attesa di un "punto di incontro".

La libertà che concede il montaggio parallelo ha permesso di sviluppare una sua funzione che carica il raccordo di un valore "ideologico". Il montaggio connotativo (o intellettuale, o concettuale) garantisce alla pellicola un maggior potere d'astrazione.
Questo strumento fa cadere in contraddizione la definizione che abbiamo dato di montaggio parallelo, poiché tende a tradire la continuità a favore di una progressione discontinua del flusso drammaturgico, ma dona maggiore versatilità e dinamismo al montaggio, permettendoci ampie libertà sul tempo filmico: questo accade soprattutto nel cinema contemporaneo, che ha lavorato per integrarlo sempre più all'interno di uno schema narrativo, come, per esempio, accade in Memento (2000) di Christopher Nolan, in cui alle scene del presente (filmico) vengono alternati flashback e flashforward, o come, più incisivamente, ci dimostra il montaggio dei film di Terrence Malick come The Tree of Life (2011) o To the Wonder (2012).


L'ambiente sonoro

Uno degli strumenti essenziali che tengono "in vita" l'illusione della continuità è l'ambiente sonoro, basandosi sull'elevata capacità analitica dell'orecchio rispetto all'occhio: mentre quest'ultimo riesce a concentrare l'attenzione su un singolo elemento per volta, l'orecchio è stimolato da un costante flusso percettivo.
Così come accade nei videoclip musicali, anche un'evidente discontinuità visiva può essere mascherata dalla sensazione di continuità sonora. Voci, rumori e musica sono gli strumenti che il montatore può utilizzare per favorire il découpage:

- la voce è l'elemento più efficace per l'illusione di realtà e può essere "in", ovvero compresa nell'inquadratura e quindi ben visibile, oppure "off", caratterizzandosi in funzioni narrative, evocative ed emozionali. Consiglio pratico per aumentare la fluidità, soprattutto quando dobbiamo montare un campo-controcampo, è evitare di tagliare in corrispondenza della fine di una battuta, ma ritardarla di qualche fotogramma per farla scivolare all'interno dell'inquadratura successiva;

- ogni inquadratura immersa in un ambiente acustico logico e concreto, favorisce lo spettatore nella costruzione spazio temporale della scena: i rumori sono fondamentali nella sensazione di verosimiglianza, donando tridimensionalità e corpo alle immagini (per approfondire l'argomento si consiglia la lettura di L'audiovisione, suono e immagine nel cinema di Michel Chion);

- la musica è senza dubbio il più vecchio strumento acustico del cinema, già utilizzato come tappeto musicale durante le prime proiezioni nell'epoca del muto: nella sua dimensione "di sfondo" (extra-diegetica) è un grande "collante narrativo" soprattutto, ne abbiamo parlato in precedenza, nelle scene di sintesi che si costruiscono mediante ellissi temporali, oppure durante scene dialogate, può essere sfruttata come "accompagnamento" per sottolineare il tono emotivo della scena; nella sua dimensione "in scena" (diegetica) aumenta il realismo dello spazio filmico, non rinunciando a una funzione di tappeto musicale quando viene originata da fonti acustiche (strumenti, orchestre, radio, televisioni), o alla sua funzione di rumore (soprattutto quando si lavora con musica concreta) quando interagisce con altre sorgenti sonore o la stessa azione scenica.